di Giorgio Fiorentini
Il primo venerdì di Febbraio (cioè qualche giorno fa) si è svolta la giornata dei “calzini spaiati”. I bambini di molte scuole italiane hanno indossato calzini diversi e spaiati per ricordare che la diversità non è un fatto negativo e l’inclusione è un modo per dimostrare solidarietà ed armonia e fare cultura di uguaglianza.
La Giornata dei “calzini spaiati “è una voglia di comportamento che celebra la bellezza della diversità e promuove l’inclusione. É nata tra i banchi di una scuola primaria (elementare) di Terzo di Aquileia, in Friuli Venezia Giulia, e oggi coinvolge scuole, famiglie e social network.
Bambini con “calzini spaiati” vengono accompagnati a scuola da mamme o papà che hanno “calzini spaiati”.
Altri dicono che i“calzini spaiati” e’ un anticonformismo, una scelta di moda o una forma artistica.
Siamo propensi a sposare la tesi della scuola e dei bambini che offrono una scelta di società diversa non per ostentare, ma per dichiarare il valore della valorialità.
Tutto questo è divertente ed educativo, ma facciamo alcune considerazioni anche per le imprese che dovrebbero valutare questo comportamento come un segnale per la gestione positiva e sociale dell’impresa stessa. Non è una deminutio dell’iniziativa, ma una valorizzazione per le imprese che dovrebbero fare dei “flash mob” sui “calzini spaiati” per i dipendenti.
I bambini con i “calzini spaiati” di oggi non dimenticheranno mai questa giornata e questi valori; essi sono i loro clienti fra dieci quindici anni.
L’impresa che non comunicherà la conoscenza di questa equità avrà difficoltà ovviamente all’interno della propria organizzazione e sul mercato.
Non dimentichiamo che l’incipit della sostenibilità (allora declinata prevalentemente in quella ambientale) è un tema che risale al 1987, anno in cui venne pubblicato il rapporto Brundtland sulla sostenibilità; un documento che introdusse il concetto di “sviluppo sostenibile“, e che produsse le prime linee guida in materia di sostenibilità ambientale, economica e sociale.
Il documento, “Our Common Future”, sottolineava che la sostenibilità e lo sviluppo sostenibile erano intesi come la “capacità di soddisfare i bisogni delle generazioni attuali, senza precludere alle future generazioni la possibilità di soddisfare le proprie necessità”.
L’inclusione e la diversità erano in connessione con l’ambiente e finalizzate all’equità sociale. Si ipotizzava di creare una cultura della sostenibilità ed in seguito alcune imprese verificarono che questo approccio era “modello di successo aziendale”.
Specialmente le multinazionali, che al loro interno dovevano includere dipendenti di varie nazioni e trasformare la diversità in uguaglianza. Chi è diverso è uguale.
Le aziende che vantano una profonda cultura aziendale inclusiva sono un numero relativamente limitato. La valorizzazione della diversità e dell’inclusione per molte imprese è ancora un mistero opportunista, specialmente nelle PMI.
Ci sono eccezioni e ricordo una impresa sociale bergamasca (SIDIP) che offre cultura del pulito tramite servizi di igienizzazione e pulizia. C’è relazione determinante fra pulizia dell’ambiente di lavoro e benessere, salute e rendimento del personale.
Azienda con circa 200 risorse funzionali (dipendenti e collaboratori) e declina il win del proprio welfare aziendale integrando dipendenti di 23 nazionalità in una dinamica di accrescimento e mette a disposizione dei dipendenti un Life business coach che accompagna la loro crescita e c’è uno sportello di ascolto con una psicologa.
In Italia solo 1 azienda su 3 è realmente impegnata sul tema della diversità, come rileva la ricerca Diversity Brand Index 2022. Oggi questa opportunità, seppur con fatica si sta sviluppando a fronte anche di eventi come quelli dei “calzini spaiati”. Questo approccio sociale è per tutte le imprese, piccole e medio grandi, che possono fare la differenza.
L’inclusione accelera la crescita economica delle aziende. I brand che investono sulla diversity&inclusion registrano un +23% di ricavi, rispetto ai brand non inclusivi. Ciò significa anche che il 77,5% dei clienti intervistati sceglie con convinzione un’azienda inclusiva, rispetto ai marchi non percepiti come tali. I bambini dei “calzini spaiati” fanno scuola ai genitori ed in famiglia.
Abbiamo anche il “Sistema di certificazione della parità di genere” come intervento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che accompagna e incentiva le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il divario di genere in tutte le aree maggiormente critiche per la crescita professionale delle donne.
E poi il tema LGBTQ+ che è una realtà di normalità nella società.
I bambini, i genitori, le famiglie indossano calzini diversi non solo come gesto divertente, ma un modo per ricordare che le differenze ci rendono uguali. Un piccolo segno di solidarietà che, con un tocco di colore, lancia un grande messaggio di accettazione e rispetto. L’inclusività e la valorizzazione delle diversità in azienda rappresentano un’opportunità per creare valore e avere successo. Le aziende che hanno team di lavoro eterogenei e che svolgono iniziative per ridurre il gender-gap generano profitti più alti e migliorano la qualità delle performance aziendali, rispetto alle imprese con personale più omogeneo possibile e uniforme. Ed estirpare il bullismo.
Questo tema in generale, infatti, non è solo sociale, ma anche economico. Riflette la capacità di un’azienda di creare un ambiente di lavoro, in cui le differenze tra le persone sono valorizzate e contribuiscono a generare valore.
Ogni dipendente si sente a suo agio all’interno dell’organizzazione aziendale, riuscendo ad esprimere al meglio il suo potenziale.
l “calzini spaiati” a favore della diversità declinata in :genere e pari opportunità, etnica, religiosa, sociale, politica e culturale.
Ed inoltre divario generazionale, orientamento sessuale (LGBTQ+), carichi familiari e genitorialità, istruzione, formazione e ruolo professionale, funzionale e abilità fisiche, neurodiversità , in chi soffre della Trisomia 21 (sindrome di Down) ,gli ipovedenti(quanti operatori del centralino)che sono ,se gestiti bene, “plus” aziendali.
Tutti, con il proprio talento, i punti di vista e le proprie idee uniche e diverse, la propria etnia partecipano al raggiungimento dei risultati aziendali.