Una fiaba serve ormai più agli adulti che ai bambini, per dimenticare per qualche ora le miserie che ci assillano.
A questo e’ servito il torneo di tennis di Wimbledon dove è andata in scena la abdicazione del vecchio re e l’ascesa al trono del principe aspirante.
Non poteva esserci cornice più adatta per far apparire una deposizione simile ad un tea party.
Il Circolo è più inglese e tradizionalista di Buckingham palace.
Il rito obbligatorio sono le fragole con la panna, oltre a sorseggiare champagne sugli spalti.
Altroché la guerra in Ucraina! Tanto è vero che due teste di serie erano russi.
Il tennis in tutto il mondo si gioca o sulla terra rossa o su cemento e materiali sintetici ma l’esame di maturità per un aspirante campione può avvenire solo li’, sull’erba, una volta all’anno.
Verde e bianco sono i soli colori ammessi. Qui scopri come siano eleganti i giocatori in total white (normalmente vestono come in discoteca perché così vuole lo sponsor).
Qui si è firmata la resa incondizionata del grande Djokovic che era per niente consenziente.
L’hanno definito un “golpe” ma rispetto al golpe aveva due contraddizioni: era annunciatissimo e si è svolto tra l’esultanza del popolo.
Cede le armi l’ultimo dei tre moschettieri che hanno monopolizzato la disciplina per vent’anni.
C’è’ stata una sfortunata generazione di tennisti che ha potuto, nei tornei, ambire al massimo alle semifinali perché la finale era per definizione riservata a due dei tre.
Hanno atteso questo momento con infinita pazienza e si vedono improvvisamente arrivare tre/quattro ventenni superdotati (che dureranno una decina d’anni).
Lo storico evento ha meritato la presenza di re Felipe di Spagna (a cui Alcaraz da del tu e tratta come un portafortuna) mentre nel “royal box“ (ci sarà sicuramente la royal toilet) era presente William e famiglia. Il bambino con una curiosa espressione da adulto e Kate esageratamente magra ed elegante.
La quale al momento della premiazione, entrando sul campo, si è diretta verso il quarto dei raccattapalle (che è appositamente di colore) rivolgendogli una domanda. Cosa gli avrà chiesto?: “come sta la nonna”? (Il cerimoniale si informa prima).
Ed io che pensavo fosse stato Veltroni a inventare il politicamente corretto.
In molti casi, i campioni sono figli di atleti non straordinari (tanti padri e qualche madre) che per risarcimento, vendetta ed orgoglio avviano i pargoli al tennis.
Carlos, ad esempio, ha preso in mano la racchetta a tre anni. Bisogna provare grande solidarietà per questi figli d’arte, giacché i padri pretendono di allenarli e di costruire la loro carriera. Si rischia che invece di un divertimento giovanile si trovino a praticare un prematuro lavoro a tempio pieno, non retribuito.
Mentre Djokovic è tutto disciplina, calcolo, intelligenza, nulla lasciato al caso, lo spagnolo è un talento naturale, autentico e spontaneo (ovviamente smontato e riadattato pezzo per pezzo).
Il serbo giocando soffre (soprattutto per il tifo contrario), si censura, si colpevolizza, invece lo spagnolo si diverte, inventa, sperimenta.
Se dovessero affittare i campi in cui giocano, spenderebbero pochissimo; a loro servono non più dei dieci centimetri a cavallo delle righe.
La sostanza del tennis moderno è ormai la ricerca della perfezione.
Il “servizio” viaggia alla velocità di un bolide di formula uno. Lo “scambio” prevede una battaglia euclidea all’ultimo angolo. (Credo ci sia solo uno sport che rende più nevrastenici del tennis: è il golf).
Non a caso in tutti gli staff dei campionissimi è ormai presente, insieme al coach e alpreparatore tecnico, lo psicologo.
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