IL MIO AMICO LINO

Non capita spesso che una relazione nata per lavoro diventi un’amicizia che ha il mare come scenario. E’ accaduto con Lino Iannuzzi, uomo colto, ironico, intelligente, giornalista spavaldo e senza remore nell’affrontare gli affaires dell’Italia degli anni ’60.

Iniziò la carriera giornalistica all’Espresso. Nel 1967 insieme a Eugenio Scalfari pubblicò l’inchiesta sul SIFAR (Servizio Informazioni Forze Armate, i servizi segreti militari dell’epoca) che portò alla luce il progetto del tentativo di colpo di Stato chiamato piano Solo. Il generale dei carabinieri De Lorenzo, accusato di essere il capo del complotto, querelò i due giornalisti che furono condannati malgrado la richiesta di assoluzione fatta dal Pubblico Ministero Vittorio Occorsio. Ambedue i giornalisti evitarono il carcere grazie all’immunità parlamentare che gli fu garantita dal Partito Socialista Italiano: alle elezioni politiche del 1968 Jannuzzi fu eletto senatore di Sapri, celebre per la sventurata impresa risorgimentale di Carlo Pisacane e dei suoi trecento “giovani e forti” che nel 1857 furono in gran parte massacrati sulla spiaggia dello sbarco dai contadini e dalla gendarmeria borbonica.

Conobbi Lino in quella occasione: lavoravo alla RAI da due anni, dove avevo vinto un concorso per programmisti, ma nel tempo libero ero impegnato nella preparazione dei materiali di propaganda alla sezione stampa e propaganda del PSI. Un giorno il capo dell’ufficio, l’on. Pietro Lezzi, mi convocò nella sua stanza per presentarmi Lino Jannuzzi ed Eugenio Scalfari. Al termine della riunione mi dette l’incarico di seguire la campagna elettorale di Jannuzzi in provincia di Salerno (Scalfari era candidato a Milano). È nata così una amicizia che è durata mezzo secolo.

Un tempo sufficiente per condividere alcune passioni come il cinema e il mare. Sceneggiatore con Francesco Rosi aveva firmato due film Lucky Luciano (1973) e tre anni dopo Cadaveri eccellenti e così l’anno dopo, alla mostra del cinema di Venezia, coniugando l’attività di sceneggiatore a quella di giornalista nel settimanale Tempo Illustrato mise i panni del conduttore tv per dirigere in diretta su RAI2 una rubrica di cinema che il direttore Massimo Fichera ci aveva affidato.

Alla fine degli anni novanta il faro di Scario in Cilento, su cui c’è la casa di Lino, è stato una tappa obbligata delle nostre escursioni a vela nel mare di agosto. Sono gli anni in cui Lino fu inquisito per alcuni articoli, pubblicati sul Giornale di Napoli, in cui espresse critiche rigorose alla magistratura napoletana per il caso di Tortora.

Nel 2001 Jannuzzi accettò la candidatura al Senato da parte di Forza Italia come “scudo” nei confronti dei procedimenti penali scaturiti a seguito della sua campagna giornalistica. Ma a differenza di quanto garantitogli da Pietro Nenni con la candidatura al Senato nel 1968, la soppressione dell’autorizzazione a procedere, con la revisione costituzionale del 1993, non mise fine ai procedimenti giudiziari riguardanti i suoi “reati di opinione” che lo portarono alla condanna in via definitiva a due anni, cinque mesi e dieci giorni per diffamazione a mezzo stampa. Le accuse di Jannuzzi ai magistrati che avevano incarcerato Tortora, sulla base di prove poi risultate inconsistenti, vennero ritenute diffamatorie perché i magistrati coinvolti non ebbero nessuna censura per il loro operato. La conseguenza fu un ordine di carcerazione da parte del Tribunale di sorveglianza di Napoli. Dovette intervenire la Farnesina per fare valere lo “status internazionale” del senatore Lino Jannuzzi inquanto componente del Consiglio d’Europa per ottenere la sospensione della pena e la revoca dell’ordine di carcerazione. Tuttavia due anni dopo Jannuzzi fu costretto a scontare la pena, trasformata in detenzione domiciliare dal tribunale di sorveglianza di Milano. Comunque c’era il rischio che si aprissero le porte del carcere poiché è previsto per legge al superamento del limite dei tre anni nel cumulo delle condanne penali. Di fronte a questa possibilità il 16 febbraio 2005 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi firmò un provvedimento di grazia a favore di Jannuzzi.

“lo sono convinto che nel Sud la rivoluzione morale esista: sono convinto che un impulso gagliardo può sospingerlo al moto, e però il mio scopo, i miei sforzi sono rivolti a mandare a compimento una congiura, la quale dia un tale impulso” ha scritto Carlo Pisacane nel suo testamento politico, che è rivissuto quando Lino lo assunse come suo programma politico per il Cilento: è tornato Pisacane.

Amava il Cilento, il mare su cui scorazzava con il suo fuoribordo per approdare alla baia degli Infreschi, un paradiso naturale di rara bellezza che ci meravigliava ogni volta e dove ci aspettava un succulento pranzetto a base di pescato del momento. E poi via a Maratea a prendere i “bocconotti di Panza”, il dolce per la cena a casa dove Mariolina, la sua dolce e paziente moglie, preparava insuperabili spaghetti a vongole e dove si concludevano le nostre giornate di mare con gli assaggi di grappa gelata.

Questo era il giornalista Lino Jannuzzi, questo, e non solo, era l’uomo che amava la compagnia degli amici, che non arretrava mai, pronto a nuove sfide nel nome della libertà.


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