Un soggiorno di vacanza a Matelica,9.400 abitanti, nelle Marche, mi ha ricordato Enrico Mattei. Perchè?
Qui e’ nato Mattei, c’è la sua tomba, c’è una fondazione in suo nome, la piazza principale di Matelica è piazza Enrico Mattei.
Sui cartelli stradali si legge: Matelica-La città di Enrico Mattei.
Mattei morì violentemente la sera del 27 ottobre 1962, quando il Morane-Saulnier MS. 760 Paris I-SNAP, con cui stava tornando a Milano da Catania, precipitò nelle campagne di Bascapè mentre era in fase di avvicinamento all’aeroporto di di Milano
In questi ultimi tempi la figura di Enrico Mattei , sia con Draghi prima,sia con la Meloni di recente, è diventato simbolo di imprenditorialità sussidiaria internazionale dell’Italia;ha portato l’interesse per questo imprenditore-manager, pubblico e privato per interesse generale, ancor più in alto. Il “piano Mattei” era la sintesi annuncio.
La presidente Meloni ne ha fatto in parte proposta di politica internazionale, in parte una considerazione politica forse non proprio pertinente: “Credo che l’Italia debba farsi promotrice di un ‘piano Mattei per l’Africa, un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione Europea e nazioni africane, anche per contrastare il preoccupante dilagare del radicalismo islamista, soprattutto nell’area sub-sahariana. Ci piacerebbe così recuperare, dopo anni in cui si è preferito indietreggiare, il nostro ruolo strategico nel Mediterraneo” .
Ha ripreso fondi stanziati dal governo Draghi e già in gestione operativa da parte di Eni ed altre imprese italiane. Ma il presente nasce dal passato didascalico.
Mattei ha svolto un grande ruolo di promozione dell’Italia, dei paesi in via di sviluppo(potremmo dire che era una persona ONG)ed aveva anticipatamente concretizzato una sussidiarietà internazionale,istituzionale ed economica per promuovere l’Italia contro lo strapotere post bellico dei vincitori (si veda anche il potere delle sette sorelle).No agli aiuti fine a se stessi ,Si alla sussidiarietà internazionale!
A favore delle popolazioni africane di cui immaginate la situazione a quel tempo. Fu un imprenditore sociale ante litteram facendo il pari con Adriano Olivetti.
Mattei era un “agente di sviluppo” per l’Italia e ripeteva sempre che non esiste indipendenza politica senza indipendenza economica.
Enrico Mattei fu partigiano cattolico con ruoli di primo piano nel movimento di resistenza durante il secondo conflitto mondiale. Dopo la liberazione fu eletto deputato nella DC e fu nominato dal governo commissario liquidatore dell’Agip, ente statale per l’estrazione, la lavorazione e la distribuzione dei petroli che non liquidò, ma rilanciò in poco tempo con una attività economica con enorme successo.
Nel 1953 Enrico Mattei fu nominato Presidente dell’Ente Nazionale Idrocarburi (Eni), la società energetica statale che lui fortemente volle e contribuì a fondare.
Era un ministro degli esteri funzionale ed un ambasciatore senza feluca con una visione anticolonialista. Un terzomondista in giacca e cravatta.
Mattei si inserì nel disinteresse da parte della grandi multinazionali, che non credevano nello sviluppo economico del continente africano e creò un sistema africano di raffinazione basato su compagnie miste tra Eni e governi locali. Portò l’Italia in molti Paesi del Terzo Mondo(allora si machiavano così), in cui, nonostante siano trascorsi 60 anni dall’assassinio di Enrico Mattei, la sua figura continua ad essere circondata da un’aura di “leggenda”. Mattei significava “italiano”, ed italiano significava “Mattei”, e dunque “amico”.
Si racconta che Maometto V contravvenendo ad ogni protocollo che impediva al re del Marocco di parlare con uno “straniero” in una lingua che non fosse l’arabo, era solito invece prendere a braccetto Mattei e parlare con lui in francese. Per loro, per i marocchini ancora resi diffidenti dal lungo ed “umiliante” protettorato francese, Mattei “era quello che faceva trattare gli operai indigeni come quelli venuti dall’Europa. Questa era l’‘amicizia’ che essi rispettavano…”
L’imprenditore sociale Enrico Mattei collaborava con i paesi africani e non li sfruttava.
La “formula Mattei” poteva essere riassunta in “collaborazione invece di sfruttamento”, una politica lontana da ogni tentazione neocolonialista, che operava fattivamente anche nell’interesse dei Popoli del territorio africano.
Collaborazione, collaborazione: un mantra per Mattei.
Mattei era uno stratega e faceva politica pensando in grande a favore dell’Italia per il tramite di un nuovo ruolo per l’Italia nel sistema del Mediterraneo e giocò tutte le carte per sviluppare l’interesse nazionale.
Portò l’Eni e la diplomazia italiana a giocare da protagonisti nell’agone di riferimento.
Un suo imperativo categorico era il bene comune dello Stato italiano nella sua interezza, precisamente l’interesse nazionale.
Era molto pragmatico ed anche disinvolto per cui la lotta per le risorse era il primo obiettivo da raggiungere .
Il suo chiodo fisso era l’energia come motore per lo sviluppo dei popoli .Riuscì a fare accordi di fornitura energetica a basso costo con l’Iran, il Marocco e l’Egitto e giocando da protagonista nel quadro del sostegno all’indipendenza algerina tra gli Anni Cinquanta e Sessanta.
Mattei alimentò la proiezione nazionale e diede allo sviluppo industriale del Paese uno dei suoi motori.
L’Italia doveva diventare una potenza industriale e riuscì a garantire energia a basso costo agli imprenditori e sicurezza nei rifornimenti ai cittadini per accelerare la svolta dell’ampliamento dei consumi nel Paese.
Era l’uomo della sussidiarietà agìta ed i suoi interventi avevano sempre uno scopo sociale, anche in Italia.
Si pensi alla crisi del 1953 della Pignone del gruppo Snia Viscosa: sospendere trecento lavoratori e licenziarne 120. La vicenda della Pignone diventò un caso nazionale. Giorgio La Pira, il sindaco santo di Firenze, dopo vari interventi non andati a buon fine , si rivolse al presidente dell’Eni. Il sindaco di Firenze chiese a Mattei di «prendersi la Pignone». Il rifiuto di Mattei fu categorico. Cosa c’entrava la Pignone con il petrolio? Perché rilevare una fabbrica in condizioni disperate? Fu a quel punto che La Pira disse di aver sognato la Madonna per far ritornare sui suoi passi Mattei. L’appello di La Pira toccò il cuore di Mattei e in nome dello Spirito Santo convinse il metaniere marchigiano a far rilevare la fabbrica dall’Agip, dall’Agip Mineraria e dalla Snam, tre società controllate dall’Eni. il 9 Gennaio 1954 nacque la “Nuova Pignone” aprendo un’ulteriore pagina di storia industriale. Dopo il salvataggio dell’Eni di Mattei l’azienda triplicò l’occupazione e moltiplicò il fatturato fino ad arrivare a vendere i suoi prodotti in tutto il mondo. Il legame tra La Pira e Mattei si consolidò sempre di più.
In questo caso si direbbe proprio “sacro e profano”.
Mattei era il ”petroliere” senza petrolio” che muore proprio mentre sembra sul punto di siglare una pace con Washington grazie all’amministrazione Kennedy.
Era il braccio operativo e sussidiario dell’Italia, che garantiva la sicurezza energetica, che negli anni del boom economico si è scoperta essere fondamentale.
Paolo Mieli afferma che Enrico Mattei era «Un uomo che si è fatto da solo, dalle grandi intuizioni. Era la politica che chiedeva il suo aiuto, non viceversa L’energia è tutto per creare la ricchezza di un paese e ha bisogno di un continuo ammodernamento, cercando sempre nuove risorse. Questo Mattei l’aveva capito già all’epoca e oggi questa lezione è più importante che mai».
Quando Mattei fondò l’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) aveva in mente le caratteristiche dell’odierna impresa sociale.
Infatti lo scopo ed il “purpose” era la dominante dell’impresa che doveva dare energia al sistema economico italiano ed inoltre doveva aggiungere qualche cosa in più sempre e comunque rispetto alla situazione precedente ,vuoi come impresa migliore, vuoi come valore aggiunto per i territori, le comunità e le nazioni con cui stabiliva collaborazioni.
Aveva sposato la tesi che dove non arriva il pubblico arriva il privato e viceversa nella unitarietà del raggiungimento dello scopo dichiarato ed evidenziato.
Mattei voleva aziende che avessero un ritmo costante per dare continuità all’attività e qundi il profitto indispensabile non doveva essere ad libitum ,ma adeguato al breve, medio e lungo periodo.
Anche lui come Olivetti, Don Milani per un welfare condiviso.
Per concludere e passando ad un tema più mondano quale il cursus honorum del profilo altruistico di Enrico Mattei esso non presenta grandi avvenimenti di beneficenza e filantropia .Però ha lasciato un patrimonio artistico che si concretizzò in beneficenza nel 2000, con l’asta della sua collezione d’arte contemporanea lasciata in eredità.
La casa d’aste Christie’s, a cui gli eredi di Mattei si sono rivolti per la vendita all’incanto, ha gestito l’evento in cui sono state battute quaranta opere tra cui spiccano nomi importanti per la storia dell’arte italiana del XX secolo come Carlo Carra’, Mario Sironi, Arturo Tosi, Felice Casorati, Ottone Rosai e Fiorenzo Tomea. Anche i gioielli della famiglia Mattei sono stati offerti in un’altra asta con 50 lotti della collezione.
Il ricavato delle due aste di Milano e Roma è andato in beneficenza per rispettare la volontà della vedova di Mattei, Margherita Paulas, morta senza lasciare eredi (la coppia non aveva figli).Tra gli enti destinatari del ricavato delle aste figurava anche l’Istituto Pasteur di Parigi, uno dei piu’ prestigiosi enti al mondo nel campo delle ricerche sui batteri e sui virus. Gli esperti di Christie’s hanno valutato la collezione di quadri messa insieme da Enrico Mattei oltre 2 miliardi di lire, ma il nome del defunto presidente dell’Eni potrebbe far lievitare le stime ufficiali.
Anche questo è un aspetto dell’imprenditorialità sociale di Enrico Mattei.
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