l’ultradecennale e periodica correzione elettorale delle oligarchie è stata esaltata dalla aumentata percentuale delle astensioni
in mancanza di una proposta politica di governo, fallito il “campo ed il campetto largo”, il PD si avvita in una profonda crisi esistenziale
alla sinistra del PD si afferma un dimezzato 5S che cambia ancora una volta pelle
tragica sconfitta della LEGA che coi voti della Meloni “nomina” lo stesso numero di eletti del PD
Berlusconi perde il 50% dei voti ma è felice perché torna in Parlamento
la tradizionale culla della sinistra, Emilia e Toscana, passa alla destra l’on. Meloni preoccupata dalla soddisfazione estera limitata a Orban, Le Pen, Putin e Trump l’8% di Azione sottolinea la fine del bipolarismo
Quest’articolo è pubblicato non casualmente poche ore dopo la chiusura dei seggi. IL NUOVO MONDO ha ritenuto ragionevole, in queste settimane estive velocemente trascorse, di non partecipare alla baruffa che ha dato spettacolo ad un esterrefatto popolo che si è recato alle urne, per la prima volta nella storia repubblicana, solo con il 63,9% degli aventi diritto.
Come è ovvio non è possibile attribuire indicazioni specifiche alle ragioni che hanno provocato la decisione di non votare ma si possono trarre riflessioni d’ordine generale; tra queste la convinzione che qualsiasi voto non avrebbe potuto scardinare un sistema che non consente di sfuggire al potere di oligarchie che- col sussidio di leggi elettorali contestate soltanto a parole- escludono per gli elettori di votare chi, a suo giudizio, possa meglio interpretare nel Parlamento opzioni e operare scelte che sono tipiche, nella democrazia occidentale, dei poteri di controllo e legislativi “costituzionalmente” affidati ai membri delle Camere.
Probabilmente una parte non piccola di elettori è stata confusa nei passati sessanta giorni da contradditori proposte presentate, con l’eccezione della onorevole Meloni e dell’onorevole Calenda, nell’ambito di tragici ed ineluttabili scenari : rafforzamenti o clamorose uscite dalle Alleanze militari e politiche; scelte “sovrane” nelle sanzioni alla Russia, aiuti ed armi all’Ucraina; Italexit, all’Italiana si capisce, con modifiche unilaterali dei rimborsi dei debiti futuri contratti per il PNRR; messa in atto di politiche autonome dal sistema decisionale UE nella politica energetica e magari – ignorando la Costituzione ed i Trattati- operare per trasformare la UE in una sorta di Confederazione soprattutto dedita a favorire i commerci. magari anche militari, ma- sorvolando sulla connessione Euro-BCE (valuta e debito) – invocando l’assenza di poteri europei rispetto alle singole politiche nazionali finanziarie ed, in generale, derubricando i poteri sovranazionali a favore della legislazione locale ; sfide a superpoteri economici o imperialismi ( marcati USA) per un supposto sostegno, tramite un fantasioso Lord protettore impersonato dal dottor Draghi, ad una offensivamente supposta debole (intellettivamente o per formazione) onorevole Meloni; alternanti appelli o richiami al pericolo “fascista”, accompagnati da endorsement di riconoscimento democratico della leader di Fratelli d’Italia, in nome di un inesistente bipolarismo; patetiche amnesie su impraticabili ed opposte idee su scostamenti di bilancio, flat tax, pensioni a 41 anni di contributi, reddito di cittadinanza e panoplie di offerte assistenziali non indicando la fonte delle risorse necessarie ad esclusione di debito aggiuntivo( naturalmente promettendo di non tagliare la già striminzita spesa pubblica nazionale e di non mettere mano alla redistribuzione ed aumento del carico fiscale sinora riservato nell’Irpef al solo 48% dei contribuenti); divertenti compromessi istituzionali sul generico presidenzialismo, devastante quanto l’autonomia differenziata di Salvini ove non fosse messa mano- come necessario- ad una organica e totale riforma costituzionale. E si potrebbe continuare …
Meglio non soffermarsi sui sondaggi, un potere che da tempo ha conquistato il trono dal quale si governa giorno per giorno. Non mi soffermo perché non è importante se la coralità dei vaticinanti sociologi, indicando con continuità la vittoria o la sconfitta di questo o quello, rischi di essere in alcune occasioni un indirizzo per il voto (tanto vale stare con chi vince piuttosto che con chi perde) oppure la spinta a disertare le urne (se tizio ha già vinto o perso che senso ha il mio voto?); né è importante soffermarsi sulla previsione –politicamente evidente-della schiacciante vittoria del litigioso centrodestra.
La coralità dei sondaggisti ha fatto finta che gli italiani, per i motivi più diversi, fossero disponibili ad accettare o subire il mantra della “seconda” Repubblica: il bipolarismo e, ad opinioni oramai formatasi si sono accorti che la lista Conte, Azione-IV, erano sottovalutati e Lega e FI sopravvalutati. D’altronde non è un vizio esclusivamente italiano; basta pensare a fallaci previsioni: la mancata vittoria di Hillary Clinton, ad esempio, oppure che da ben più di dieci anni la famosa società Gallup (che ha inventato i sondaggi elettorali) non è riuscita a prevedere nelle elezioni federali USA e nelle principali città un solo risultato.
In Italia poi: la mancata partecipazione al voto ed il grande distacco tra NO e SI nel referendum sulla Costituzione, che accompagnò il senatore Renzi in panchina; la perdita importante di consenso del M5S nelle europee del 2019, la sottovalutazione incredibile del voto a favore dell’onorevole Calenda nelle elezioni del 2021 a Roma; il sorpasso nel 2018 della Lega su Forza Italia; la disconoscenza della attrattiva elettorale dei 5S nelle elezioni del 2013. E, anche su questo, si potrebbe continuare…Le sorprese sono dietro l’angolo perché solo il determinismo sociale presuppone la ineluttabilità del comportamento umano e la comprensione totale della moltitudine degli interessi che ciascuno individualmente elabora nella valutazione dei suoi desideri, bisogni, all’interno del sistema sociale nel quale si considera integrato o marginalizzato.
Il fatto è che, nonostante l’ovvietà teorica dei limiti della democrazia, appesantiti dalla inadeguatezza della attuale Legge elettorale che- a scrutini conclusi- sarà considerata da tutti il capro espiatorio naturale sia degli sconfitti che di chi non otterrà i risultati sperati- non possiamo che ricordare la valutazione del filosofo tedesco Karl Popper, il quale definì, tra l’altro, la democrazia come lo strumento col quale si misura il giudizio del popolo sulle attività svolte o sui programmi presentati, piuttosto che il “governo” del popolo, ben altrimenti esercitato.
Se c’è, e non soltanto in Italia, una democrazia “giudicante”, piuttosto che “rappresentativa”, possiamo usare questo astrolabio per navigare e misurare l’altezza delle stelle politiche che brillano nei cieli nostrani. Il M5S scelto dal 15% dei votanti, che nel 2018 raccolse il 32% di consensi espressi, va considerato vincente o perdente? In effetti è perdente se considerato in base al dimezzamento dei consensi, vincente se si valuta che Conte ha messo mano ai vecchi presupposti che erano alla base del populismo organizzato da Grillo e Casaleggio.
Conte facendo cadere Draghi ha rischiato, ha creato danno alla nazione ed alla reputazione dello Stato, ma, ha formato un nuovo contenitore per interessi assistenzialistici e neopopulisti, pseudocomunisti. FI/Berlusconi è passato dal 14% raccolto alle Camere nel 2018 all’8%. È corretto dichiarare che, ammesso sia mai esistito un centro delimitato a destra nello stesso tempo Popolare ed Europeo, il crollo quantitativo dei consensi e politico va valutato come evidente dimostrazione che il cartello elettorale di centrodestra, tecnicamente vincente, è politicamente debole. La Lega scesa dal 18% al 9% è una lista la cui sconfitta va letta come un giudizio negativo su Salvini in versione Papeete o per i legami della Lega con il partito di Putin, palesemente sanciti da un accordo di cooperazione in “concrete” politiche di vicendevole sostegno rinnovato durante l’aggressione russa all’Ucraina? oppure gli operatori economici del Nord hanno tolto il loro sostegno paventando l’inefficacia del progetto di politica economica e di bilancio che ha motivato la sfiducia al governo Draghi nel pieno di una crisi mondiale?
L’onorevole Meloni si è guadagnata, anche per suoi oppositori, plauso e benevola attenzione per il suo futuro perché è stata coerentemente all’opposizione in tutta la passata legislatura e tuttavia ha captato a differenza dalle altre liste che tradizionalmente attingevano consenso nello stesso ambito elettorale (5S, Lega, NO a tutto Vax , termovalorizzatori, infrastrutture etc.) che era mutata la qualità del dissenso antiistituzionale di una larga parte dell’elettorato, anche a causa delle implicazioni sociali generate dalla pandemia e dalla crescenti difficoltà economiche. La “democrazia giudicante” non si contenta più, ha compreso Meloni, della lotta alle “caste”, alle “burocrazie pubbliche”, ai mancati nuovi poteri delegabili alle Regioni, ma esprime un giudizio positivo alla attività di governo del dott. Draghi e delle garanzie istituzionali guidate dal Presidente Mattarella e nello stesso tempo chiede alla politica di fare il suo mestiere senza usare il potere difficilmente scalfibile di un ceto “non” politico e per di più raramente “tecnico”, ma sostanzialmente formato da alta burocrazia “nominata” dalle oligarchie politiche.
Meloni ha compreso che questo terzo populismo – dopo quello che si riferisce alla falsa rivoluzione di “mani pulite”, quello anticasta dei 5S e quello della Lega Papeete, violentemente antiistituzionale e furbescamente antimmigrazione col rosario in mano, nonché sostanzialmente legato ai privilegi fiscali a spese dei lavoratori dipendenti e dei pensionati- nasceva, sotto la spinta accelerante dell’invasione aggressiva dell’Ucraina e dalla crisi energetica, l’esigenza di un nuovo contenitore capace di portare il populismo in un quadro sovranista.
L’onorevole Meloni sa che nonostante l’aiuto garantito dalla legge elettorale per il numero di seggi attribuibili alla Camera e in modo diverso al Senato (per il diverso metodo di conteggio dei resti e delle percentuali su base nazionale o regionale) la sua vittoria è più che sufficiente per formare una solida maggioranza, ma anche che il tracollo leghista e forzista nelle urne. pur sanato a spese del suo partito in seggi, potrebbe trasformare la sua vittoria in una penosa contesa quotidiana del necessario consenso parlamentare. In più la forte astensione dimostra che la maggioranza acquisita grazie ai meccanismi della legge elettorale non è assolutamente maggioranza nel paese, anzi.
Dopo aver rivendicato il sovranismo nell’ambito giuridico (la Legge italiana è prevalente su quella Europea) oggi l’onorevole Meloni sa di doversi misurare con il dettato degli articoli 11 e 117 della Costituzione, che specificano quando e come i Trattati e le Leggi europee sono invece prevalenti sul diritto nazionale.
Il che non significa che la destra prossimamente a Palazzo Chigi non abbia la possibilità di rivendicare buone ragioni a Bruxelles, la prima fra tutte è quella di rimproverare la perdita graduale del passo con la Storia dell’Unione, che da soggetto politico attivo nel sistema multipolare è divenuta sempre meno propositiva dopo il crollo del muro di Berlino, simbolo della fine della guerra fredda persa dal sistema comunista, lo squagliamento della defunta URSS, l’unificazione della Germania, la aggressività anglosassone – alla quale molti imputano un ruolo attivo nell’aggressività delle campagne giudiziarie contro le democrazie europee non disponibili all’allineamento agli interessi di chi rivendicava la vittoria nella Guerra fredda-.
Tutti i giornali del mondo si pongono una domanda: dobbiamo spaventarci per la vittoria della Meloni, nonostante il dichiarato atlantismo? Sarebbe saggio che tutte le forze politiche ricordino quanto sosteneva De Gasperi: il Governo lavora per tutti i cittadini non soltanto per chi l’ha votato. Il che significa che tutti devono rivendicare l’assoluta legittimità del nuovo prossimo governo e che l’Italia è una solida democrazia; pur svolgendo senza trasformismi i duri doverosi compiti delle opposizioni e lamentandosi – come credo sia giusto – della inadeguata legge elettorale. Polemicamente alcune sinistre (qualifica abusata) cominceranno ipocritamente a rivendicare una sorta di linea rossa da non superare per non cadere nello spiacevole status di osservata speciale alla quale si è ridotta l’Ungheria di Orban e la Polonia per leggi definite liberticide di diritti individuali, dall’eutanasia, ai matrimoni omossessuali, all’aborto. Probabilmente la destra col rosario ostentato cercherà di mettere in difficoltà il futuro governo proponendo misure non sollecitate neanche dalla santa Sede. Vedremo cosa accadrà nel futuro: oggi è una ipotesi accademica.
Io non credo che il 25 settembre sia la data di un funerale, certamente non so se è la data di un battesimo istituzionale. Certamente è il battesimo di una donna a Palazzo Chigi, espressa da una formazione dichiaratamente di destra accusata di connaturato maschilismo. Ed è la conferma della qualità politica di un metodo partecipativo che era tipico della prima Repubblica. Soltanto poche ore fa l’anziano fondatore di Forza Italia ha rivendicato di essere l’unico politico italiano che si sia impegnato in Parlamento e nel Governo provenendo dal mondo del lavoro. L’onorevole Meloni non è nata in una famiglia privilegiata ed ha lavorato duramente ma si è iscritta, come accadeva nei tempi passati, giovanissima (15 anni) ad un movimento politico ed ha percorso tappa per tappa un rilevante percorso politico, imparando ad ascoltare ed interpretare i messaggi che provengono dalla società. Governare è un difficile, a volte drammatico, esercizio. Spesso non si raggiungono i risultati sperati e quando questo accade c’è poco da gioire perché il conto si paga “alla romana”: tutti coloro che sono seduti al tavolo (i cittadini) pagano la loro parte di conto.
Un conto non saldato dal gruppo dirigente del PD, a cominciare dal suo segretario, ad ascoltare le dichiarazioni post voto, anzi dando l’idea di tentare di addebito della responsabilità della sconfitta al destino cinico e baro impersonato da un “fuoco amico”, l’onorevole Calenda.
L’onorevole Letta ha dimenticato il suo impegno per il fallito “campo largo” divenuto arido campetto, ed ha dimenticato la confusione che ha generato nell’elettorato alleandosi con quella parte della sinistra che ha votato 50 volte contro il governo Draghi – e dalla quale autorevoli esponenti come De Petris e Fassina si sono platealmente staccati, chi dichiarando il suo voto per la lista pentastellata e chi operando a favore di Conte – attaccando Conte per aver provocato la caduta del Governo Draghi (con l’astuta manina di Salvini e Tajani) costringendo Azione ed IV a sciogliere un patto elettorale appena concluso ed invitando la senatrice Bonino a sfidare Calenda con un perdente “dispetto”.
Soprattutto Letta ha dimenticato che il suo partito non ha colto l’urgenza di misurare la sinistra con un programma di grande respiro, dando l’impressione che il PD non sia soltanto una difficile amalgama di ex comunisti ed ex democristiani, pessima interpretazione del compromesso storico elaborata da Walter Veltroni, ma anche , e purtroppo, il contenitore di un blocco (perdente) di un sistema formato da magistrati, giornalisti, docenti, manager pubblici e privati, che hanno privilegiato sostegno e proposta riformatrice ad istanze considerate prioritarie (per facilità sintetica di accenno cito genericamente il puntiglioso lavoro della ex senatrice Monica Cirinnà) a fronte degli effetti causati dalla globale trasformazione del mondo del lavoro causata dalla eccezionale pressione della Rivoluzione Nbc ( nanotecnologia; biotecnologia; informatica). È un errore gravissimo, che mette a rischio la stessa esistenza del PD, non aver compreso la trasformazione del populismo, la trasmissione del nuovo concetto di sovranismo nell’Occidente (da Trump ad Orban a Le Pen, ma anche a Mélenchon, alla destra svedese ed ancora…) l’urgente necessità di allungare lo sguardo per colmare il deficit di attenzione, studio, preoccupazione e comunicazione attorno alla Nbc. Certamente il ritardo non è esclusiva responsabilità del PD nella sinistra democratica mondiale, segnatamente europea. Eppure, la triste conclusione della parabola socialista in Francia, l’appoggio del già citato Mélenchon a De Magistris, avrebbero dovuto far suonare un campanello d’allarme.
Così come una campana avrebbe dovuto ricordare al PD- che è solo un “partito amico” della SPD essendo uscito dalla Internazionale Socialista nella quale entrò grazie al difficile lavoro di Napolitano e Fassino e la complessa accettazione , come da Statuto, del PSI guidato dall’onorevole Craxi- che il sovranismo in Europa lo ha praticato la Germania e che il neo sovranismo di parte consistente dell’elettorato italiano ( non soltanto appartenente alla destra) è allarmato dalla pratica degli interessi di Berlino, a singhiozzo alternato europei.
Il PD non ha compreso che il nuovo populismo si è radicato nell’inconscio collettivo (nonché in alcuni populismi di nobile origine, penso alla Chiesa cattolica sudamericana, ad esempio, ed ai suoi autorevoli rappresentanti – tanto legati ad anacronistici giudizi antioccidentali e particolarmente antieuropei-) e che non basta pensare di sconfiggerlo con la “comunicazione”, cioè offrendo parole o concetti, più o meno eruditi, per descrivere una supposta realtà ma non proposte per incidere, per inaugurare politiche innovative, esasperando la negativa immagine di blocco neoconservatore antipopolare con la quale è valutata. Dramma per la democrazia “giudicante, direbbe Popper. Sebbene in forte ritardo, la telefonata di riconoscimento della vittoria della Meloni da parte dell’onorevole Letta è uno, seppur stitico, buon inizio.
A questo proposito non ho nutrito alcuna meraviglia alla notizia che si è logorato lo storico cordone ombelicale tra CGIL e sinistra tradizionale e che, tra i tesserati, chi vota 5S, pur essendo sottorappresentato nei gruppi dirigenti, è maggioritario negli opifici delle aree più industrializzate.
Quale futuro? Chi non si occupa di vaticini è bene che almeno prudentemente attenda la formazione delle Camere e del Governo. Un suggerimento, forse, si potrebbe azzardare alla lista guidata dall’onorevole Calenda che, anche chi più di altri, ha saputo interpretare il corretto metodo di governare gli interessi reali del paese, con un lusinghiero risultato a fronte di una caparbia opposizione, disconoscenza, distrazione di sondaggisti, televisioni, giornali ( penso come esempio, con amaro divertimento, alla presuntuosa ostilità di Bruno Vespa persino nei confronti delle autorità di controllo delle trasmissioni radiotelevisive). Il suggerimento è quello di guardare a come la onorevole Meloni ha forgiato un partito, creando e sviluppando dialogo, interazioni, ascolto con differenti componenti culturali e storiche.
L’impressione che Azione ha offerto è quella di una lista guidata da due politici assai convinti delle proprie qualità e poco capaci di coinvolgere quel mondo che deve o vuole condividere capacità, competenza, partecipando ad organismi moderni e democratici perché, proprio per la loro competenza, disdegnano il leaderismo.
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