È una domanda abbastanza ricorrente nel dibattito pubblico. In un paese in piena crisi demografica e politica, dove le prospettive future si fanno sempre più cupe, si guarda alle nuove generazioni come a un principe azzurro che approda in un castello in fiamme per salvare la principessa. Eppure, da ragazzo facente parte, almeno anagraficamente di questa “elite”, mi sento di fare alcune riflessioni in merito.
Diversi punti di vista, sono stati già avanzati e ampiamente triti e ritriti. Penso a un ultimo intervento in merito, di Oscar Farinetti, CEO di Eataly e imprenditore conosciutissimo anche per il suo carattere estroverso e conviviale. Farinetti non usa mezzi termini, “l’Italia verrà salvata dai ventenni” dichiara ad un’intervista al Corriere della Sera. Specificando che l’Italia è un paese che non può permettersi di fallire, previo il suo grande patrimonio storico, culturale e gastronomico. E i giovani sono importantissimi in questo senso, perché permettono quel ricambio umano volto a preservare questo equilibrio.
Altre parole vengono spese dall’archistar Renzo Piano, che riporta in una intervista a “Repubblica” una sua esperienza di viaggio in Giappone, dove è presente un tempio che periodicamente viene abbattuto dalle persone più anziane e ricostruito da quelle più giovani, in un circolo virtuoso che funge da scuola per questi ultimi.
Eppure. Complice, forse, la mia esperienza. Non mi sento così fiducioso nei confronti dei miei coetanei, o almeno non tutti, ma una sparuta minoranza di loro. Proprio oggi, infatti, mi ritrovavo a leggere un articolo su “il Post” a firma di Gaja Cenciarelli, in cui spiega in modo inequivocabile e basandosi sulla sua esperienza nelle scuole, quello che è lo stato culturale di molti giovani in Italia. Essenzialmente una riproposizione in salsa “tik tokiana” del retaggio culturale patriarcale e possessivo sempre esistito fino ad oggi.
Un fattore da considerare in ogni caso quando si parla di giovani generazioni, ed è chiaramente una banalità, ma repetita iuvant. È la loro capacità di assorbire come spugne ciò che hanno attorno, dai comportamenti genitoriali, alla cultura e al modo di porsi con il mondo. Se consideriamo che almeno in Italia (ma non solo) è molto presente un germe populista, ma io oserei a dire fascista, su cui non si è riusciti a fare i conti in modo sufficiente, potrei osare dicendo che tutti gli sforzi di sensibilizzazione su più fronti, dall’ambientalismo, al femminismo fino al passare per la consapevolezza del mondo diseguale che si sta creando, sono futili. Futili perché ogni volta che si prova a sensibilizzare, in una scuola o in qualsiasi luogo di aggregazione, ne risentirà in modo pesante del retropensiero già esistente.
Qualcuno potrebbe obbiettare, facendo notare quanto siano gremite le folle di giovani del Fridays For Future, Greta, le proteste scolastiche (premesso che personalmente non mi è mai capitato di assistere all’organizzazione di una protesta nell’istituto che frequento, e non per mia pigrizia ma proprio per la loro mancanza). Ecco, si tratta sempre di casi minoritari. Secondo i dati dell’istituto Ixé, riportati da Pagella politica, il 39% dei giovani tra i 18 e i 34 anni, ha votato per il solo partito di Giorgia Meloni, il PD per dire si ferma al 29%, senza considerare l’enorme mole di astensione che interessa quella fascia di età, oltre il 40%.
Altra questione. Definire cosa intendiamo per “salvare” il paese. Io posso immaginare da osservatore esterno, che per salvare il paese intendiamo lo scongiurare il default finanziario, e al cercare di ridurre il grande debito pubblico sulle nostre spalle. Bene, per fare questo, non tanto paradossalmente, bisognerà non garantire una pensione proprio alle persone della mia età che si affacciano in questo periodo della loro vita al mondo del lavoro. visto che, le risorse che dovrebbero essere destinate a loro, devono essere dirottate al pagamento del debito con le istituzioni finanziarie estere, e questo, produce a sua volta un de-finanziamento dell’istruzione e della ricerca. Proprio quei settori che servirebbero ai suddetti giovani per crearsi delle competenze per “salvare” il paese in declino. Direi che il cerchio si chiude.
E poi ci sarebbe da parlare del problema scolastico attuale, dei “cervelli” in fuga e dei NEET.
Ma sono problemi gia ampiamente trattati e a cui, evidentemente non c’è una risoluzione univoca che possa fare di tutta l’erba un fascio. Il massimo che la classe politica riesce a fare periodicamente è tirare fuori discorsi astrusi sulla meritocrazia, dimenticandosi che suddetta, è in opposizione al concetto stesso di democrazia che dovrebbe distinguere la cultura occidentale dal resto del globo terracqueo.
Quindi potrei dire che oggi abbiamo scovato una nuova fallacia logica da inserire nei manuali del buon argomentatore, cioè la “reductio ad iuvene”, tira fuori i giovani ogni volta in cui non sai proporre una risoluzione originale ad un problema. Per giunta, visto un certo rimbambimento sempre di matrice “tik tokiana”, mi verrebbe da dire, in modo un po’ pessimistico, che iniziano a mancare anche le facoltà mentali per la risoluzione di certi problemi, ma va bene lo stesso.
Il vero cambio di paradigma, sia per superare la reductio ad iuvene sia il rimbambimento dei miei coetanei, è iniziare a rispolverare la dialettica Hegeliana. Tornare a discutere su tesi diverse, con idee diverse per problemi diversi tra loro e trovare un punto di accordo. Il problema rimane sempre il, come, coinvolgere questi giovani e soprattutto SE una parte di questi giovani è interessata all’attivismo politico e alla discussione. Non ci resta quindi, che ripartire dal basso, dal locale e dai territori e forse scopriremo se sono stato troppo pessimista oppure no.
NOTA DELL’EDITOR L’IMMAGIINE IN EVIDENZA E’ UN FOTOGRAMMA DAL CELEBRE “QUATERMASS, RINGSTONE ROUND” DOVE UN MOVIMENTO DI GIOVANI ALLA GRETA CONFONDE UN SACRIFICIO DI MASSA CON UN TELETRASPORTO DIRETTO IN UN ALTRO PIANETA.
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