La maggior parte di noi conosce il fico d’india ma soltanto pochi sanno quale pianta meravigliosa sia. Il fico d’India (Opuntia ficus-indica) è una pianta succulenta appartenente alla famiglia delle Cactacee. È nativa del Messico ma diffusa tra tutte le popolazioni del Centro America che la coltivavano e commerciavano già ai tempi degli Aztechi. Questi ultimi la consideravano, non a caso, una pianta sacra.
Della sua importanza negli scambi commerciali ci testimonia già il Codice Mendoza, un codice compilato da scribi aztechi che nel 1540 prende il nome da Antonio de Mendoza, primo viceré della Nuova Spagna che ne commissionò la trascrizione in spagnolo. Il Codice Mendoza includeva, tra gli altri tributi come le pelli di ocelot e di giaguaro, anche i tralci di Opuntia per la produzione del carminio, uno dei beni commerciati dagli Aztechi per cui la coltivazione di questa pianta era fondamentale.
La pianta arrivò da noi con il rientro a Lisbona della spedizione di Cristoforo Colombo. La prima descrizione dettagliata risale al 1535, nella Historia general y natural de las Indias ad opera dello spagnolo Gonzalo Fernández de Oviedo y Valdés. Linneo, nel suo Species Plantarum (1753), descrisse due differenti specie: Cactus opuntia e C. ficus-indica. Ma fu Miller (1768) a definire la specie Opuntia ficus-indica, denominazione ufficiale tuttora accettata.
Il fico d’India si è immediatamente adattato nelle aree del bacino del mediterraneo, in particolare in Sicilia, Calabria, Basilicata e Puglia e negli ultimi tempi è stata una pianta molto studiata dagli agronomi per le sue proprietà nutraceutiche, nutrizionali e per la sua notevole capacità di adattamento a condizioni di aridità che la rendono una pianta molto interessante anche in previsione di possibili cambiamenti climatici.
Il segreto del fico d’india risiede nel suo metabolismo che avviene a stomi chiusi così da poter permettere alla pianta di crescere con il minimo dispendio di energia e in condizioni di quasi totale assenza di acqua1. I suoi frutti e le pale, infatti, contengono una mucillagine composta di polisaccaridi ad alto peso molecolare, in grado di inglobare e trattenere l’acqua. Inoltre, l’Opuntia ha anche un altro grande pregio: quello di formare molto velocemente, subito dopo una pioggia, nuove radici per sfruttare al massimo il momento favorevole. Questa sua capacità ha un’altra conseguenza positiva: limita l’erosione del suolo.
Andiamo un po’ più nel dettaglio per apprezzare meglio questa pianta2:
− Frutto e i Fiori hanno attività antiossidante; effetto diuretico e antiinfiammatorio dovuto all’Indaxatina.
− Frutti e le Pale, chiamate Cladodi, nello strato esterno contengono Flavonoidi che hanno proprietà antiossidanti3, epatoprotettive e neuroprotettive. All’interno contengono mucillagine e fibre con azione anti-gastrica e antiulcerosa. Inoltre, hanno azione ipercolesterolemica; riducono il glucosio nel sangue; riducono gli effetti dell’alcool e proteggono dalla tossicità del Nichel.
− Dai Semi, invece, si ricava un olio che riduce il colesterolo e ha un effetto antibatterico.
− Studi sui topi e su volontari umani hanno dimostrato anche un effetto antiobesità, ipoglicemico e antidiabetico.
Da sempre nei Paesi di provenienza le pale di fico d’india sono importanti per l’alimentazione umana e da diverso tempo ormai si utilizzano i suoi scarti per la produzione di biogas (612 milioni /m3 di biogas prodotti in Sicilia, pari al 14% della domanda locale4) mentre, più recentemente, anche in Italia si sono intensificati gli studi sull’Opuntia ficus-indica che hanno messo in evidenza altre caratteristiche molto interessanti:
− Dalla fibra residua delle pale, sono stati brevettati materiali edili (bioedilizia) e carta.
− Mediante un progetto bilaterale Italia-Messico, finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, si sta studiando presso l’ENEA5 la mucillagine contenuta nelle pale come consolidante e adiuvante nelle malte da restauro per applicazioni nel campo della Salvaguardia dei Beni Culturali6.
− In Messico, presso l’Università di Guadalajara, hanno prodotto dalle foglie una plastica biodegradabile con un tempo di degradazione brevissimo ed emissioni di carbonio simili a quelle della pianta. Un risultato molto incoraggiante per ridurre il problema dei rifiuti di plastica.
− Adrián López Velarde e Marte Cázarez, imprenditori messicani della moda, hanno sviluppato molto di recente una pelle realizzata con la pianta del fico d’India, per offrire un’alternativa sostenibile alla pelle animale. Il prodotto è stato presentato lo scorso ottobre alla Fiera Internazionale della Pelle di Milano e potrebbe essere commercializzata già dal prossimo luglio. Il nome commerciale del prodotto è “Desserto” e ha caratteristiche competitive rispetto alla pelle animale o sintetica, come l’elasticità e la traspirazione. È parzialmente biodegradabile e presenta le specifiche tecniche richieste dal settore della moda e della pelletteria, dell’arredamento e dell’automobile. Grazie alla sua elevata resistenza e durata (minimo 10 anni), questo prodotto organico e sostenibile potrebbe senz’altro sostituire l’uso di pelli di animali e altri materiali sintetici.
− Sempre in Sicilia, una Start-Up di Licata, la Bioinagro ha ottenuto dalla mucillagine succhi concentrati ed essiccati per produrre i principi attivi (nutraceutici)degli alimenti benefici per la salute e per la cosmesi.
Per quanto detto finora, è normale che gli sforzi sulla pianta di fico d’india si stiano moltiplicando, si sta studiando per migliorarne la coltivazione, ad esempio con una fertirrigazione su misura che bagna solo le radici con un risparmio di acqua di oltre il 70%, o con l’essicazione alimentata da pannelli solari (CNR di Palermo) che abbatte i costi del processo del 50%.
Inoltre, vorrei sottolineare come, alla luce delle nuove ricerche su questa meravigliosa pianta, oggi i coltivatori/produttori di fichi d’india abbiano un ulteriore e non trascurabile vantaggio: possono contare su nuovi cicli produttivi dove impiegare e far fruttare la potatura produttiva. Tonnellate di pale, che prima erano solo scarti difficili da smaltire, oggi rappresentano una vera ricchezza e chiudono un ciclo dove tutto viene utilizzato, in perfetto accordo con i principi dell’economia circolare.
BIBLIOGRAFIA CITATA
1. Louhaichia M, Nefzaouib A and Guevara JC, 2017. Cactus ecosystem goods and services. In: Crop ecology, cultivation and uses of prickly pear. ICARDA, FAO.
2. 5 Azucena Nazareno M, 2017. Nutritional properties and medicinal derivatives of fruits and cladodes. In: Crop Ecology Cultivation and uses of cactus pea.. FAO, ICARDA pag 151-158.
3. Butera D, Tesoriere L, Di Gaudio F, Bongiorno A, Allegra M, Pintaudi AM, Kohen R & Livrea MA, 2002. Antioxidant activities of Sicilian prickly pear (Opuntia ficus-indica) fruit extracts and reducing properties of its betalains: betanin and indica-xanthin. J. Agric. Food Chem., 50: 6895–6901.
4. Antonio Comparetti, Pierluigi Febo, Carlo Greco, Michele Massimo Mammano, Santo Orlando, 2017. Potential Production of Biogas from Prikly Pear (Opuntiaficus-indica L.) in Sicilian Uncultivated Areas. Chemical Engineering Vol 57: 559-563. DOI: 10.3303/CET1758094
5. Bacchetta L., Maccioni O., Martina V., Emanuel Bojórquez-Quintal, Persia F., Procacci S., Zaza F., 2019. Quality by design approach to optimize cladodes soluble fiber processing extraction in Opuntia ficus indica (L.) Miller. Journal of Food Science and Technology. pp 1–8. https://doi.org/10.1007/s13197-019-03794-7
6. Fernanda Falcon, Loretta Bacchetta, Franca Persia, Anna Rosa Sprocati, Chiara Alisi, 2018. Sustainable treatment for statue restoration. IXth Conference “Diagnosis, Conservation and Valorization of Cultural Heritage” 13/14 December 2018. Napoli, Italy.
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