GIUSTIZIA E DIRITTO

È giusto quanto affermava Charles Pierre Baudelaire e cioè che è una cosa per essere moderna deve sottintendere tanto di antico. Una dimostrazione palese ne è stata la performance di Alessandro Baricco: Tucidide. Atene contro Melo presentata l’undici settembre all’Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone” all’interno di Roma Europa Festival.

L’ensemble si è avvalso di presenze eccellenti quali le attrici Stefania Rocca e Valeria Solarino, i cento cellos, un insieme di ben 100 violoncelli assemblati e diretti da Enrico Melozzi, non ultimo Giovanni Sollima con la sua creazione di musiche atte a sottolineare i momenti salienti del racconto. Siamo ne 416 a.C. l’episodio di riferimento è raccontato da Tucidide il primo degli storici, il quale, avendo partecipato alla guerra del Peloponneso, ne racconta il suo iter. Spesso, come vedremo, la storia si ripete, infatti l’episodio, narrato da Baricco, fa capo ad un’isola delle Cicladi, precisamente a Melo che, in base ad un accordo stipulato con Atene, prometteva alla stessa aiuto e partecipazione in caso di attacco o di guerra dichiarata da Sparta. Ad un certo punto Melo decise di interrompere questo patto con Atene, dichiarando la sua neutralità. Ovviamente la potente Atene non poteva sopportare tale onta e così decise di addivenire ad un incontro tra le parti per trovare una soluzione che potesse soddisfare le esigenze di entrambe le potenze.

Le due parti in causa l’una quella di Atene, rappresentata dalla brava Valeria Solarino, l’altra, quella di Melo rappresentata dalla pari Stefania Rocca si riunirono in assemblea per decidere le loro sorti. Ma le posizioni erano troppo diverse e distanti perché le parti potessero trovare un punto di contatto e di accordo, così alla fine la guerra risultò, ahimè, l’unica soluzione possibile. A seguito della suddetta guerra si verificò una delle più potenti stragi della storia; essa fu cruenta e senza possibilità alcuna di salvezza in quanto gli uomini dell’isola furono tutti uccisi, le donne e i bambini deportati. Tucidide ci tramanda questa storia, non solo raccontando i fatti, ma riportando le frasi del discorso. Intercorso tra le parti per difendere ognuno le proprie istanze.

Cui prodest?

Si chiedeva qualche tempo fa il giurista Cassio Longino e ce lo chiediamo anche noi oggi in riferimento alle guerre in atto. Non vi è una risposta, né un mezzo per raggiungere un vivere pacifico finché l’uomo avrà sete di potere e di sopraffazione.

L’affabulatore Baricco ha reso molto bene il riferimento alla nostra situazione attuale senza affanno, tutto era ovattato tranne il sottofondo sonoro che accompagnava con toni forti ed efficaci il racconto quando diventava incisivo e l’allusione alla violenza era assolutamente legittima. Non è da tutti trattenere una moltitudine di spettatori che occupava la Cavea dell’Auditorium del tutto satura; non si sentiva volare una mosca, tutti erano ormai presi dall’argomento, affascinati dal racconto che sembrava un bollettino di guerra che, normalmente, ogni mattina apprendiamo dai nostri media. Ad un certo punto il discorso ha preso un’altra piega inducendoci a riflettere sul significato di giustizia e diritto argomenti sacri su cui si fondono le civiltà e che riguardano i forti e i deboli, i vincitori e i vinti. Come al solito il più forte vince, del resto è questa una legge di natura; infatti, si sa che il pesce grande mangia il pesce piccolo. Ma l’uomo, questo piccolo grande uomo, potrebbe abbattere il muro dell’ego spregiudicato e decidere della sua vita in modo pacato e condivisibile.

Il più forte, come affermava l’ambasciatore ateniese in quel di Melo, ha diritto di vincere, non potrebbe essere diversamente poiché ne verrebbe intaccata la sua dignitas per dirla alla latina. Cosicché tutti i tentativi da parte dell’avversario più debole risultano vani e quindi egli deve arretrare senza reclamare, diversamente, soccombere sotto il potere cui è soggiogato, senza pietas, né gloria. Noi, che in qualche modo, siamo discendenti da quella cultura, ancora oggi, in nome della cosiddetta democrazia, non abbiamo compreso il senso della vita illudendoci di ottenere la tanta agognata felicità, schiacciando l’altro e usurpandogli l’effimero trono. Eppure basterebbe così poco per ritrovarla!

Il narratore chiude la sua performance con una postilla positiva e poetica e come nel “Cunto de li Cunti” cita un altro episodio analogo a quello del testo occorso verso il sedicesimo anno della guerra, un pretesto questo per allargare l’orizzonte …..

Così, con pennellate acquerellate compone un quadro come un vero pittore e ci traghetta sulle ali dell’immaginazione sul mare. Due navi si rincorrono per giungere allo stesso porto, due vele: Giustizia e Diritto solcano le onde per evitare il peggio e far sì che trionfi sempre il buon senso necessario e indispensabile in ogni decisione affrettata perché l’uomo si metta in discussione, traendo così da se stesso quella umanità e solidarietà che, se pur stratificate, albergano in ogni essere che, solo così, può definirsi umano.

Dalisca

Roma, 20 settembre 2024