I due premi Nobel dell’economia 2024 Daron Acemoglu e James A Robinson nel loro libro “Perché le nazioni falliscono” hanno un approccio quasi da storici che usano la metodologia storiografica basata su metodi di indagine, interpretazione e ricerche storiche la cui appropriatezza è collegata alla veridicità delle fonti , alla loro interpretazione ed alla sostenibilità. Oltrechè storici sono dei cronisti che calligraficamente raccontano le evoluzioni economiche e sociali dei fatti. Da questa “banca di informazioni e cronache” nascono le loro idee di economisti. Per esempio si pongono la domanda del perché circa 500 anni fa il Messico, stato atzeco, era più ricco dei territori-stati a nord e rispetto agli Stati uniti e fu più ricco fino al 1800 ed in seguito entrò in depressione e povertà.
I nostri autori osservano che le differenze economiche si sono evidenziate negli ultimi due secoli e questo è il vero snodo.
Con un approccio controfattuale ci si potrebbe domandare : se la Glorious Revolution (Seconda Rivoluzione inglese) e la rivoluzione industriale fossero avvenute in Perù questa nazione avrebbe potuto colonizzare l’Europa occidentale e schiavizzare i bianchi? Potrebbe essere vero o sarebbe solo un gioco teorico e fantasioso? La rivoluzione industriale si sviluppò in Inghilterra , la Glorious Revolution sdoganò il diritto di proprietà, ”diede aria” al commercio estero, liberalizzò i confini dell’industria. Quindi finestre e porte aperte ai talenti e l’Inghilterra seppe cogliere il pluralismo e la creatività(James Watt per esempio con la macchina a vapore).
La risposta dipende dalla visione degli assetti istituzionali degli stati che possono essere estrattivi o inclusivi. E questa distinzione si puo’ anche applicare alle imprese-aziende. Ed inoltre si può interpretare come mai alcune opzioni inclusive si sono sviluppate in certi paesi e non in altre, in certe aziende e non in altre.
Il concetto estrattivo è centripeto e concentrato, è un bella torre d’avorio dove vivono i pochi che hanno il potere. E’ autoreferenziale perché consuma le grandi ricchezze senza sviluppare il futuro. Nelle imprese-aziende estrattive non necessariamente si compiono errori gestionali, ma si fanno scelte che si “guardano l’ombelico” e non analizzano le variabili emergenti. Per esempio il cambiamento climatico, il “prius” sociale che genera ricchezza e non viceversa, uno shareholderism che esclude lo stakeholderism.
Il concetto inclusivo sviluppa il futuro, distribuisce il potere e sposa il pluralismo; è un approccio dinamico che va oltre il traguardo fissato perché lo sposta continuamente in avanti. L’organizzazione estrattiva è quella che si struttura gerarchicamente con relazioni strette ed a volte anche asfittiche mentre l’organizzazione inclusiva si basa sulle relazioni e sulla resilienza. Non necessariamente l’approccio estrattivo è a basso sviluppo economico ma non è duraturo e non è innovativo perchè tesaurizza la ricchezza e la consuma senza prospettare un effetto leva delle risorse. Quindi non adotta la distruzione creatrice
Le istituzioni economiche inclusive fanno rispettare i diritti di proprietà ,offrono pari opportunità, incoraggiano gli investimenti in nuove tecnologie e in competenze ,conducono alla crescita economica più facilmente delle istituzioni economiche estrattive che invece ,con una strutturazione stretta, consentono a pochi il prelievo delle risorse di molti, non tutelano i diritti proprietà e non forniscono gli incentivi all’attività economica.
La risposta alla domanda iniziale sul Perù riguardo alla sua povertà rispetto all’Europa occidentale e agli Stati Uniti non dipende dal suo posizionamento geografico e culturale, ma dal processo storico del suo sviluppo istituzionale. Inoltre il Perù avrebbe potuto contrapporsi alla colonizzazione ed i colonizzatori avrebbero potuto essere i cinesi o gli stessi inca.
Ma ciò non è avvenuto perché l’Europa occidentale aveva superato le Americhe e la Cina era diventata autarchica.
A fronte di questa impostazione torniamo al concetto di impresa sociale come impresa utile allo sviluppo perché essa è inclusiva, ha uno scopo condiviso, misura e valuta i risultati, si pone in logica di filiera addizionale ed ha una concezione del profitto “non ad escludendum”, ma in logica distributiva. E’ l’impresa sociale inclusiva e non estrattiva.
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