“GUERRE ESTREME”

da Netanyahu al rischio di Kursk verso nuova governance e leadership?

Siamo orami di fronte a Guerre Estreme a nord est come a sud ovest, dal Medio Oriente in attesa della risposta iraniana all’oscura eliminazione di Haniyeh (capo politico di Hamas) a Teheran e a Kiev con l’avanzata entro i confini russi di reparti ucraini. Intanto la “Guerra Estrema” con il colpo su colpo tra Hezbollah e Israele. Il numero 2 dell’ala militare di Hezbollah (HB) è stato colpito nel sud del Libano come risposta al razzo che aveva ucciso 12 bambini drusi in un campetto di calcio a nord-ovest del Golan. Risposta dovuta (e attesa) ma “controllata” di Israele o innesco per HB per alzare e allargare la scala del conflitto ? Per trovare risposte a questa domanda va detto innanzitutto che Israele ha sempre fatto “guerre lampo” che al massimo sono durate qualche settimana nel rispetto delle “regole di guerra” (e di ingaggio) in una area nella quale “La Terra di Adamo” è “circondata” da paesi islamici antisionisti seppure divisi al loro interno ( per es. tra paesi sciiti e sunniti).

Dopo la tragedia terribile del 7 ottobre innescata da Hamas (e sostenuta dall’ Iran) e che mantiene ancora sospeso il destino di oltre 115 ostaggi questa “grande regola di ingaggio” sembra violata a favore di una “Guerra Estrema” ossia che si vuole definitiva contro i nemici diretti e indiretti dello Stato di Israele visto che la “Guerra di Gaza” non è ancora terminata in attesa dell’obiettivo finale e cioè di “azzerare Hamas”, sia questo obiettivo realistico o strumentale. Ma se questo obiettivo fosse realistico quanto è realizzabile e in quanto tempo ? C’è infatti da chiedersi quanto questa “guerra terribile” stà aiutando – paradossalmente – la “convergenza” tra Netanyahu e Hamas nel rifiuto della soluzione 2S2P (2 Stati 2 Popoli) e dunque quanto aiuta la loro leadership ?

Questo il quesito che continuano a porsi sia gli USA e sia l’Europa per potere trovare soluzioni che evitino escalation e allargamento del conflitto, purtroppo già in corso. Soprattutto in presenza di “minacce irresponsabili” come quella di Erdogan che ha pensato di segnalare la possibilità di invasione di Israele da parte della Turchia, che non dimentichiamo è un paese Nato che non è attaccato ma diventerebbe attaccante e dunque portando il conflitto al caos incendiario squilibrante per la NATO come Alleanza di Difesa. Una conferma che molti dei leader coinvolti nell’area “usano” il conflitto mediorientale per scopi interni e non certo per sedare la “febbre globale”.

Insomma, il “terribile pentolone medio-orientale” è in accelerata ebollizione e ogni “errore” può trasformarsi in un “casus belli utile” per scatenare una guerra locale pericolosissima e già sanguinosa con oltre 40mila morti nella Striscia di Gaza dei quali migliaia di bambini. Una strage che Francesco continua a chiedere di fermare e agendo con un fare attivo per il dialogo come peraltro in Ucraina che ha favorito il ritorno di centinaia di bambini deportati dall’esercito di Putin.

Ora, dopo l’eliminazione del capo di Hamas (Ismail Haniyeh) a Teheran e del numero due di Hezbollah in Libano 2gg prima la febbre sale irreversibilmente oppure le trattative – al di là delle dichiarazioni infuocate dell’Iran – può scendere magari con un cessate il fuoco a Gaza e una risposta “controllata” dell’Iran con la mediazione dei paesi arabi sunniti e le pressioni USA ed europee?

Chiedendo peraltro se serve sempre colpire le teste di questi movimenti del terrore che agiscono “per procura”? Un punto a favore di questa ricaduta è che da ora Hamas è più debole ed è un bene per Gaza pur avendo già sostituito Haniyeh con il capo dell’ala militare Sinwar (mente del 7 ottobre), dunque un momento per un cessate il fuoco ( “imperativo” come dice giustamente Blinken nelle prime reazioni) se emerge un accordo sul dopo e su come (e con quali ” garanti”) verrà assicurata la governance della ricostruzione necessaria come sia USA che Europa vorrebbero con l’appoggio “strategico-operativo” dei paesi arabi ( Arabia Saudita e Qatar in particolare con Egitto e Giordania). Perché è evidente che siamo alla peggiore crisi dalla nascita di Israele vista la minaccia esistenziale a cui è sottoposto.

Eppure il maggiore ostacolo è che il Governo di Netanyahu sembra non avere un’idea di come (e se) dare un futuro a Gaza e ai Palestinesi (che è nell’interesse primario della sicurezza di Israele) certo nella conferma che una “idea” – quale Hamas è – sarà difficile da eliminare o estirpare visto che dopo 9 mesi siamo al punto di partenza con 40mila morti palestinesi in più in attesa di ritorsioni “congiunte” dell’Iran, di HB e Houti. L’idea avanzata da Netanyahu di ” smembramento” di Gaza non sembra la migliore che invece potrebbe consigliare una “unità palestinese” per cominciare a ricostruire e guardare ad un futuro di pace e convivenza nella sicurezza.

Vedremo se la risposta iraniana e di Hezbollah con gli Houti sarà coordinata e quanto potente e di conseguenza la contro-reazione israeliana verso un dove tutto da scrivere, confidando non sia un “salto nel buio” e che uno spazio per la de-escalation non sia del tutto chiuso, seppure in attesa delle presidenziali americane. Le reazioni vigili dell’Arabia Saudita di “silenzio attento” per esempio sono da sottolineare. Soprattutto nell’ottica di far emergere un soggetto globale – locale capace di incidere sulla situazione che è forse l’aspetto più preoccupante, dall’Occidente alla Cina.

Ora siamo in attesa della reazione Iraniana il cui “ritardo” di per sè crea precarietà e instabilità permanente non solo in Israele ma nel mondo intero perché “l’attesa è parte della risposta” che senza dubbio ci sarà come emerge dalle parole di Nasrallah, capo religioso di Hezbollah. Permane una Europa ancora “inerte” in questo teatro di conflitti globali dall’Ucraina (che per la prima volta è entrata sul suolo russo a Kursk con esiti del tutto imprevedibili) a Gaza e questo già di per sè è preoccupante mentre vorremmo vedere un maggior protagonismo nell’ esplorazione occidentale-europea di soluzioni senza attendere l’ineluttabile dell’esito elettorale americano che poco potrebbe cambiare. Ma i mercati e le borse invece reagiscono come sempre di fronte al caos e all’incertezza globale bruciando centinaia di miliardi di dollari in pochi giorni anche per asimmetrie regolative tra paesi ( fallimento della tassa 15% sulle grandi corporation e squilibri nella fissazione tassi tra Banche Centrali e rialzo dei tassi di interesse giapponesi dopo anni di “azzeramento”).

Nel complesso i linguaggi della forza delle armi e della diplomazia si sfiorano ma – purtroppo – continuano a non toccarsi , a non incontrarsi e sembrano parlare due alfabeti diversi anche se le trame globali mostrano di influenzarsi sempre di più da Mosca a Kiev, da Tel Aviv a Teheran, da Pechino a Washington con reti di relazioni che seppure non visibili mostrano di tracciare nuovi incroci da esplorare. Le prossime ore e giorni ci diranno verso quali soluzioni e con quale stabilità ma certo la ripresa dei colloqui al Cairo riavviati dal Governo israeliano nelle prossime settimane contrasta con le idee di alcuni Ministri di Netanyahu di annessione di parti della Cisgiordania.

Se per ora in Medioriente perde la politica e vincono le armi serve un salto di paradigma nelle relazioni internazionali in un quadro multilaterale assumendo responsabilità da parte dei poteri dominanti nell’area. Unica traiettoria che potrebbe innescare una “scalate to de-escalation” (James Rothwell) ? Non improbabile e possibile: le prossime ore diranno e intanto l’incertezza economica cresce bruciando 40 mil.di di dollari in un solo “venerdì nero”. Una caduta delle borse come termometro della complessità globale anche per un costo del denaro ancora alto con due guerre troppo esposte sul “margine del buio” (e con la “mossa strategica rischiosa ma non azzardata” degli ucraini di entrare nel territorio di Kursk sul confine russo che può avere effetti ancora imprevedibili ma tesi ad “alleggerire” il peso della pressione dei cannoni nel Donetsk) e in assenza di leadership autorevoli e condivise. Tra le quinte un’Italia sempre più “isolata” nel quadro internazionale e in difficoltà con una finanziaria a ottobre che sarà di “lacrime e sangue” e imponendo la fiducia su riforme incerte (autonomia differenziata, giustizia, premierato) e anche del tutto inutili (quella sulle carceri perché incapace di incidere sull’affollamento e sui suicidi).

La mistica è che “tutto è sempre più interconnesso ma tutto è tragicamente sempre più separato” e per questo serve un’altra visione e altre forme di condivisione tra est e ovest e tra nord e sud perché le soluzioni “scivolano” sul ghiaccio di confini nazionali e di sovranismi impotenti ma che tengono in ostaggio un Occidente sempre più largo da consolidare e una Democrazia sempre più porosa da rigenerare!


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