Quanto scrivo qui non è minimamente il frutto di una visione apocalittica del vivere, anche se molti eventi (terremoti, inondazioni, crisi climatiche, guerre…) sembrano indicare qualcosa del genere, ma si presenta come una semplice analisi storica di quello che sta accadendo e del quale si parla e si dice talora in maniera slegata dall’insieme del fenomeno. Si tratta, se si è attenti, di una serie di cambiamenti forse epocali in molti se non in tutti i settori del vivere. Talora si è dinanzi a veri mutamenti traumatici che sembrano sciogliere e frantumare il principio di continuità. È vero che questo avvicendarsi di eventi non è solo un fatto di oggi, perché di rivoluzioni nella Storia ce ne sono sempre state creando una sorta di frattura con il passato. Per fermarci agli ultimi secoli, basta ricordare il passaggio dall’Umanesimo al Rinascimento, dalla centralità dell’Europa alla scoperta del Nuovo Mondo, da una pratica della Scienza legata alla tradizione alla rivoluzione copernicana e galileiana, dal monolitismo religioso alla Riforma Protestante e molto più tardi alle aperture del Concilio Vaticano II (1962-65), dai Regimi Assolutisti alla Rivoluzione Francese, da una visione e pratica agricola del vivere alla prima grande Rivoluzione Industriale dell’’800, dal tramonto della aristocrazia al trionfo di una borghesia imprenditoriale, per giungere alle grandi scoperte scientifiche (motore a scoppio, telefono, elettromagnetismo, Relatività, vaccini vari, Energia Atomica…), purtroppo anche alle due Guerre Mondiali con le loro stragi e la Shoah con i suoi circa 17 milioni di morti, alle utopie sanguinarie del Comunismo, a quelle autoritarie del Fascismo, agli orrori del Nazismo, alla fine della Guerra fredda con la caduta del muro di Berlino (1990), alla Jhad con il crollo delle Torri gemelle (2001), all’esercizio di una economia troppo legata al capitalismo, a una democrazia debole e spesso malata di protagonismi, fino alle ultime sullo sviluppo e varie applicazioni della tecnologia ((Informatica, Internet, Social, Supercomputer quantistici, Intelligenza Artificiale…) e oggi a un Mediterraneo non più culla di Civiltà ma un mare tomba-sudario di morti.
La fine della Storia è uno dei concetti chiave dell’analisi filosofica del politologo statunitense Francis Fukuyama (1952): secondo questa tesi, il processo di evoluzione sociale, economica e politica dell’umanità avrebbe raggiunto il suo apice alla fine del XX secolo, snodo epocale a partire dal quale si starebbe aprendo una fase finale di conclusione della Storia in quanto tale. I diversi concetti di Storia presenti nella storiografia possono essere sintetizzati nelle due grandi visioni della stessa, come un processo cioè in “continua evoluzione” e come un processo “compiuto” di cui il presente è il punto di arrivo o di arresto. Nel primo caso la storiografia è concepita come “ricerca”, mentre nel secondo
diventa “archivio dei fatti” o “raccolta”.
La storiografia nacque come “ricerca” con Erodoto (484 a.C-425 a.C.) e Tucidide (460 a. C.- 404 a. C.), per poi diventare “raccolta” in età ellenistica in ambito greco–orientale; tornò ad essere “ricerca” con gli storici greci che studiavano il segreto della crescita della potenza di Roma (un filone che culmina nell’opera di Polibio) e si rifece raccoglitrice di fatti con lo stabilizzarsi della Storia mediterranea sotto il dominio di Roma: abbiamo così le opere di Tito Livio (59 a.C.-17 d.C.) e Velleio Patercolo (19 a.C.-30 d.C.) e, in ambito greco, di Diodoro Siculo (90 a.C.-27 d.C.). Un caso a parte rappresentano le “Antichità romane” di Dionigi di Alicarnasso (60 a.C-7 a.C.).
Sallustio (86 a.C.-34 a. C.) e Tacito (55 d.C.-17 d.C,) fusero l’idea della storia “raccolta” con una riflessione sul passato non priva di proiezioni sul presente, e non soltanto come una narrazione. Nel periodo della decadenza dell’Impero anche l’opera di Ammiano Marcellino (330 d.C.- 397 d. C.) sarà pervasa da questa coscienza della crisi. La riflessione sul passato in cui si affaccia l’incertezza del proprio tempo apparterrà anche all’opera di Francesco Guicciardini (1480-1540). È proprio il presentimento della crisi al culmine di una situazione di stabilità a contenere il germe dell’idea della “fine della storia” proposta e rilanciata da Francis Fukuyama nel saggio “La fine della storia” del 1992. Essa non procederebbe più in maniera “ciclica”, come sostenevano Platone (428 a.C – 340 a.C.) e Aristotele (384 a,C-322 a. C.) e poi G.Vico (1568-1644), ma “unidirezionale”, in quanto sempre secondo lo stesso Autore, i motori del processo storico sono lo “spirito della scienza” ossia la tendenza dell’uomo a evolvere il proprio modo di vivere attraverso le conoscenze e le scoperte tecnologiche e negli altri due saggi (La grande distruzione” del 1999 e “L’uomo oltre l’uomo” del 2002) arriva amaramente a osservare che il progresso tecnologico e industriale ha nei tatti determinato anche la disgregazione dell’ordine sociale, il progressivo distanziamento nei rapporti umani e il relativismo culturale.
Partendo da queste necessarie premesse tutto, allora, nell’uomo si evolve nella vita per tentativi sia fisicamente che culturalmente, e quindi anche politicamente, spesso commettendo anche errori: è il modello dell’“evoluzione storica sperimentale”. Molte volte ciò può avvenire anche in maniera contraddittoria e violenta in un miscuglio attraversato fin troppo frequentemente da negatività. Sovente manca un filo conduttore nello svolgimento degli eventi: è come se si verificassero dei salti nel buio, non si sa se per superficialità o per un motivo intrinseco allo stesso processo evolutivo. Purtroppo, così la vita è andata e così ancora continua ad andare avanti.
Intanto la prima cosa che si nota, e da tempo, è il tramonto di molte ideologie, del quale in passato ne hanno parlato O. Spengler (1922) e L. Colletti (1980). Qui mi riferisco alla crisi della politica, al rispetto delle convenzioni, al non coraggio nell’uscire fuori dal seminato, alla difficoltà a mettere in discussione consolidate certezze del passato, a un pensiero filosofico rivelatosi fluido e debole, a una pratica artistica che poco di nuovo produce, ad astruse alchimie comportamentali che sanno più di furberie che di tentativi di soluzione concreta dei problemi, alla superficialità rielaborativa di pensieri forti e alti, al mantenere in piedi elementi di potere a scapito della sostanza come il rispetto per la vita, a una logica dell’attesa rispetto a quella dell’andare incontro e a moltissime altre. Il vero problema non sta tanto nella fine delle ideologie redentive, comprese quelle politiche, ma soprattutto nella rovinosa frana di alcuni valori o di molti di essi, come quelli elementari della sobrietà, della fedeltà, dell’impegno, della coscienziosità nell’agire, del rispetto per l’etica, dell’attenzione e della salvezza delle radici, della giustizia distributiva, della difesa della Natura, del clima e della pace, della cooperazione internazionale per aiutare le realtà più povere a redimersi e così salvarle e si potrebbe continuare ancora a lungo. Non pare ci sia la convinzione di dover garantire un futuro alle giovani generazioni con il circolare di una serie di droghe che stanno addormentando e distruggendo i loro cervelli.
Si afferma il giusto diritto alla libertà, ma il fatto è che molte realtà locali si stanno spopolando e impoverendo con una eccesiva concentrazione in altre ad alta densità abitativa (con le relative conseguenze anche economiche), accentuando cosi ulteriormente le disuguaglianze sociali e ambientali. È anche vero che la mobilità è una conquista della modernità, ma è anche vero che la ripetitività può costituire un male e alla lunga certamente non giova. Il fatto da dover valutare è che l’uomo nel Tempo tende sempre a superare se stesso, magari a voler cercare il nuovo (almeno nelle intenzioni), perciò di alcuni valori o pseudotali si rende anche necessario sottoporli talora a una analisi critica e semmai a purificarli riportandoli alla loro autenticità.
Smantellare un intero passato rappresenta sempre una operazione dolorosa, ma questi Ultimi Tempi da soli sembrano condurre proprio a questo. Ci chiediamo: cosa veramente si può considerare superato e antico, quindi da sostituire? Accenno qui solo ad alcuni comportamenti da considerare non affini con le domande incalzanti poste dai Nuovi Tempi, anche se ci sarebbe da dire che non tutto è da accantonare, perché senza il riferimento ad alcune solide radici la frattura potrebbe diventare traumatica e irreversibile come una foglia che cade nel vuoto.
Credo che solo qualcosa dovrebbe essere messo da parte, come, per esempio, la rassegnazione, la dipendenza totale da chi detiene temporaneamente il potere dettandone le regole, una visione e pratica puramente consumistica del vivere, una accelerazione esagerata e incontrollata del Tempo, la bruciatura rapida di tante esperienze prima che si siano ben sedimentate, analizzate e semmai corrette, la disattenzione nella necessità di dover salvaguardare il clima, l’ambiente e la Natura, la fretta nel consumo di ogni bene senza averlo prima valorizzato al meglio, il rispetto maggiore dovuto alla salute nei suoi ritmi cosiddetti circadiani (giorno-notte), il praticare un minore stress nelle azioni quotidiane, la ricerca eccessiva del culto del salutismo e del bello artefatto, la disattenzione verso ciò che veramente conta, la trascuratezza nella cura dell’igiene pubblica e dell’alberazione, lo smettere il comodo abito della deresponsabilizzazione.
I Nuovi Tempi chiedono che i vecchi paradigmi del vivere, fondati sull’interesse, sullo sfruttamento del prossimo cedano finalmente lo spazio al recupero dell’amicizia (quella vera), alla solidarietà con tutti gli esseri umani, all’abbandono della diffusa pratica della truffa con le tante fake-news fatte circolare liberamente e spesso impunemente sui social, ma anche ai ricatti, ai pizzi e alle rapine. Ci vorrebbe una profonda revisione dei ritmi notturni, senza naturalmente proibizionismi, ronde punitive o arcaici quanto inutili coprifuochi, evitando lo sciupio del dono del Tempo a uso prevalentemente edonistico, come anche il Nuovo esige un maggiore autocontrollo sulla natura e qualità della vita notturna da molti compiuta come scelta e purtroppo frequente generatrice di violenza e di atti criminosi (spaccio di droga, omicidi…). Tutto questo è una premessa necessaria da attivare primariamente sul piano comportamentale. E in altri settori?
Sul piano dei valori. I Nuovi Tempi in maniera semplificata esigono solo poche ma precise cose, perché il tutto possa svilupparsi nella tranquillità. Innanzitutto porre al centro delle preoccupazioni la Persona con le sue esigenze e fra queste è da includere la Libertà, una seria Uguaglianza nell’esercizio dei diritti e dei doveri, recuperando eventuali differenze generatrici di difficoltà vitali, una maggiore e migliore garanzia nella difesa della salute, una Cultura meglio rappresentata, una più attenta politica nella tutela del patrimonio di una comunità. Questi valori non sono derogabili.
In Politica. Superate le vecchie formule partitiche, occorrerebbe muoversi con più pragmatica scioltezza cercando di agire molto sul tema della progettualità concreta, coinvolgendo direttamente le realtà locali e i cittadini che l’abitano. Ovviamente questo postula un minimo di osservazione, individuazione e analisi dei bisogni di una comunità e poi di organizzazione delle scelte in vista di una risposta adeguata con la formulazione e l’attuazione di progetti concreti. Le doti morali che sono richieste nei soggetti chiamati ad attuare questo complesso di iniziative rivolte al bene comune dovrebbero essere improntate alla onestà, alla correttezza nelle azioni e alla competenza nel modo di pensarle e di gestirle nel tempo.
Rimane poi sempre il grande problema del rapporto fra Stampa e Politica, in Italia l’utilizzo dei servizi pubblici come la RAI e la messa in sordine dei giochi e giochini camuffati da presunti richiami ideologici, un maggiore impegno per un “più Europa” e meno nazionalismi egoistici, più multilateralismi e minore concentrazione di poteri nelle mani di pochi gruppi o di alcune Potenze Economiche, necessità di riformare le Istituzioni in Italia e rivisitare alcuni compiti e lavori del Consiglio di Sicurezza e dell’ONU: un confronto critico è quanto di meglio da auspicare. Anche questo nello scacchiere del vivere fa parte del Nuovo che ha voglia di interrogare e di capire!
Nel sociale. Sostanzialmente il Presente e il Futuro chiedono più convinti interventi per la salvaguardia della sussistenza nella sopravvivenza, la personale realizzazione in un dignitoso lavoro, un servizio sanitario pubblico più efficiente e aperto a tutti specialmente ai più poveri, un maggiore equilibrio in una più equa e seria distribuzione della tassazione in base al quoziente di ricchezza posseduta, una famiglia e una scuola più adulte e mature nell’educare le nuove generazioni al senso di responsabilità e di rispetto per la Vita, una più intelligente soluzione e integrazione dei migranti in questa epoca di fuga dalla fame e dalle guerre, integrandoli, stabilizzando e rendendo più vivibili magari i luoghi di origine come l’Africa con le sue 54 Nazioni e le enormi potenzialità che possiede, una sicurezza meglio garantita nelle periferie delle città con un maggiore controllo del territorio per sterilizzare la diffusione della criminalità.
In Economia. Dal 1980 al 2010 in concomitanza con la Terza Rivoluzione Industriale si è sviluppato il grande fenomeno della Globalizzazione che ha interessato vari settori: creazione di una economia mondiale, velocità delle comunicazioni e nella circolazione di informazioni, concorrenza con mercati liberi e liberalizzazioni talora selvagge, nascita di Multinazionali, rischi di degrado e di sfruttamenti, delocalizzazioni, perdita delle identità locali, nascita della Banca Mondiale, Organizzazione Mondiale del Commercio, Rivoluzione Informatica, Sviluppo delle Telecomunicazioni, Organizzazione Internazionale del Lavoro, Interscambi culturali fra studenti e Istituzioni Pubbliche, Rivoluzione Digitale, Movimenti no-global…
Gli Autori che meglio hanno studiato il fenomeno sono Martin Albrow (1937), Elizabeth King (1950), Anthony Giddens (1938), Roland Robertson (1938-2022), Zygmunt Bauman (1925-2017) e Noam Chomsky (1928). Il Nuovo, dunque, spinge fortemente alla pratica della solidarietà fra tutti e con ogni regione del mondo, al netto rifiuto di ogni forma di illegalità e di disparità nella erogazione dei servizi essenziali alla vita e questo sia nei paesini che nelle grandi città per le quali ultime bisognerebbe prevedere un urgente calmiere nei prezzi e nei costi onde evitare speculazioni a dir poco assurde e talora immorali, a un uso più mirato, intelligente e razionale delle varie risorse per risolvere i più urgenti problemi che si presentano. In una economia globale, come quella presente e futura, a parte il principio di serietà e di fedeltà alle contrattazioni che vengono poste in atto e controfirmate oltre che a quello del controllo sulle possibili e purtroppo frequenti contraffazioni, è richiesto di privilegiare due istituzioni fondamentali, investendovi il meglio delle disponibilità finanziarie: la scuola (il futuro), compresa quella includente la strategia di una formazione trasversale accademica nelle competenze, e la sanità (l’esistenza quotidiana soprattutto dei più fragili). Il Nuovo, inoltre, ha la necessità di avere una visione globale delle domande del mondo per preparare in anticipo le dovute risposte. Una economia al servizio e non per essere servita ad arricchire pochi individui.
Nella Scienza e nelle Tecnologia. I Nuovi Tempi guardano molto alla Scienza e soprattutto all’ impiego della Tecnologia e alle sue applicazioni al servizio del bene comune: ebbene questa prevede delle regole da seguire e da rispettare, come l’incentivazione alla ricerca seguendo un minimo di responsabilità e di serietà, perché no, anche di etica nella scelta delle competenze da promuovere, la finalità del servizio all’uomo non alla sua sostituzione (si pensi a un utilizzo distorto che si può fare della Intelligenza Artificiale), a una sua migliore applicazione nella medicina per affrontare e risolvere più gravi problematiche sanitarie magari complicate, a un controllo severo sull’eventuale suo utilizzo truffaldino. Il terreno di confronto nella modernità riguarderà proprio questo particolare aspetto.
Nella Religione. Il Nuovo chiede alla Religione, nella quale si stanno notando molte chiusure di Chiese, una pratica più oggettiva della Fede, che sia non solo di attesa, ma di un andare incontro alle esigenze delle coscienze, con i luoghi di culto mutati in spazi di silenzio e di raccoglimento in preghiera ma anche come Case della carità e dell’accoglienza. Poi il dialogo con tutte le altre Fedi dovrebbe essere sempre alla base di ogni ricerca di una Verità almeno sul piano umano.
Ci sarà un futuro per l’Umanità sul nostro pianeta? Di quale natura esso sarà e a quali condizioni? Questa appunto è la sfida che i Nuovi Tempi pongono dinanzi ai nostri occhi.
Io penso che i Nuovi Tempi spingono verso una riscoperta di alcuni ruoli oggi trascurati o semmai vissuti in maniera incongrua: una Politica più al servizio dell’Uomo, una Cultura più produttrice di pensieri alti, una Religione maggiormente al passo con la Storia, una Guerra da abolire, perché i morti non sono numeri ma Persone, una Natura da difendere con ogni mezzo perché donatrice di cibo e di acqua, un Uomo Più Uomo e meno sotto-uomo. Questa è la speranza che può diventare una Certezza: se si vuole.
Concludo con due pensieri: uno di don Luigi Giussani (1922-2005: “La vita ci è stata data per creare. Il Tempo è come il tessuto su cui occorre disegnare una creazione”), l’altro un po’ paradossale è dell’Autore statunitense Michael Althsuler (“La cattiva notizia è che il Tempo vola. La buona notizia è che tu sei il pilota”).
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Commenti
Una risposta a “GLI ULTIMI E I NUOVI TEMPI”
Un’ elegante lezione e pure un” esaustiva completa analisi sull” uomo ed i suoi modi di essere al variare dei tempi della cultura e delle condizioni socioeconomico. Da proporre agli studenti dell’ ultimo anno di scuole superiori