di Diego Castagno
“Make Gratosoglio Great Again. Il nostro prossimo obiettivo è conquistare la Groenlandia…Ringrazio tutti: l’organizzazione e i pusher del quartiere che hanno promosso il mio nome per questo premio.”
Dal palco del Teatro Parenti, Don Paolo Steffano, uno dei vincitori del panettone d’oro 2025, racconta cosi il suo lavoro quotidiano: “Si possono fare tante cose belle, ma bisogna dare continuità. Il tema è questo: per poter costruire un futuro migliore serve dare continuità alle cose belle che si fanno”.

Sabato a Milano in un Teatro Parenti strapieno è andato in scena “Panettone d’oro”, con la consegna dei riconoscimenti “alle persone che si erano distinte per le loro virtù civiche, a chi, con il suo comportamento, abbia manifestato una concreta rispondenza ai principi del vivere civico con azioni costanti nel tempo”.
Il grande protagonista è il mondo dell’impegno civico, del volontariato e della solidarietà. Un’altra Italia, una narrazione positiva di comunità che si attivano contro le disuguaglianze e nelle pieghe delle contraddizioni che oggi rendono incerto il futuro del paese. Per fare Grande l’Italia serve fare grande Gratosoglio. Anche e soprattutto Gratosoglio. O per lo meno provare a non lasciare indietro nessuno.
“È un momento difficile per Milano, c’è una situazione di sofferenza e di insofferenza.” Dice Salvatore Crapanzano, uno degli organizzatori del Panettone d’oro. “C’è tanto da fare.” E ci sono persone che con il loro fare quotidiano tengono in piedi la comunità. Non solo a Milano.
Il grande laboratorio
Se Milano però è un grande laboratorio, da sempre, e, citando Gaetano Salvemini, se “quello che capita oggi a Milano capiterà domani nel resto dell’Italia”, la Milano dell’impegno “civico” vista sul palco del Parenti è sicuramente una boccata d’aria, e un’ottima occasione per capire come si modificano i bisogni delle persone nei contesti sociali che cambiano sempre più velocemente. La Milano capitale, piccola grande città europea, è la stessa città dei chiari e degli scuri che crea ricchezze e disuguaglianze, marginalità e rancori sociali profondi. Oggi Milano ha bisogno di storie e di persone capaci di scatenare positività, che abbiano voglia di stare con le altre persone e dare senso al futuro, esattamente come il nostro Belpaese, sempre più disuguale e disorientato.
Il premio Panettone d’Oro nasce a metà degli anni ’90 per iniziativa del Coordinamento Comitati Milanesi che si propongono di valorizzare le virtù civiche, secondo gli organizzatori, sono la solidarietà, l’attenzione al territorio e all’ambiente, il rispetto reciproco, la tutela dei più deboli e degli emarginati, il rispetto della cultura e della tradizione civica e la difesa dei diritti dei cittadini. Servono idee e azioni positive dunque, ma soprattutto serve costanza e continuità.
I premiati, infatti, non vengono scelti solo in base alla notorietà dell’atto compiuto o al numero di segnalazioni ricevute, ma per la costanza del loro comportamento nella città.
Amalia, Yehia, Emin, Paolo
La cerimonia delle consegne inizia con la proiezione di un video che racconta dell’esperienza della Fondazione Condividere.
Esiste una solidarietà a Milano che non si muove per i media e la notorietà e che “Ci dice che non tutto è peggio, che non ci sono solo cattive notizie, pugni in faccia per i cittadini” (cit. GG Schiavi, Corriere della Sera). Ed esistono esempi straordinari di carità che negli anni hanno fatto “grande” questa città. (MAKE MILANO GREAT). Parlando di carità e di comunità viene in mente Virginio Colmegna, non solo lui naturalmente.
Segue una bella intervista di Giangiacomo Schiavi, editorialista del Corriere della Sera, (lo stesso che nel 2007, a bordo di un camper, girò Milano per raccontare come vivono per davvero i cittadini) ad Amalia Ercole Finzi, ospite d’onore della mattinata. Classe 1937, Professoressa del Poli dal 1980 di Meccanica Aerospaziale, medaglia d’oro del Presidente della Repubblica, membro dell’AIDAA, programmi di ricerca internazionali delle Agenzie Spaziali ASI, ESA e NASA. Amalia Finzi parla di tecnologia, di innovazione, di scuola e di futuro, con il rigore e l’empatia necessaria a conquistare il pubblico del Parenti. “Non c’è da aver paura della tecnologia, perché se la tecnologia il servizio della persona, allora non può farci che bene. Dobbiamo fare attenzione affinché quest’uso sia al servizio dell’umanità. La strada del cambiamento è avviata e c’è ancora tanto da fare.” Per la Finzi, “il problema non è la tecnica. Le decisioni non dovrebbero essere sul ritorno economico, ma sulla base del beneficio che quello che si fa porta all’intera umanità. Noi non saremo giudicati per gli errori che abbiamo fatto, chi fa sbaglia, ma saremo giudicati per il bene che non abbiamo fatto.” Bisogna mettere al centro del priori agire l’umanità, altrimenti il cambiamento non ha direzione, né senso.
Il primo premiato è Yehia Elgami, il padre di Ramy, il ragazzo morto nel tragico inseguimento del 24 novembre a Milano, a cui va un lungo e sentito applauso. Uomo di straordinario senso civico e di grande rispetto delle istituzioni, Yehia Elgami nonostante la tragedia che ha travolto suo figlio e stravolto la vita della sua famiglia, non ha mai smesso di esprimere pubblicamente fiducia nell’azione delle Istituzioni che stanno operando nella ricerca della verità, dando un grande esempio di integrazione. C’è poi lo chef Kosovaro Emin Haziri, fuggito con la famiglia a 7 anni dalla guerra, impegnato a dare pasti gratis ai senzatetto, e Paolo Steffano, il sacerdote di frontiera dell’hinterland milanese. Tra le menzioni speciali alle associazioni i riconoscimenti sono per la “Wolves” di Bareggio, il “Gruppo Carcere Mario Cuminetti”, la “Piccola Orchestra dei Popoli” e “Dai che cantiamo!” Due le menzioni di incoraggiamento: una per “C’è da fare”, associazione impegnata nel sostegno psicologico e psichiatrico ai giovani e una a Danilo Dadda, imprenditore bergamasco che dà un premio (in denaro) ai dipendenti che condividono con i loro colleghi la lettura di un libro.
C’è, quindi e per fortuna, un’Italia migliore di quella che sbraita ed “abbaia” nei talk show… (BAU, BAU, BABAU, BAU….)
Hey Milano, come stai?
In occasione della venticinquesima edizione del premio inoltre sono stati presentati i risultati di un’indagine realizzata da Ipsos sul senso civico dei milanesi per il gruppo di associazioni promotrici.
“A cinque anni dall’ultima rilevazione, la ricerca restituisce l’immagine di una città in perenne trasformazione, con un calo nella partecipazione collettiva, in cui cresce l’individualismo ma resta alta la sensibilità verso l’ambiente e la solidarietà.” Dal sondaggio emerge che “secondo il 54% degli intervistati il senso civico dei milanesi è diminuito negli ultimi anni, mentre solo il 14% ritiene che sia in crescita.” La maggioranza del campione, il 54%, considera i cittadini “sempre più chiusi in loro stessi. Quattro intervistati su dieci pensano che i milanesi continuino a essere solidali con i più bisognosi e le categorie sociali in difficoltà.
Ancora secondo Ipsos, il 59% degli intervistati pensa che il senso civico sia mosso da valori morali individuali, solo un cittadino su quattro lo associa al senso di appartenenza al territorio, ed uno su dieci alla fiducia nelle istituzioni.
La leva più efficace per aumentare il senso civico è l’educazione al rispetto della collettività per il 39% dei cittadini. Cresce l’importanza attribuita alla partecipazione attiva dei cittadini alle scelte della comunità (17%, 5% in più rispetto al 2020). L’84% del campione ad esempio considera la raccolta differenziata un’espressione concreta di senso civico, riconoscendone il valore collettivo, nonostante solo il 35% ritiene che la raccolta differenziata abbia un impatto diretto sulla riduzione dell’inquinamento.
Qusti dati vanno inquadrati un un contesto nuovo ed inedito, mai visto prima, quello della città di un paese che invecchia, e che si prepara alla grande sfida di una nuova società e di una nuova economia. È la prima volta nella storia in occidente che siamo di fronte ad un contesto di questo tipo. Una comunità di anziani è per forza diversa, ha bisogni diversi da quella del secolo scorso. E il bisogno che cambia è solo una delle nuove sfide del cambiamento.
Milan l’è semper on gran Milan
L’immagine della città dinamica internazionale ed europea che cresce e attira gente e talenti da tutto il mondo si è un po sbiadita negli ultimi anni. Oggi prende piede una contro-narrazione non ancora mainstream ma decisamente insidiosa, quella delle bolle immobiliari, della non integrazione di chi arriva nonostante le difficoltà e della città invivibile con costi della vita insostenibili. SI allenta il patto tra la città e le persone che ci vengono, lo scambio tra opportunità e qualità della vita. In sostanza anche a Milano, la Milano Smart e Great, si è rotto l’ascensore sociale. E siccome a Milano c’è gente che a voglia di mettersi in discussione e tutto fa notizia, chiaroscuri compresi ci si interroga sul futuro, che assomiglia sempre di più alla famosa frase di Woody Allen: “Da dove veniamo, dove andiamo e cosa mangiamo stasera….”
Secondo Salvatore Crapanzano, uno degli animatori del premio e tra gli organizzatori dell’evento del Parenti il sondaggio di IPSOS, che fa le stesse domande da una dozzina di anni e vede l’andamento delle risposte fotografa bene lo stato d’animo dei cittadini, tra sofferenza ed insofferenza. Eppure la comunità regge: cala la partecipazione dei cittadini, che sono sempre più individualisti e chiusi in se stessi ma che restano sensibili e solidali con i più bisognosi. “Milano”, dice Crapanzano, “ può cambiare se oltre a dare una mano ai più deboli e ai più fragili riesce a valorizzare le potenzialità di chi è in grado e ha voglia di dare un contributo alla comunità milanese.” Dove dovrebbe andare Milano? Secondo Crapanzano “Milano ha sempre guardato alle altre capitali europee e del mondo. Ora Milano deve diventare grande sotto l’aspetto umano. Se ci riesce allora Milano sarà meglio di quello che è ora” Un MAKE GREAT AGAIN che rimette l’innovazione al servizio dell’uomo per un nuovo storytelling a misura di persona. A partire da Gratosoglio e da tutte le periferie del paese.