Premessa
Le riflessioni che seguono analizzano le basi etiche e religiose del sistema finanziario islamico, radicato nei princìpi della Shari’a, che proibisce usura (riba), speculazione (gharar) e investimenti in settori illeciti (come alcol e armi). Le banche islamiche si distinguono per l’attenzione alla giustizia sociale e alla condivisione dei rischi, piuttosto che al profitto. Si approfondisce della crescita della finanza islamica anche nei mercati occidentali, grazie ai prodotti finanziari conformi alla Shari’a, evidenziando la tensione tra princìpi religiosi e innovazione. Viene posta in evidenza la sfida di conciliare i princìpi religiosi con la realtà del mercato globale, sottolineando il potenziale di espansione della finanza islamica, specialmente in Europa.
Parte I La definizione di finanza islamica
Si può definire finanza islamica l’insieme delle banche commerciali e dei fondi di investimento, che operano nel rispetto della Shari’ha, cioè della legge islamica e dei princìpi religiosi, presenti nel Corano. Il libro sacro dell’Islam giudica gli interessi finanziari sui capitali (riba) e la speculazione finanziaria stessa, come una forma di usura e di strozzinaggio (gharar). Fa divieto, cioè, che il denaro “fermo” possa generare, di per sé, altro danaro. Ne discende che la finanza islamica, a differenza di quella occidentale, non possa guadagnare interessi. Una banca islamica, pertanto, non concede mutui a interesse per l’acquisto di una casa, ma acquista direttamente la casa, cedendola in affitto al richiedente, il quale si impegna a onorare un piano di rate mensili e, a conclusione del piano, diventa il legittimo proprietario dell’immobile.
Nella finanza islamica prevale l’aspetto “sociale” dell’investimento, con conseguente divieto assoluto di investire in tutti settori proibiti dalla legge coranica, a partire da armi, droga, pornografia, bevande alcoliche e carne di maiale. La finanza islamica si propone, quindi, di tutelare e di promuovere i valori, i princìpi e le regole dell’Islam.
Essa non opera soltanto nei Paesi islamici, come generalmente si può ritenere, ma anche nel mondo occidentale (USA, Inghilterra, Germania e Francia), dove sono numerose le comunità islamiche che non vogliono utilizzare, per finanziarsi, strumenti finanziari illeciti (haram), ma strumenti religiosamente leciti (halal).
Il che non vale al contrario, perché sempre più numerose imprese occidentali o cittadini europei fanno ricorso, per investire, alla finanza islamica. A tutt’oggi, i capitali, amministrati dalla finanza islamica, nel mondo, sono stimati nell’ordine di 2.200 miliardi di dollari.
Della finanza islamica, costituisce, ormai, il simbolo visibile e vitale, nonché la crescente potenza, sulla skyline di Londra, la “Scheggia di Vetro” (Shard of Glass), che sfida, come la vetta più alta, il cielo della capitale del Regno Unito, realizzata, da Renzo Piano, principalmente con i capitali (l’80%) del Qatar.
Il valore degli assets della “shri’ha compliant” è passato dai 5 miliardi di dollari del 1980 ai 2000 del 2024. Anche il mercato delle obbligazioni islamiche (sukuk) sta conoscendo un’enorme fase di espansione, con un tetto di 850 miliardi di dollari, nel 2024, e tassi di insolvenza quasi nulli. Le banche islamiche e i fondi di investimento, in particolare, sono presenti massicciamente anche sul mercato finanziario internazionale.
Tra i Paesi europei, il Regno Unito è stato, in ordine di tempo, il primo ad aver accolto ben cinque banche islamiche, modificando anche la propria legislazione, in quanto la finanza islamica opera secondo princìpi etici e religiosi, in ossequio alla legge coranica, e secondo regole, che sono alternative alla tradizionale finanza cartolare dell’Occidente (divieto degli interessi; condivisione di rischi e profitti tra creditore e debitore; divieto di speculazione; divieto di investimento in settori, ritenuti illeciti; indissolubile legame tra strumento finanziario ed economia reale).
Non sono da meno Parigi (dal 2011, i parigini possono aprire il loro conto corrente presso la Chaabi Bank, filiale della Banca Popolare del Marocco) e Berlino (la Deutsche Bank guida la fila di joint venture con banche islamiche), che si collocano dopo Londra, nel favorire, con l’adattamento delle norme interne, l’ingresso sul loro territorio di prodotti di finanza islamica, al fine di competere, con la capitale britannica, come centri finanziari internazionali.
Non sono mancate polemiche, da parte di chi vede, in questa penetrazione, i rischi di islamizzazione dell’Occidente, per via finanziaria, anche perché le banche islamiche sono tenute a versare il 2,5% dei loro profitti (zakat) a enti e associazioni di beneficenza islamica, anche per la “causa di Allah” (fi sabil Allah). Al di fuori dell’Europa, la finanza islamica opera principalmente sulle direttrici africane (Senegal, Nigeria e Kenia) e mediorientali, con un incremento complessivo, nel 2023, di 700 miliari di dollari.
Non è stata esente la Cina, dove il governo di Pechino ha autorizzato, già nel 2012, sul territorio cinese, l’apertura del primo istituto finanziario islamico. Appare evidente, di fronte alla crisi dei mercati finanziari occidentali, delle bolle e della speculazione, cioè del distacco crescente della finanza tradizionale dall’economia reale, quanto sia attraente una finanza, come quella islamica, che si ispira a princìpi etici e religiosi, nonché sull’adesione della stessa all’economia reale.
Il dubbio ricorrente riguarda il fattore tempo: se la finanza islamica riuscirà, a contatto con quella occidentale, a mantenersi fedele ai suoi principi ispiratori, presenti nel Corano. Nel dettaglio, i contratti finanziari islamici devono rispettare le regole della Muamalat, quella parte della Shari’ha, che disciplina i comportamenti da tenere nell’economia e nella finanza. Secondo il Corano, Dio ha creato ogni cosa, nella giusta quantità, per soddisfare i bisogni umani (gli esseri umani sono i “custodi di Dio nel mondo”; la proprietà privata è un “prestito” da parte di Dio; la gestione dei beni deve avvenire, quindi, nel rispetto dei principi religiosi), per cui la scarsità delle risorse deriva solo dall’egoismo e dall’ingordigia umana, cioè dal processo di accumulazione capitalistica: l’homo islamicus non coincide con l’homo oeconomicus.
Da questa premessa discendono i cinque pilastri, già sopra accennati: 1) il divieto di percepire interessi (riba);
2) il divieto di speculare (gharar);
3) il divieto di finanziare settori, banditi dalla Shari’ha;
4) il divieto di scindere la transazione finanziaria dall’asset di riferimento, che deve essere tangibile ed identificabile;
5) l’obbligo della purificazione del patrimonio, con la corresponsione di un’offerta, che può essere obbligatoria (zakat) o volontaria (sadaqat).
La finanza islamica ha due obiettivi: economico (conservazione del capitale, massimizzazione dei guadagni, equilibrio tra liquidità e profittabilità); religioso (rispetto assoluto dei precetti coranici, nel possesso di beni legittimi, halal, e nel respingimento dei beni illegittimi, haram). Nella finanza islamica non esiste la concorrenza, ma la cooperazione, per cui le partnership e i contratti finanziari islamici possono essere di quattro tipologie: prestiti sintetici (debt-based: salam, istisna, murabaha), realizzati con accordi di vendita-riacquisto di asset oppure di vendita di asset, detenuti da terzi per conto del debitore (back-to-back); contratti di lease (asset–based: ijarah), realizzati con un accordo di vendita-riacquisto in leasing o mediante lease di asset acquisiti da terze parti con obbligazione al riacquisto (lease finanziario); contratti profit-loss sharing (PLS; equity-based: mudaraba e musharakah), nei quali solamente una banca fornisce il finanziamento e l’imprenditore tempo e lavoro; obbligazioni islamiche (sukuk), di recente formulazione, che, a causa della proibizione dei tassi di interesse, consentono il rifinanziamento delle banche. Sui rischi, le banche islamiche devono affrontare non solo gli stessi rischi convenzionali (insolvenze; fluttuazioni delle materie prime; gestione della liquidità; rischi di mercato; rischi legali; rischi regolamentari), ma anche un rischio tipico della finanza islamica, lo “Shari’ha risk”, quello di non adempiere correttamente la condivisione o non rispettare i precetti religiosi della legge coranica. Sul fronte assicurativo, si evidenzia tutta la differenza tra la finanza islamica e quella occidentale, in quanto gli islamici non possono sottoscrivere contratti di assicurazione tradizionali (assicurare una casa significherebbe trasferire il rischio ad una compagnia di assicurazione, la quale trasformerebbe i premi ricevuti in un reddito, in assenza del verificarsi dell’evento assicurato), per due divieti religiosi: ildivieto di incertezza (gharar); il divieto di scommessa (maysir).
Da qui, discende che l’assicurazione islamica (takaful) si realizza con il versamento di una contribuzione volontaria, da parte degli assicurati, ad un fondo comune, la cui gestione è affidata ad un terzo, al quale viene pagata una commissione: né l’assicurato, né il gestore si assumono singolarmente il rischio, ma in modo condiviso, nel pieno rispetto della legge islamica (contratto di mudaraba).
SEGNALIAMO
-
IL DIRITTO ALL’ENERGIA E’ LA CENERENTOLA DEI DIRITTI UMANI
Senza energia non si vive e la consapevolezza è che al fine di proteggere e garantire molti diritti umani è necessario avere accesso all’energia. Affermazione drammatica e d’effetto? La povertà energetica colpisce circa 1.6 miliardi di persone (un terzo della popolazione mondiale) Cica 790 milioni di persone non hanno accesso all’elettricità e ad impianti cottura…
-
MARISA BELLISARIO
5 novembre 1987: la Fiat dirama un comunicato ufficiale in cui dà notizia di aver inviato una lettera alla STET (società finanziaria dell’IRI che detiene le partecipazioni azionarie pubbliche nel settore telefonico, che progetta la fusione di Telettra, società del gruppo Fiat, con la Italtel del gruppo STET) in cui annuncia che la fusione Telettra…
-
I NOBEL DELL’ECONOMIA: MODELLO INCLUSIONE!
I due premi Nobel dell’economia 2024 Daron Acemoglu e James A Robinson nel loro libro “Perché le nazioni falliscono” hanno un approccio quasi da storici che usano la metodologia storiografica basata su metodi di indagine, interpretazione e ricerche storiche la cui appropriatezza è collegata alla veridicità delle fonti , alla loro interpretazione ed alla sostenibilità.…
-
I FONDAMENTI RELIGIOSI DELLA FINANZA ISLAMICA, CONCLUSIONI
Parte VII In conclusione di questa serie di riflessioni sulla finanza islamica può essere interessante accennare, in sintesi, alle sue future prospettive a livello internazionale, in Europa e in Italia, dopo aver enunciato i principali ostacoli, che ancora sussistono, per una forte espansione della finanza islamica: la mancanza di expertise (ridotto numero di professionisti applicabili…
-
L’UOMO CHE LEGGE: L’ECONOMIA FELICE
CONSIGLI DI LETTURA DAL DIRETTORE Un nuovo pamphlet di Aldo Ferrara dal titolo “L’Economia Felice, da Keynes a Mattei”, che arricchisce la Collana “Conseguenze economiche delle crisi globali”. Il volume prosegue nel solco del precedente dedicato al Fondatore dell’ENI, “ Enrico Mattei, il visionario”(Ed. Agora&CO, 2022) marcando un nuovo campo di osservazione storica, quella del…
-
MILLENARIO NORMANNO
Millenario normanno. Lettera dalla Normandia
-
QUESTA NAZIONE ( 2 ANNI DI GOVERNO MELONI )
-
HOT SPOT ALBANIA
Naufragio o rilancio tra odio e pacificazione ? Riempire il vuoto delle politiche attive dell’immigrazione. La “campagna d’Albania” è (ri)iniziata e male ma si cerca un recupero. Eppure le imprese italiane cercano 450mila persone da inserire nelle aziende. Non mancano solo alcune competenze ma mancano ormai anche le persone e il tasso di riproduzione delle…
-
LA FINANZA ISLAMICA TRA I PRINCÌPI RELIGIOSI E LA REALTÀ
I fondamenti religiosi della finanza islamica Parte VI Dall’esame dettagliato delle regole coraniche che governano la finanza islamica, ruotanti intorno ai fondamentali divieti di riba, di gharar e maysir, nonché alla logica associativa, risulta evidente come la finanza tradizionale, ai primi approcci con quella islamica, sia rimasta molto perplessa, ma la globalizzazione dell’economia ha imposto,…