Immaginate un mondo in cui i primi ricordi di un bambino non siano legati ai peluche o ai giochi da costruzione, ma a conversazioni con assistenti vocali, lezioni impartite da tutor virtuali e città che rispondono, con precisione algoritmica, a ogni loro bisogno.
È questo il paesaggio che accoglierà la Generazione Beta, ovvero i nati dal 2025 in poi: la prima generazione davvero immersa in un ecosistema tecnologico dove l’intelligenza artificiale e l’automazione pervasiva non saranno strumenti da scoprire, ma compagni di vita fin dalla nascita.
Se i Millennials hanno assistito alla nascita del web e la Gen Z ha plasmato i social, i Beta saranno i primi a muovere i primi passi in un mondo dove l’AI sarà già ovunque — invisibile, ma determinante.
Un’infanzia tra algoritmi e apprendimento personalizzato
I bambini della Generazione Beta cresceranno in ambienti domestici e scolastici dove l’AI sarà tanto comune quanto lo sono stati per noi i libri o i giocattoli. In ambito educativo, si intravede già oggi l’emergere di tutor digitali adattivi, capaci di seguire lo studente con un grado di personalizzazione inedito: monitorando progressi, individuando lacune, suggerendo risorse mirate e promuovendo persino soft skills come empatia e pensiero critico.
Per i genitori, l’educazione dei figli verrà mediata da app predittive, in grado di suggerire attività, routine, percorsi cognitivi, in una sinergia continua tra il bambino, la macchina e l’adulto.
Nel frattempo, le città in cui vivranno saranno costellate di infrastrutture intelligenti: incroci che regolano da sé il traffico, edifici che si autoridimensionano in base al consumo energetico, mezzi pubblici che si riprogrammano in tempo reale.
Una quotidianità efficiente, certo, ma anche carica di interrogativi: quanto spazio resterà all’imprevisto? E soprattutto, quanto alla libertà?
Lavoro, tempo e creatività: lo scenario oltre il 2035
Secondo una previsione condivisa da Bill Gates in diverse occasioni pubbliche (tra cui il podcast “Unconfuse Me” del 2023), entro il 2035 l’intelligenza artificiale potrebbe ridurre la settimana lavorativa a soli due o tre giorni.
Se queste ipotesi si concretizzeranno, la Generazione Beta non erediterà solo la flessibilità del lavoro da remoto, ma una trasformazione radicale del concetto stesso di occupazione.
I lavori manuali, ripetitivi o routinari saranno in gran parte automatizzati. In cambio, emergeranno ruoli centrati su creatività, progettazione, etica, gestione delle relazioni e interpretazione del mondo.
Le scuole, di conseguenza, dovranno abbandonare modelli novecenteschi e diventare fucine di pensiero critico, multidisciplinarietà e adattabilità.
Se l’AI sarà, come suggerisce Gates, un “tutor perfetto”, allora la sfida educativa sarà quella di formare individui che non si lascino guidare passivamente, ma che utilizzino l’intelligenza artificiale come strumento di autonomia e crescita.
Sfide ereditate, risposte da costruire
Nonostante le meraviglie tecnologiche, la Generazione Beta sarà chiamata a rispondere a problemi lasciati irrisolti: la crisi climatica, la disuguaglianza sociale, l’esaurimento delle risorse, la crescente dipendenza dalle tecnologie.
Per loro, il concetto stesso di “offline” sarà un ricordo di seconda mano, raccontato da genitori o nonni. Ma proprio per questo, i Beta dovranno difendere con forza gli spazi dell’umano: la lentezza, il silenzio, la riflessione, la capacità di immaginare e di sbagliare.
In un mondo sempre più orientato all’omologazione algoritmica, dovranno mantenere viva la pluralità culturale, esercitare la disobbedienza creativa, contrastare la superficialità dell’istantaneo.
Non sarà sufficiente imparare a convivere con l’AI: sarà fondamentale ridefinire i confini del possibile, ogni giorno.
Una generazione che può cambiare il futuro
Guardando al 2040, possiamo immaginare una Generazione Beta che entrerà nel mondo adulto non con la certezza di un posto fisso, ma con la consapevolezza di dover inventare nuovi mestieri, nuove responsabilità, nuovi equilibri.
Dovranno progettare sistemi etici per le intelligenze artificiali, ridefinire la convivenza urbana, difendere la privacy in una società trasparente, ma anche portare avanti lotte ambientali con strumenti inediti.
L’educazione del futuro non potrà limitarsi alla competenza tecnica: dovrà coltivare coscienze critiche, empatiche e responsabili. La Generazione Beta potrebbe essere la prima generazione veramente post-digitale, capace di umanizzare l’AI, di renderla non una protesi del controllo, ma un veicolo di libertà.
E forse, proprio per questo, ci sorprenderanno.
Sapranno restare umani in un mondo che cambia a velocità algoritmica?