Essere civici non basta, è ora di andare oltre: i civici dovrebbero unire le forze e le esperienze, ma prima dovrebbero capire per fare cosa, come e perchè, o in nome di che cosa…
Partiamo dal fondo, che poi è l’inizio, cioè dal perchè? Di civismo e di civici si parla da tempo in Italia, si sono fatte liste di successo in tutte le città, grandi e piccole. Ci sono sindaci, assessori, consiglieri comunali regionali e provinciali civici, aggregati a schieramenti di destra e di sinistra. Hanno in comune il non riconoscersi nei partiti e nella volontà di aggregare e rappresentare esperienze della “società civile” che non si riconosce nei partiti. Spesso occupano un campo “mediano” nella politica tradizionalmente intesa, in cui c’è una sinistra, una destra e un centro. Oltre al civismo, e al radicamento nella comunità in cui nascono, spesso non ci sono orizzonti “politici” comuni. E siccome i partiti e i movimenti nascono fino a prova contraria da una identità, per mettersi “assieme” i civici devono costruirne una, sapendo che l’impresa è difficilissima, perché bene o male chi si misura in competizioni politiche ed elettorali una idea di come va il mondo, o come dovrebbe andare, ce l’ha.
Venendo al come, per costruire una identità con cui dare sostanza e solidità ad una formazione politica la storia recente della Repubblica insegna che non bastano le foto dei ricordi della famiglia da cui si proviene, né il richiamo alla buona amministrazione, tanto più oggi, nel pieno di una transizione fatta di altrettante transizioni, digitali green demografiche culturali in senso lato. Serve costruire una identità “nuova”, ancorata alla realtà di un quotidiano che non si può leggere con le metriche del secolo scorso. Il processo con cui costruire l’identità deve essere “flessibile”, capace di leggere i cambiamenti e di produrre risposte ai tanti effetti collaterali delle transizioni che si scaricano sulle persone e le comunità. Questo processo è l’unico metodo possibile per evitare di rifare gli stessi errori fatti in passato.
Arriviamo infine al “per fare cosa”. Se si vuole fare sul serio serve individuare una piattaforma di idee e un’agenda di priorità, con risposte coraggiose e concrete, senza confondere la politica mediana con il moderatismo ma creando uno spazio politico nuovo ed inedito, che vada oltre quello che c’è oggi e c’è stato ieri, ragionando sulla prospettiva dell’uomo e dell’umanesimo, la stessa che sta ispirando in questi ultimi il “cinque punto zero”, che tiene assieme la crescita, lo sviluppo e la partecipazione democratica.
L’elezioni europee sono di fatto l’obiettivo, ambizioso ma favorevole, un laboratorio politico naturale su cui misurare effettivamente se l’esperienza civica possa effettivamente contribuire a far nascere un soggetto politico nuovo.
Da San Patrignano Letizia Moratti lancia gli “stati generali” e dopo l’esperienza della candidatura civica alla presidenza delle Ragione Lombardia rilancia, pensando a “come le esperienze civiche possano diventare politiche”, proponendo un percorso che sia capace di sollevare domande e costruire uno spazio ed prospettiva alternativi partendo dalle esperienze sui territori e andando oltre. “Il civismo è un punto di partenza, l’obiettivo è costruire una cornice valoriale da declinare nella modernita”.
Sullo sfondo del dibattito un nuovo “centro” della politica, che mette al centro l’umano ed è capace di scelte coraggiose, per un patto sociale tra amministrazione e cittadini da riscrivere nel nuovo scenario delle transizioni, del digitale e del Green. Gli stati generali sono l’occasione per mettere in fila alcune delle priorità per il paese su cui costruire una agenda di cose da fare che valgono .
Sul palco dell’auditorium Mario Mauro, Gaetano Quagliariello, Cateno De Luca, Giuseppe De Mita. Tra gli ospiti Giampaolo Sodano e Stefano Zamagni che immagina “una politica mediana, da non confondersi con il moderatismo.
L’Italia è un paese complicato e variegato. Serve una politica “Place sensitive”, capace di valorizzare le differenze dei territori nel quadro di un bene comune”.
Le elezioni europee sono di fatto l’obiettivo, ambizioso ma favorevole, un laboratorio politico naturale su cui misurare effettivamente se l’esperienza civica possa effettivamente contribuire a far nascere un soggetto politico nuovo.
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Una risposta a “GLI STATI GENERALI DI LETIZIA”
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