IL “DIRITTO” ALLA CASA

IL RINOCERONTE

Il Rinoceronte, da Bologna.

Mentre gli studenti protestano per il caro affitti, l’ACER, l’istituto per la casa di Bologna, e la Polizia di Stato siglano un accordo per destinare alcune case ai poliziotti a prezzi calmierati. La notizia è curiosa, e l’accordo è un unicum in Italia: dicono dalla questura che oggi è necessario “ trattenere nella nostra città ancora più poliziotti che qui si trovano bene ma che fanno fatica a trovare un alloggio di loro gradimento”, tradotto, è indispensabile creare le condizioni minime per consentire ai poliziotti di viverci a Bologna, città che compete con Milano per il costo della vita e dei canoni di affitto.

Gli studenti del popolo delle tende in piazza sono diventati gli interpreti di un disagio reale e trasversale, la crisi degli alloggi riguarda tutti, non solo gli studenti ma anche i lavoratori fuori sede, che non possono permettersi di stare in città dove il costo degli affitti è molto elevato e si fa fatica ad arrivare a fine mese. Tra l’altro le città dove la vita costa di più sono anche quelle in cui il lavoro c’è e scarseggiano i lavoratori. Un gatto che si morde la coda insomma.

Certo il costo della vita varia in base al tipo di alloggio e al quartiere, o alle risorse e alle abitudini personali, ma in generale per vivere in una città grande come Milano, Bologna, Napoli o Roma servono più o meno 1.000 Euro al mese.

L’emergenza abitativa è un problema di lungo corso, tanto per le famiglie quanto per gli studenti, ma oggi è esasperato da affitti brevi e da un mercato che è letteralmente esploso, con case introvabili o a prezzi non sostenibili. 

Per quanto riguarda i poliziotti, a Bologna ci hanno messo una pezza, e un pò come si faceva nella prima repubblica con le case ai dipendenti statali e ai militari, l’ACER, l’istituto delle case popolari, ha pensato di stipulare una convenzione con la Polizia di Stato. Sono stati individuati tre appartamenti da assegnare con un bando studiato ad hoc a prezzo calmierato, e si è stretta una collaborazione con l’amministrazione comunale per trovare altri alloggi. Per gli altri lavoratori fuori sede si vedrà: di case disponibili non ce ne sono per tutti, altrimenti non costerebbero così care.

Che fare dunque? In questo contesto economico sociale e normativo o lo stato interviene con soluzioni diverse da quelle messe in campo fino ad ora o non se ne esce. E paradossalmente una convenzione tra case popolari e polizia aumenta la polarizzazione e le disuguaglianze tra lavoratori. Perché ad esempio le maestre non dovrebbero godere della stessa opportunità? O gli infermieri e gli operatori della sanità?

Il tema tanto per cambiare è complesso, come tutto il mono Din. Cuoio viviamo. La nostra Costituzione non parla mai esplicitamente di “diritto alla casa”, ed un paese in cui una persona su 4 ha più di 65 anni è molto diverso diverso da quello che conoscevamo nel secolo scorso. Lo stato sociale o quel che ne rimane è un principio di giustizia sociale straordinario, ma anche una questione di conti e di risorse: un paese che invecchia deve fare i conti con un sistema di welfare condizionato dal cambiare dei bisogni della maggioranza del paese.

Quindi la scelta o meno su come intervenire in fatto di abitazione è una scelta politica che qualifica chi la persegue e la propone. La questione rimossa oggi diventa strategica se si vogliono creare le condizioni per sviluppare il sistema paese.

PS La costituzione non parla di diritto alla casa, ma lo fa L’ONU “Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari”.


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