con l’accento sulla “i”
Il nostro paese sempre più spesso perde la testa per qualcuno. Si entusiasma oltremodo, anche se spesso brevemente.
Lasciamo perdere gli ormai antichi plebisciti per Renzi e Beppe Grillo
E’ più recente invece l’impazzimento prima per Draghi e poi per Meloni.
Con modalità differenti: con Draghi fu una sorpresa, una decisione inaspettata del capo dello stato.
Fu una partecipazione più cerebrale che emotiva. Ci inorgoglimmo constatando lo stupore e i complimenti che ci provenivano da tutto il mondo per la scelta fatta.
Ci piacque la sua determinazione a rimanere un tecnico serio ed equidistante, pronto a prendere decisioni impopolari, senza mai incanaglirsi con quei politici che erano costretti ad appoggiarlo.
Con Giorgia fu diverso: a differenza di Schlein, lei “la vedemmo arrivare”. Ogni settimana guadagnava un punto.
Tutti -da destra e da sinistra- giocavano contro di lei con ciò stesso rafforzandola.
Ma oggi l’innamoramento totale è per Jannik con l’accento sulla “i”.
Naturalmente sono molti gli eroi sportivi adorati in ogni tempo. Ma di solito giocano sport di squadra e dividono la gloria con il gruppo.
Il tennis è disciplina individuale per eccellenza e poi -diciamoci la verità- Sinner ha fatto tutto da solo per vincere la coppa Davis.
Lo seguivamo da tempo, mai presagendo però l’impennata degli ultimi tre mesi.
Una progressione mozzafiato che rischia di trasformarlo da beniamino italiano a idolo mondiale.
Il fatto straordinario è che l’amore generale nei suoi confronti è dovuto non solo a quello che fa sul campo ma anche a quello che dice nelle interviste.
Sembra uomo di poche parole ma poi comincia a inanellare gocce di saggezza e ti porta lontano: “sapete perché è bello vincere? Perché nella cerimonia di premiazione puoi ringraziare chi ti vuole bene”.
Tutti al mattino, appena svegli, pensano alle seccature del giorno. Lui è sempre felice perché sa che ad un certo momento della giornata giocherà a tennis.
Pochi ed essenziali i capisaldi del suo pensiero: quando fai una cosa devi dedicarti solo a quella, qualsiasi altro accadimento e’ una colpevole distrazione.
Questa mono attività, questo lavoro senza soste, non deve essere una ossessione ma deve divertirti e farti crescere non solo in classifica (da numero 4 del mondo non ha molto da crescere) ma come uomo.
Qualsiasi successo non deve sviarti dalla tua semplicità che è anche garanzia di libertà.
La vittoria è sempre un risultato del lavoro di squadra.
Ma bisogna sentirlo spiegare dalla sua viva voce per capire la fascinazione nazionale.
Non gli mancano le parole ma è strana la costruzione della frase.
La lingua italiana viene per quarta, dopo quella familiare (il tedesco), quella lavorativa (l’inglese), quella residenziale (il francese di Montecarlo che egli, come i veri monegaschi, chiama Monaco).
Ma la sua italianità si sta rafforzando, forse perché ha il senso dello humour, dell’autoironia, del non prendersi troppo sul serio.
Sa che bastono tre sconfitte di seguito per far vacillare il mito.
Non è del tutto chiaro il suo concetto di semplicità. Non è proprio normale a 18 anni mollare tutto e decidere di andare a vivere a Montecarlo (le tasse erano secondarie in attesa di vittorie allora del tutto aleatorie).
Non è così ordinario abbandonare i silenzi di San Candido per la chiassosa capitale della mondanità internazionale che di solito non viene considerata sexy per il piacere di fare la spesa al supermercato.
E’ così abituale a Monaco un ventiduenne che afferma: “i social non mi piacciono e non li seguo perché non dicono la verità” ?
Capita spesso snobbare un invito al festival di Sanremo?
Se questi appunti vi sembrano troppo zuccherosi ed edificanti vi invito ad una curiosità: avete fatto caso che alla udienza al Quirinale il presidente del Coni Malago’ ha ringraziato uno per uno tutti i protagonisti della Davis ma non ha mai citato il presidente della federazione nazionale del tennis che qualche merito avrà certamente.
E che prendendo la parola, il presidente Binaghi a sua volta ha ringraziato un dirigente del Coni per avere presenziato a Malaga alla finale (per far notare che Malago’ non c’era). E’ noto che non siano estimatori uno dell’altro.
Ho saputo che alla fine della cerimonia Pierre de Coubertin si è lamentato con Mattarella.
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