C’è un fiume sotterraneo di soldi statali che scorre continuamente e di cui nessuno si accorge , men che meno i giornalisti specializzati. Solo ieri ‘il fatto quotidiano’ ha dedicato un articolo alla signora Elkann, ma in concomitanza dei rinvii a giudizio dei fratelli Elkann per le note vicende ereditarie, delle quali evidententemente il capofila John si disinteressa se era agghindato da donna al ricevimento del più importante industriale indiano.
Ebbene la signora Elkann, vestiti i panni di regista, pur essendo una donna ricchissima e pur essendo assistita dalla più grossa società cinematografica straniera, che in Italia spadroneggia, ha potuto spendere per il suo attuale film, di nessun interesse per il pubblico, più di tremilioni di euro statali tra tax credit, contributi e presumibilmente Rai, che di solito non manca quando si parla di persone importanti.
Solo per completezza del panorama anche nel suo precedente film la signora Elkann aveva usufruito di quasi un milione cinquecentomila euro di soldi pubblici a fronte di un risultato inesistente.
Certo i tre milioni della Elkann sono ben poca cosa rispetto ai quattordici milioni concessi dallo Stato a Saverio Costanzo, altro personaggio dal cognome pesante, per il suo film ‘Finalmente l’alba’, che non riesce a raggiungere i cinquecentomila euro d’incasso pur essendo costato la cifra realmente fantasiosa di ventinovemilioni di euro, e pur essendo prodotto da una emanazione della stessa azienda straniera sopra citata che in Italia può fare ciò che vuole grazie alla legge Franceschini.
Questi sono solo alcuni dei contributi che costituiscono il fiume sotterraneo di denaro ignoto al pubblico, che se utilizzato diversamente potrebbe aiutare la sanità, i trasporti, o volendo fare beneficienza eliminare la fame nel mondo: invece , senza che nessuno lo sappia, la beneficienza la facciamo agli Agnelli, o a società straniere che vengono da noi, acquistano le nostre societa più accreditate, si mescolano nel settore in modo da non essere visibili, si fanno aiutare da Anica e dalle emittenti, pagano profumatamente professionisti e consulenti, corrompono, e si gonfiano bulimicamente di ricavi.
In realtà sono entità incontrollabili, gestite da remoto, di cui nessuno sa nulla, i cui dirigenti nazionali sono spesso prestanomi ben pagati e i cui azionisti sono personaggi misteriosi avvezzi ad andare a prendere i soldi nel mondo laddove ci sono e vengono regalati con la scusa di muovere il settore.
Andando a sfogliare le pagine del David di Donatello ci si rende conto di quante decine di film non hanno non solo incassato nulla, ma sono scomparsi senza lasciare traccia se non nel bilancio pubblico: pellicole senza senso, senza direzione, senza attori , sostenute da un tax credit che non guarda il merito ma solo la correttezza della pratica contabile.
I registi di questi prodotti non son quelli che dovrebbero essere, ma i commercialisti che si occupano delle pratiche, interi uffici che monitorano le finestre tax credit, i bandi, gli acconti, i rapporti con i bancari, sono i faccendieri che non leggono le sceneggiature perchè non serve perdere tempo, mentre serve avere qualche amico nel posto giusto e qualche amico negli istituti di credito che anticipi il denaro.
Il fiume impetuoso e sotterraneo di denaro che scorre giornalmente non è utile, come sostiene la sottosegretaria da Los Angeles, (dove stazionano da settimane alcuni nostri dirigenti per confortare con pacche sulla spalla Garrone per gli Oscar), per rafforzare il nostro cinema che, diversamente da come è descritto, non viene da mesi di “incoraggianti traguardi e successi” e non è ‘sotto i riflettori del mondo’.
Quello che invece è realmente sotto i riflettori del mondo è il nostro tax credit, ma non credo sia esattamente un successo.
Piuttosto, ora che l’Oscar è sfumato, c’è da augurarsi che Garrone non abbia bisogno di essere consolato.
Al contrario il nostro cinema è mediamente trascurato nei mercati e vive una crisi endemica sia nei prodotti di maggior richiamo sia in quelli popolari e di genere, ed è incredibile che nessuno spieghi al pubblico che se un film incassa per esempio, come nel caso della Elkann, la miseria di 117.000 euro, al produttore va circa un terzo, cioè 40.000 euro!
Questo dato è utile per comprendere con esattezza la crisi del prodotto nostrano: in questa ultima settimana il film di uno dei nostri migliori registi, Virzì, ha incassato la modesta cifra di € 846.000 e pertanto al produttore vanno poco meno di 300mila euro.
Imprenditorialmente un disastro, a meno che il tax credit non compia il solito miracolo per la Lotus e la Rai.
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