Dov’è lo Stato ? E dove sono le istituzioni? Nel dibattito che giustamente si è sviluppato circa la violenza sulle donne, è ora di mettere anche lo Stato sul banco degli imputati . Non è questione di società patriarcale, a proposito della quale stiamo assistendo ad una indegna sceneggiata politica: chi usa il termine “patriarcale” è di sinistra, chi dice: non è vero è di destra . Povera politica, povero paese se i partiti strumentalizzano pure questo !
Si assiste al solito dibattito misero misero: Montecchi contro Capuleti, Ghelfi contro Ghibellini, Roma contro Lazio. Ma nessuno si domanda: lo Stato dove è?
La povera Giulia poteva essere salvata quella tragica sera se le forze dell’ordine fossero intervenute dopo la segnalazione del vicino che ha visto e sentito? Hanno risposto che erano occupate in altri interventi. Lungi da me metterle sotto accusa, sappiamo in che condizioni operano. Ma se cominciassimo a pensare che polizia e carabinieri dovrebbero essere di più? Non vorrei dovermi confrontare con chi, in questo caso, griderebbe allo “Stato di polizia”. Più controllo ci vuole (e non solo per i femminicidi), non da oggi si chiede. E non è nemmeno questione di destra o di sinistra: è sicurezza. La stessa che potrebbe evitare, per esempio, tanti incidenti sul lavoro.
Si dice alle donne: denunciate, non state zitte. Quante volte abbiamo letto e sentito di donne che hanno denunciato e non si è dato corso alla denuncia, se non con un ammonimento al maschio violento. O con il braccialetto elettronico , che in uno degli ultimi casi di femminicidio non ha funzionato e l’orco tranquillamente ha ucciso la sua compagna perché grazie al braccialetto era agli arresti domiciliari. Chi ha deciso che poteva stare a casa? I giudici, certo. Ma chi ha controllato il funzionamento del braccialetto elettronico? Quanto costa un controllo? Chi lo decide?
E che dire della magistratura e del sistema carcerario che mandano a casa uomini condannati per femminicidi. A cosa è servito istituire il reato di femminicidio se nessuno sconta la pena per intero ? Si dirà: la detenzione serve a rieducare e non a punire. Giusto. A parte che un discorso del genere vale per una società ideale, nella quale siamo ben lungi – ma lungi lungi – dal vivere, che rieducazione è quella che ti consente di uccidere una persona (una donna in questo caso) e poi pagare poco, pochissimo? Che esempio è ? la prigione è un deterrente o no. E quante volte il maschio imprigionato per aver picchiato, violentato, perseguitato la propria compagna, torna a casa e ricomincia come prima? Ci sono stati casi in cui il comportamento maschile che configura il reato di stalking – la legge è del 2006 – viene rubricato come semplice “infastidimento”, oppure, peggio, si considera la donna come una pazza esaltata.
Nel 2019 è stata varata la legge contro il revenge porn. Dice con chiarezza l’Autorità giudiziaria si attiverà senza ritardo quando riceve una denuncia dalla parte lesa. Peccato che la vittima (quasi sempre donne) abbia solo 6 mesi per decidere se denunciare o no.
Si dirà: questo è appunto frutto della società patriarcale. Ma io dico che la società patriarcale non è quella in cui viviamo, almeno non del tutto . Negli ultimi 50 anni molte cose sono cambiate.
La società patriarcale è quella dove la donna è PER LEGGE INFERIORE all’uomo. Quella in cui se lui ti violenta ma poi ti sposa ha annullato il reato, quella in cui lo stupro è considerato reato contro la morale e non contro la persona (pena massima, dieci anni, più o meno come un furto aggravato ). E c’è voluto il massacro del Circeo (nel 1975) , 36 oredi disumana violenza che ha prodotto la prima e massiccia mobilitazione di donne dal dopoguerra. Ma la legge arriverà solo nel 1996.
La società patriarcale è quella in cui fino al 1975 la donna ha il DOVERE alla prestazione sessuale come remedium concupiscentiae del marito e in nome della continuità della stirpe. Fino al 1968 era punito , anche con la galera, solo l’adulterio femminile, quello maschile no . Celebre il caso della compagna del ciclista campione Fausto Coppi, sposata ad un altro uomo, che andò in prigione su denuncia del marito.
La società patriarcale è quella dove il codice penale mostrava una estrema “comprensione” per l’uomo che uccideva per lavare il proprio onore macchiato da un tradimento femminile. Concetto, quello del tradimento, che si estendeva anche alle sorelle. Ammazzare donna e amante poteva costare solo tre anni di carcere (e neanche allora se li facevano tutti). E’ stato abolito nel 1981. Nella società patriarcale la donna incinta poteva essere licenziata a causa della gravidanza. Non è più possibile, per legge, dal 1971. Fino al 1972 era vietato comprare anticoncezionali perché in vigore ancora le norme fasciste del 1927 che miravano “alla difesa della razza” .
La società patriarcale è quella che non ti fa abortire. Le donne morivano per legge se non avevano i soldi, tanti, per i “cucchiai d’oro” (medici che facendosi pagare profumatamente praticavano gli aborti clandestini). E’ quella che fino al 1975 mantiene l’ “autorità maritale” e la millenaria “patria potestà”; che vieta alla moglie di lavorare senza il consenso del marito . E ce ne sarebbe ancora da dire.
Se tutto questo non c’è più (almeno per legge) è merito proprio delle donne, delle loro lotte degli anni ’70, della loro volontà di sentirsi libere. Libere di lasciare un uomo, libere di mettere fine ad un matrimonio. Libere di pretendere. Forse è proprio questo che l’universo maschile – anche i giovanissimi – oggi non sopporta un “no”, non regge ad un fallimento. E uccide. Non lo so, lascio ad altri una analisi che non so fare, ma so che allora ci fu una lotta senza sconti per nessuno e si riuscì a coinvolgere (in parte) una politica che con tutti i suoi limiti e responsabilità seppe recepire alcune delle istanze femminili. Adesso c’è uno Stato democratico, occidentale, non talebano che non le aiuta né le difende.
Io dico alle ragazze e non di oggi di continuare a fare quello che hanno fatto le loro nonne: lottare, lottare, lottare. Non limitarsi a fare manifestazioni nella giornata internazionale delle donne. Fatele sempre! Non fate passare nemmeno uno spillo. Continuate a strillare perché l’attenzione dei media e della gente non si volti da un’altra parte.
Il processo per insegnare ai maschietti come si sta al mondo, probabilmente sarà lungo, come è stato quello delle loro nonne 50 anni fa. Tremate tremate le streghe sono tornate. E vivaddio!
SEGNALIAMO
Commenti
Una risposta a “FEMMINICIDI: LO STATO DOV’È?”
Pezzo impeccabile, che serve alla memoria sempre corta nel belpaese