IL CIVISMO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE: spigolature

Il Civismo vuol dire essere “dalla parte “ ed “a favore dei” e comunque “essere con” i cittadini. Questa frase rischia di essere retorica se non si accompagnano i cittadini nella loro esigenza di diritti civili e sociali ovviamente in una dimensione di cittadinanza responsabile critica ed informale cioè un “locus”(glocalismo di Piero Bassetti) che comunque non ha delle barriere quindi non  i territori con dei confini ,ma sono dei territori integrati con una dimensione infinita(si veda la città infinita di Aldo  Bonomi )..

L’Intelligenza Artificiale Generativa (GenAI) svolge una funzione universalistica (almeno potenzialmente) e di grande pervasività, perché permette di superare i confini e struttura una integrazione funzionale dei servizi per i territori e per le comunità.

Si pensi che si sono registrati in due mesi poco piu’ di 100 milioni di utenti in OpenAI per fruire del servizio  di GenAI(Instagram impiegò due anni, Facebook e Twitter 5 anni);tutti segnali di superamento delle barriere di accesso. Si pensi alla diffusione degli smart-speaker (altoparlanti intelligenti  domestici).

Da uno studio di Microsoft si è stimato che tramite  la GenAI  si è risparmiato circa 90 minuti nella settimana lavorativa tipo e per certe professioni il risparmio su alcuni lavori è stato ancora più rilevante(25% per studi di architettura,75% per lavori di grafica professionale da una ricerca Google).

Questi dati attengono alla fase di produzione .

Ma facciamo un focus su alcuni servizi ad alto valore di impatto per la salute dell’uomo che mostrano spesso, una radicalizzazione delle posizioni pro e contro senza sviluppare tesi di opportunità e reciprocità positiva fra efficacia di salute e strumenti di AI.

Per esempio l’efficacia dei servizi sanitari si incrementa tramite l’offerta universalistica delle prestazioni sanitarie che si evolvono in servizi sanitari, in ricerca organizzata ,in massa critica dei casi studiati, in aggregazione dei dati in Data Base, in Real World Data (studi nei quali il ricercatore non determina l’assegnazione dei soggetti ai diversi gruppi di studio, ma si limita a registrare e osservare  quello che avviene nella realtà).Quest’ultima opzione operativa è ormai condivisa nella ricerca di base, anche se ,nella traduzione operativa, senza l’adozione dell’IA siamo ancora nel mondo delle congetture.

Infatti la scienza e la ricerca sanitaria sono un processo che integra risorse e quindi si devono creare le migliori condizioni di vita per i pazienti utili per avere il massimo relativo  di risultato di servizio sanitario e di assistenza.

In questo contesto concettuale non possiamo fare a meno dell’Intelligenza Artificiale(IA).

Essa è una tecnologia che,per esempio, elabora una quantità di dati tramite algoritmi. Quindi l’IA è una elaborazione degli input e prende decisioni autonome seppur a fronte di ipotesi dettate dall’uomo,individua modelli  e  risolve problemi complessi.

L’IA attiene alla prestazione ed all’attività tecnica ed indubbiamente è in grado di sviluppare azioni concrete efficaci ed efficienti ;in termini aziendali si direbbe in logica di “industry 4.0”.

Certamente l’IA dipende dai presupposti e dalle ipotesi su cui si basa la relazione con il fruitore destinatario dell’attività e dell’azione, E’ un nuovo stile di vita. Discutibile è tema di dibattito, ma in progressione esponenziale. 
Per esempio in medicina ci sarà un tasso di crescita del 42.2% annuo e piaccia o non piaccia si dovrà gestire questo cambiamento (report “Artificial Intelligence in Healthcare Market-2023-2028). Uno scienziato e ricercatore come Eugenio Santoro del Mario Negri afferma ”Non possiamo delegare tutto all’IA.l’ultima parola deve rimanere al medico. E’ fondamentale affrontare il tema etico”.

E’ comunque un passo obbligatorio e quasi automatico l’uso della machine learning per interpretare radiografie, Tac,Ecg e per fare diagnosi. Nella ricerca senza IA non  c’è  evoluzione; per esempio nelle malattie rare, nelle decisioni utili per la sperimentazione clinica, nella predizione individuando pazienti a rischio “ex ante” facendo prevenzione ed evitare eventuali aggravamenti.

Tutto questo attiene alla produzione di prodotti e prestazioni sempre più sofisticate. Certamente è necessario avere equilibrio decisionale e per esempio, in sanità, non si potrà sostituire l’uso dei cinque sensi dell’uomo e ,nella fattispecie, del medico.

In un recente articolo del prof. Scanni su Corsera-Corriere Medico si distingue il vedere dall’osservare, si considera la mimica come interpretazione umana. Anche l’udire comprende l’umore di chi parla e si sviluppa empatia. Il medico deve giocare il ruolo di mentore.

Però il rischio è di radicalizzare la discussione: pro o contro l’IA mentre un approccio funzionale ci permetterebbe di cogliere l’IA come elemento strutturale e di forte capacità operativa a favore dei pazienti.Questo è quello che conta.

Ci sono  per esempio vantaggi per i professionisti della sanità.

L’ algoritmo non è soggetto a “bias” cognitivi, non rischia di incorrere in errori  di diagnostica  a causa della mancanza di tempo o della stanchezza, gli algoritmi di intelligenza artificiale possono interpretare grandi quantità di dati in modo molto più veloce rispetto a un essere umano e qundi interventi di pronto soccorso con una prontezza in tempi  fondamentali per gli interventi(ed anche per salvare la vita del paziente), precisione di diagnosi intervento utilizzata a  supporto della diagnostica umana, non in sostituzione delle capacità di empatia,  e di ascolto del medico.

C’è un versante curioso e solleticante dell’IA e del ChatGpt (Chat Generative Pre-trained Trasformer) che sfiderà il volontariato solo relazionale. Provocazione? Immaginario? Fantascientifico? 

Oggi già esistono esempi di volontariato on line che offrono il vantaggio di porsi in relazione con i destinatari del servizio di volontariato “basati” in luoghi diversi(non in presenza),in tempi più consoni alle esigenze dell’assistito e con una molteplicità  di opportunità di relazione(si potrebbe dire che sono ridimensionate le Unitarietà Aristoteliche dell’unità d’azione, di luogo e di tempo).  

L’IA sfiderà il volontariato tradizionale e  “solo” di relazione e assistenza, di conforto espresso “in presenza ”sostituito dal “volontario di fiducia ChatGpt” che risponde  in qualsiasi tempo e luogo.. Senza pensare all’avatar, ma ad un podcast (per esempio). 

La massa critica di opportunità comunicative e di spiegazione sulla base di 160 miliardi di algoritmi è dirimente e superiore alla potenzialità del volontario come persona fisica. Ormai siamo anche in fase avanzata di “ingegneria delle richieste ”che risponderà sempre più superando alcuni casi di stupidità di risposta. E’ una sfida che il volontariato non può ignorare.  

Per vincere la sfida è necessario cambiare il paradigma culturale del volontariato: infatti da un volontariato in buona parte solo relazionale composto da  domande e risposte dialogiche, si deve passare ad un volontariato relazionale operativo ove si offrono azioni concrete e di erogazione di beni e servizi incidenti e reali come evidenza della relazione solo parlata ex ante.Parole e fatti di solidarietà  

 In questa concezione l’IA e ChatGpt è perdente; non può surrogare e sussidiare il volontariato professionalizzato fatto di parole e di fatti in modo integrato  

Il problema comunque si pone e, con buona pace dei benpensanti e dei passatisti, avremo un volontariato di relazione tradizionale  che, fatti i dovuti distinguo sull’accessibilità all’asset  digitale, potrebbe essere surrogato dall’IA e  ChatGpt specialmente di fronte ai grandi temi di prevenzione sanitaria, di velocità decisionale e di raccolta delle esigenze del paziente.

Senza forzare la narrativa si può’ ipotizzare una IA di civismo intesa come   funzione universalistica (almeno potenzialmente) e di grande pervasività, perché permette di superare i confini e struttura una integrazione funzionale dei servizi operativi e di innovazione per i territori e per le comunità dei cittadini.


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