… IMPEGNO CIVILE E TESTIMONIANZA DI VERITÀ
Sul significato del 25 aprile ha pronunciato parole inequivoche il Presidente Mattarella due anni fa: “Il 25 aprile rappresenta la data fondativa della nostra democrazia. Una data in cui il popolo e le Forze alleate liberarono la nostra Patria dal giogo imposto dal nazifascismo. Un popolo in armi per affermare il proprio diritto alla pace dopo la guerra voluta dal regime fascista. La libertà non è mai acquisita una volta per sempre e, per essa, occorre sapersi impegnare senza riserve. Nella ricorrenza della data che mise fine alle ostilità sul nostro territorio, viene un appello alla pace. Alla pace, non ad arrendersi di fronte alla prepotenza”.
Per interpretare seriamente il ruolo di un’Italia che sappia di essere figlia di un 25 aprile così inteso, oggi tuttavia va tenuta presente anche la lectio magistralis del Governatore di Bankitalia Fabio Panetta in occasione del conferimento della laurea honoris causa in scienze giuridiche banca e finanza presso l’Università degli Studi di Roma Tre. Un discorso importante (riprodotto integralmente su Il Foglio) che colloca le sfide attuali dell’Italia nel quadro delle tensioni geopolitiche mondiali e dei compiti dell’Europa per un nuovo equilibrio: unità interna, autonomia per la sicurezza esterna, capacità di essere competitivi nel mondo delle insicurezze.
La pace va difesa anche con le armi, il sovranismo è un grave handicap, la globalizzazione e la libera competizione sono invece garanzia per la pace e la prosperità della società aperta. Dunque, un discorso contro le politiche estremiste, contro l’antieuropeismo, contro ogni forma di populismo e di demagogia.
È alla luce di un pensiero come questo, in cui i discorsi di Panetta e di Mattarella convergono senza sforzo nel delineare i compiti di una politica della responsabilità democratica, che emerge la necessità di guardare al 25 aprile come occasione di rafforzamento dello spirito costituzionale e non invece delle contrapposizioni strumentali che più sono lontane dalla realtà e più la falsificano.
Dobbiamo perciò coltivare la memoria con serietà e rigore e nel contempo rifuggire dalla tentazione di vedere il fascismo come regime che sboccia in continuazione, evitando così ameno di tradire lo sforzo che a suo tempo ha fatto Umberto Eco di individuarne le “caratteristiche tipiche”. Diceva Eco nel suo famoso scritto sull’Ur-Fascismo: «Il fascismo era un totalitarismo fuzzy. Il fascismo non era una ideologia monolitica, ma piuttosto un collage di diverse idee politiche e filosofiche, un alveare di contraddizioni».
Su questa base l’antifascismo diventa per forza di logica lotta culturale e politica non contro un regime eternamente esistente ma per affermare libertà e democrazia, stato di diritto, società aperta e giustizia. E battaglia aperta contro le nuove forme di oppressione, contro i movimenti e i regimi negatori di libero pensiero, di libera parola, di libera scelta del proprio destino.
Insomma, contro le nuove manifestazioni di totalitarismo, che hanno oggi la loro espressione più compiuta nel regime politico-teocratico della Russia di Putin, che aggredisce e massacra l’Ucraina, e nel regime teocratico-politico dell’Iran degli Ayalollah, che arma, indirizza e gestisce Hamas, gli Houthi e gli Hezbollah per “Palestina libera dal fiume al mare”, innescando quella guerra atipica oggi in corso in cui, dopo il nuovo olocausto del 7 ottobre di ebrei innocenti, perdono la vita migliaia e migliaia di poveri palestinesi sotto i bombardamenti israeliani di fatto mandati al macello da Hamas per proteggere i propri capi e i propri miliziani.
Celebrare il 25 aprile nel significato che abbiamo cercato di vedervi alla luce del pensiero di Mattarella e di quello di Panetta non può significare perciò né accettare il negazionismo sotto qualsiasi forma si presenti, né coltivare la cancel culture anche nella sua forma più attenuata, né tanto meno stare dalla parte di chi vorrebbe la resa dell’Ucraina, la scomparsa di Israele o la rottura della collaborazione delle nostre università con le università israeliane.
Non può significare nemmeno indifferenza nei confronti del massacro dei diritti delle donne in Iran e Afghanistan, né dei diritti delle minoranze in Cina e in una vasta platea di paesi del cosiddetto Sud mondiale in odio al perverso occidente, le cui colpe vanno sempre denunciate ma per rafforzare libertà e democrazia e non certo per distruggere le conquiste delle generazioni che hanno combattuto i fascismi e il nazismo. Lo spirito democratico del 25 aprile è educazione alla libertà e all’impegno civile dei giovani, è stimolo perché le istituzioni democratiche operino per il benessere dei cittadini senza alcuna discriminazione e non consente che gli ideali di libertà di pensiero e di parola, di giustizia e stato di diritto, vengano affermati con gli occhi bendati a seconda della direzione in cui si volge lo sguardo.
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