Il CIVISMO D’AZIENDA NELL’IMPRESA SOCIALE

Dare una prospettiva ai movimenti civici in Italia non è solo un importante paradigma di tipo politico e sociale, ma è anche SCELTA importante di tipo economico finanziario ancorata ai territori che insieme compongono il “ sistema Italia”.

Infatti l’Italia è un insieme di “luoghi civici” e non di “spazi civici”.

In questo modo si esprime il senso civico della popolazione.

Senza una proiezione di tipo economico finanziario, intesa come tessuto connettivo , è difficile trovare la consistenza operativa anche di alcune proposte seppur molto affascinanti e interessanti.

Per fare questo dobbiamo sdoganare il civismo dell’azienda nell’ambito della gestione delle imprese sociali e trovare l’autentico nucleo portante nel rispetto dell’ambiente, dello sviluppo sociale e della governance condivisa e partecipata.

Il che permette alla comunità e alla collettività di misurare e valutare quanto c’è di greenwashing e socialwashing nell’agire degli attori economici considerando la prossimità di controllo dell’agire virtuoso- effettivo e non millantato delle imprese.

Come chiosa, però, dobbiamo dire che i processi di avvicinamento e di sviluppo della sostenibilità nonché della responsabilità sociale d’impresa passano anche attraverso l’attenzione, seppur minimale ed ostentativa ,nei confronti dell’ambiente ,del sociale e della governance.

Per attivare un processo bisogna avere un incipit del processo;altrimenti è tutta estetica.

Motivazioni per il civismo d’azienda:

1- l’orientamento di tipo finanziario che ritroviamo ormai nella richiesta di un rating di tipo ESG (Environmental, Social, Governance) riguardo ai flussi di tipo finanziario ed agli investimenti per le imprese.

2- il civismo dell’azienda è un elemento integrante dell’impresa sociale che sviluppa una parte della sua responsabilità sociale in raccordo con il territorio e con la comunità di riferimento.

3-creare un perimetro di tipo aperto e finitimo con riferimenti costanti a quelle che sono le proprie valenze di raccordo con le valenze dei territori contigui e con i quali si fa territorio di area, di tessuto metropolitano, di regione e di nazione e così via.Una rete civica istituzionale e di servizio.

Tre aspetti del CIVISMO D’AZIENDA:

  1. il raccordo con i dipendenti-capitale umano
  2. il raccordo con il territorio
  3. la responsabilità sociale d’impresa(CSR-Corporate Social Responsability)

    Un primo aspetto de civismo d’azienda è il raccordo con i dipendenti-capitale umano, non solo e non tanto per lo scambio lavoro- stipendio, ma anche per le condizioni di benessere dei dipendenti per il tramite del welfare aziendale nella sua esplicitazione operativa. Il wellbeing aziendale.

    Il benessere dei dipendenti è condizione di buon funzionamento e di successo di un’impresa; infatti le aziende sono fatte di persone e funzionano bene solo se le persone stanno bene.

    L’asset dei giovani si mostra molto interessato al welfare interno cioè welfare aziendale, formazione, conciliazione vita lavoro.

    Le condizioni di benessere hanno un ritorno sull’investimento in termini di assistenza socio sanitaria dei dipendenti perché riducono lo stress, l’assenteismo ed aumentano la motivazione e la disponibilità a professionalizzarsi.

    C’è un allargamento del concetto di welfare aziendale che da offerta di servizi ludici, integrativi in termini solo di vita domestica e non, si è ampliato al benessere di tipo fisico, psicologico, relazionale, sociale, culturale.

    Dalle ultime ricerche sembra che comunque “ascoltare e dialogare” sia la cifra critica per l’engagement del personale.

    È una opzione di tipo taylored.

    La conciliazione vita lavoro è composta da contratti di lavoro agili, parental leave, smart working ed altro.Si crea una flessibilità di rapporto.

    Anche le esigenze di caregiving familiare mostrano la loro evidenza e pertanto il civismo nel territorio sarebbe una condizione importante di supporto per avere la filiera fra offerta di opportunità di caregiving aziendale e caregiving del territorio.

    La parità di genere, il whistleblowing, e tutti quei servizi che attengono all’engagement delle donne in maternità e contrasto alla violenza domestica sono cifra di rilievo.


Un secondo aspetto del civismo d’azienda è il raccordo con il territorio che sviluppa capitale sociale, capitale umano, capitale di fiducia, capitale di sicurezza, capitale di attrattività che permette al territorio stesso di essere competitivo con gli altri territori e attrattivo rispetto a quelli che sono i flussi di domanda anche di tipo economico e di consumo .

(Il concetto di capitale sociale è utilizzato in accezioni molto differenziate che ne rendono difficile una concettualizzazione omogenea e condivisa. Può essere inteso, in effetti, come sinonimo di civicness (Putnam), di “fiducia” (Granovetter), di “regole culturali non scritte a chiare lettere” (Fukuyama).

Da una ricerca del Febbraio 2023, effettuata su 24 aziende di varia dimensione, si è infatti notato come una strategia dell’attrattività delle imprese sì traduce in una attrattività del territorio.

La traduzione aziendale e di sistema si traduce nella filiera di sussidiarietà orizzontale e circolare in modo tale che l’integrazione fra i vari attori(profit , non profit, pubblicI) e si traduce in una effettiva coprogettazione e coprogrammazione come peraltro strutturate nell’articolo 55 del D.LGS.117/17.

Il civismo dell’azienda passa anche attraverso la partnership con scuole università nonché con percorsi di Academy tali per cui i territori nella filiera esistente fra imprese, università, e popolazione creando una situazione virtuosa e di stabilizzazione delle competenze. Ribadendo il fatto che i territori , in questo modo, diventano sempre più attrattivi e competitivi.

L’ascolto degli stakeholders interni ed esterni all’azienda e un modo per fare civismo d’azienda e per esplicitare il proprio ruolo di impresa sociale.

È necessario però avere delle evoluzioni concettuali che inseriscono anche gli shareholders in questo tipo di integrazione tale per cui abbiamo l’integrazione fra stakeholderism con lo shareholderism.

  1. Un terzo aspetto del civismo aziendale attiene alla responsabilità sociale d’impresa(CSR-Corporate Social Responsability), che, al di là della narrativa estetica e dalla concettualizzazione di tipo generale ,su cui siamo tutti d’accordo, deve trovare degli ancoraggi concreti e delle misurazioni e valutazioni(KPIs) che traducono le “valorialità in valori” e che offrono elementi di nuovo paradigma per il valore dell’impresa nella sua dimensione di avviamento, stabilizzazione, prospettiva di M&A collegata anche all’ESG score.

    Si pensi che il prezzo di acquisizione di imprese “score ESG alto” sono risultate non solo più richieste,ma hanno avuto un incremento del 10% del prezzo(A.Giakoumelou, R.Randazzo, A.Salvi-ESGe M&A-Giuffrè ed.2023)

    Il che si traduce nella misurazione dell’intangible e tangible asset.

    Esempi di alcuni KPIs:
N° di posti di lavoro generati all’anno sul territorio;
Presenza si/no di volontariato d’impresa
n. percorsi di alternanza scuola lavoro
n. percorsi di collaborazione con centri di ricerca ed università
n. di apprendistato di primo e terzo livello avviati
Realizzazione -partecipazione progetti di riqualificazione aree verdi/rigenerazione

urbana

Oggi comunque si va sul mercato azionario e si valuta anche e sempre più il profilo della sostenibilità dell’impresa.

 Il primigenio concetto di sostenibilità e di responsabilità sociale come investimento per le future generazioni si sta declinando con esigenza di cercare competenze nuove e di aver mercato del lavoro, situazioni e interessi appassionanti e certificazioni non burocratiche, ma di sostanza operativa.

Il civismo d’azienda è parte del concetto di impresa sociale vista non nella sola dimensione di tipo giuridico(d.lgs.117/17), ma di tipo economico aziendale tale per cui tutte le imprese siano esse profit che non profit dovrebbero essere sociali. Ovviamente per quanto riguarda le organizzazioni pubbliche- aziende pubbliche, in re ipsa, sono delle imprese sociali.

Questo si sviluppa in un contesto ove la produzione di valore sociale è oggetto di evidente interesse e scelte aziendali sia da parte dell’imprenditoria tradizionale e profit, sia da parte delle istituzioni non profit e pubbliche.

La dinamica socio economica del “sistema paese” (Italia, ma anche altri paesi) ha creato un modello di assetto socio-economico e di welfare plurale e trasversale in cui tutte le imprese sociali, con intensità e peso diverso, hanno un ruolo rilevante in termini di “morfologia istituzionale”(sviluppo imprenditoriale, decentramento sociale, sussidiarietà, piani di zona, integrazione fra centro e periferie nelle città metropolitane, ecc.) e in termini di “funzionalità operativa”. Infatti si è sviluppato progressivamente un ruolo delle imprese profit che hanno compreso quanto il welfare sia complementare allo sviluppo aziendale ed economico del sistema.

Il welfare è nato e si è sviluppato per rispondere in modo “efficiente ed efficace”(ed in logica economico-aziendale anche con “economicità” e con una opzione di “partecipazione”) ai bisogni della popolazione. Si individua un processo di percezione dei bisogni che hanno un loro dinamismo tale da strutturare una pluralità di domande di servizi e da esigere una risposta interconnessa, ampia, universale e non una risposta solo per categorie (anziani, bambini, disabili, tossicodipendenti…).Quindi da un “welfare categoriale” ad un “welfare universalistico per sua natura integrato ed olistico” ed “ a protezione variabile”. 

Ma qual è il concetto di impresa sociale che genera il civismo d’azienda?Con quale relazione?

In primis dobbiamo considerare che il concetto di azienda è strumentale a qualsiasi tipo di organizzazione nel senso che l’azienda è “lo strumento operativo utile per raggiungere i risultati dell’organizzazione che sta a monte sia essa impresa, ente pubblico, organizzazione non profit e così via”. 

L’impresa sociale,in logica economico aziendale,si fonda sull’imprenditorialità sociale (non orientamento generico, ma “formula imprenditoriale sociale”) che è dinamismo aziendale basato su: 

  • purpose e intenzionalità sociale; 
  • misurazione, valutazione dell’impatto sociale e trasparenza(SROI,CONTROFATTUALE,ACB); 
  • addizionalità; 
  • continuità sussidiaria; 
  • massimizzazione relativa del profitto.[10] 
Purpose e Intenzionalità sociale
Addizionalità
Impresa ad impatto sociale-IISMisurazione,valutazione d’impatto e trasparenza
Continuità sussidiaria
Massimizzazione relativa del profitto

Purpose e Intenzionalità sociale 

Le imprese devono sviluppare attività economiche e sociali in modo determinato e con una volontà agìta per perseguire risultati positivi per il sistema territorio-pterritori nella sua accezione imprescindibile di sistema e comunità. 

L’aspetto teleologico a breve, medio, lungo termine del successo sociale ed economico dell’impresa sociale contestualizzata, integra in modo bilanciato, l’utilità degli stakeholders e l’interesse dei soggetti economici- shareholders. 

Il concetto dell’“a breve” solitamente è visto con grande sospetto, specialmente se collegato all’Impresa Sociale, perché evoca opportunismi speculativi, sfiducia nella finanza, collegamento con l’’avidità e la patologia dell’egoismo.  

In forma gergale è lo “short-termismo”. 

  • Una visione di “short term” non speculativo si basa sulla fiducia costruita ed espressa dall’assetto sociale decisamente più valoriale rispetto al solo “valore” economico.

    Il raccordo fra il civismo aziendale dell’impresa sociale con il territorio permette quindi di valutare il a breve non come una modalità speculativa, ma come un inizio del processo che permetterà di avere una responsabilità sociale e una sostenibilità a medio e lungo periodo.

    Tutto questo rientra nel concetto dell’impatto sociale dell’impresa sociale e del civismo aziendale



    Quindi l’aspetto sociale che genera fiducia è garanzia e plus competitivo per l’impresa sociale.

    Operativamente significa dichiarare “ex ante” quali sono gli obiettivi sociali (eventualmente anche sussidiari) che si vogliono raggiungere.  

    L’intenzionalità si integra nel “purpose” inteso come l’insieme delle attività che proattivamente sono la condizione necessaria per il successo (a breve, medio, lungo periodo) dell’azienda; cioè l’impatto positivo generato, misurato per gli stakeholders e i soggetti economici-shareholders. 

    Per una impresa  sviluppare purpose è qualcosa di più di un obiettivo aziendale e meno di una totale missione sociale: è la sua ragion d’essere. 

    Il “purpose” ha senso come orientamento positivo ambientale, sociale e di governance (ESG) sia del management e dei dipendenti sia della strategia deliberata. 

    L’impatto positivo si raggiunge con un allineamento organizzativo di condivisione di senso (andare verso una meta olistica: economico-sociale) e di incremento dell’orientamento alla ricchezza morale ed economica  dell’impresa e del commitment conseguente.  

Misurazione, valutazione dell’impatto sociale e trasparenza


Metodi di misurazione che valorizzano quantitativamente l’attività e quindi indicatori di impatto sociale dichiarati “ex ante”, applicati nel “durante gestionale” ed evidenze di valutazione “ex post” dello scostamento fra intenzione e risultato (input,output e outcome). Ove anche il numero è “qualità)

La trasparenza economico finanziaria è comunicazione  efficace dei risultati di progetto che l’Impresa Sociale ha raggiunto; è un “must”.

 Redigere bilanci veritieri e tecnicamente coerenti con le esigenze dinamiche dell’aziendalismo è base necessaria per la continuità dell’Impresa Sociale e non solo responsabilità giuridico-amministrativa. 

Un’accountability simmetrica con l’evoluzione degli schemi di bilancio elaborato dall’ordine dei commercialisti e dalla normativa nazionale ed internazionale correlata. Si veda per esempio il bilancio sociale, il bilancio di sostenibilità, il bilancio integrato sono scelte utili per sviluppare modalità coerenti in termini di comunicazione, per farsi percepire dagli stakeholders e dai soggetti economici-shareholders.  

Si ipotizza l’eventuale inserimento del “bilancio di missione” che può completare le esigenze degli stakeholders anche se è utile attivare strumenti di trasparenza che abbiano un effettivo riscontro di percezione uscendo dall’eventuale manierismo celebrativo ed amministrativo. 

Inoltre è indispensabile adeguare la propria organizzazione al dettato del D.Lgs.231/01 inerente gli assetti di codice etico, procedure e dinamiche di processo organizzativo considerando anche le relazioni di lavoro con la pubblica amministrazione. 

Si veda ormai le esigenze di soft law e l’arricchimento informativo dettato da D.Lgs. 254/16 che recependo la direttiva 2014/95-NFDR(Non financial Reporting Directive) ha introdotto specifici obblighi di rendicontazione non finanziaria per gli enti di interesse pubblico quali società quotate, banche, imprese di assicurazione e di riassicurazione e così via di grandi dimensioni; con la dichiarazione di carattere non finanziario(DNF) si coprono i temi ambientali sociali attinenti al personale al rispetto dei diritti umani alla lotta contro la corruzione attiva e passiva nell’ambito delle imprese. 

  • Con il regolamento 2019/2088- SFDR (Sustainable Finance Dissclosure Regulation) nonché con il regolamento Tassonomia (Regolamento 2020/852) si impone, a livello EU, di specificare se le attività delle imprese oggetto d’investimento rispondano ai criteri della responsabilità sociale, sostenibilità ed in sintesi all’ESG.

Addizionalità 

Fare investimenti a favore di segmenti di imprese sottocapitalizzate, in aree di attività con bassa o nulla redditività perché i beni/servizi prodotti sono beni pubblici collettivi non divisibili nei quali un investitore tradizionale, che massimizza in assoluto il profitto, non investirebbe. Inoltre sviluppare un valore aggiunto sociale non “narrativo” che incide sul territorio e sugli stakeholders.  

Continuità sussidiaria 

Ove il concetto di continuità (mantenimento nel tempo, pervasività spaziale, mantenimento dei fini con continuità degli strumenti per raggiungerli con una posizione di avanguardia e “scoutistica”) sostanzia la sussidiarietà. È un insieme di principi e di intenti che diventa efficace se assume caratteristiche (aziendali) organizzate, strutturate, coordinate, integrate e tali da configurare una sussidiarietà aziendale come strumento di attuazione del principio di sussidiarietà verticale, orizzontale e circolare. 

La sussidiarietà aziendale (filiera sussidiaria) è presupposto della sussidiarietà perché, a fronte dell’aziendalizzazione della pubblica amministrazione, si prospetta una integrazione di tipo aziendale con il privato non-profit e profit; un insieme di aziende private che strutturano una “partnership” con le aziende pubbliche sui risultati aziendali finalizzati al bene comune.  

Il significato più ricorrente di sussidiarietà è “principio per il quale l’autorità a livello gerarchico superiore si sostituisce ad una di livello inferiore quando quest’ultima non compie atti di sua competenza o viceversa in funzione degli approcci e dei presupposti ideologici”. Ora però l’evoluzione concettuale ha trasformato questo approccio, un po’ riduttivo, in una concezione evoluta ove il privato non profit e profit svolgono un interesse pubblico tramite la loro intenzionalità dichiarata e verificata. 

Massimizzazione relativa del profitto 

La massimizzazione relativa del profitto orienta l’agire aziendale massimizzando il risultato di “equilibrio economico” che consiste in una corretta ed equilibrata remunerazione dei fattori produttivi posti in essere ed in dinamismo nella produzione di beni/servizi con un orientamento/non vincolo, (di lungo periodo), a conseguire risultati positivi di bilancio da reinvestire anche nel sociale. 

Il tema aperto: quale può essere la profilatura del concetto di sociale per il profit e quale la gradazione di valutazione (“rating”) per definirsi tale?

Nella realtà quotidiana delle relazioni che compongono l’assetto socio economico del nostro sistema paese, è ormai prassi e consuetudine narrativa denominare imprese sociali tutte le tipologie di non profit e profit che hanno orientamento sociale.

La sostenibilità non è una parola d’ordine di moda e stagionale, ma un dover essere per il sistema socio economico e per la vita dei cittadini; è una dimensione dinamica e di sviluppo equilibrato integrando gli aspetti economici, ambientali e climatici, sociali e di governance in una logica produttoria e moltiplicativa.

  1. Sostenibilità è una parola mantra e pass partout; il punto critico è come fare sviluppo sostenibile integrando l’approccio multidisciplinare e multifattoriale e rendendo operative le scelte di responsabilità d’impatto mantenendo l’equilibrio “costi-ricavi”. 
  2. Trasparenza – Siamo impegnati ad aumentare la trasparenza delle nostre prassi di stewardship, che riteniamo un atto dovuto nei confronti dei nostri clienti e dei portatori d’interesse di queste società.      


    Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza-PNRR  la sostenibilità è uno degli indirizzi cardine delle riforme “abilitanti” (cioè le azioni che rendono operative le “riforme orizzontali ,innovative e strategiche ” nonché  le “riforme di accompagnamento”). Un primo livello generale di sostenibilità è ambientale, economico e sociale; un secondo livello è la loro declinazione in sviluppi operativi come il riciclo, la gestione della plastica, una produzione compatibile con l’equilibrio ambientale, scelte di inclusione sociale e di coesione superando la diversity, lotta contro i pregiudizi scientifici e così via. La sostenibilità  deve essere misurata e valutata tramite indicatori e, in modo evidente o sottotraccia, è una costante concettuale di orientamento e verifica operativa.

    Infatti la sostenibilità taglia trasversalmente i 235 miliardi di investimento.

    Anche la Tutela dei Diritti Umani (TDU) all’interno della gestione delle imprese sociali è una scelta di management intesa come capacità di integrare ,in modo equilibrato, le risorse materiali, immateriali, valoriali e di impatto a disposizione e fra esse la TDU che non può essere intesa in modo relativo, ma è riferimento assoluto ed universale e di principio per esempio alla base degli  SDGs (Sustainable Development Goals) .

    Ed è una scelta di Civismo d’azienda. 

    La TDU può essere:  
  1. interna rispettando e promuovendo i diritti civili politici e sociali delle persone che dipendono funzionalmente dall’imprese in modo diretto per esempio  anche con partita IVA o con consulenza o altro oltre ovviamente ai dipendenti contrattualmente in impresa;  
  2. esterno che riguarda principalmente la supply chain delle imprese  ed il territorio ove l’impresa insiste operativamente.  


    In conclusione il civismo non è una opzione d’intenti, ma una costruzione di risultati e di impatti che incidono la realtà locale non come deminutio e resudualità e fanno del “presentismo” l’elemento prodromico del futuro.

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