Chi pensa che il ponte sullo stretto di Messina non ha alcuna copertura finanziaria si sbaglia di grosso
ERCOLE INCALZA
Sono rimasto colpito da una frase pronunciata dalla Commissaria ai Trasporti della Unione Europea Adina Valean nella sua audizione al Parlamento italiano: “Se lo fate vi aiutiamo” ed ho ritenuto opportuno costruire su tale dichiarazione una nota chiarificatrice su come iniziare a definire un Piano Economico e Finanziario del Ponte. In proposito è arrivato il momento in cui porci alcune domande e cercare di verificare la esistenza o meno delle possibili risposte.
- Quali sono gli anelli mancanti più significativi che assicurerebbero la interazione funzionale all’interno della Unione Europea e all’interno del nostro Paese?
- Quali sono le finalità della Unione Europea nel suo coinvolgimento diretto nella realizzazione degli anelli mancanti?
- Quali sono le possibili coperture finanziarie garantite per tali finalità dalla Unione Europea?
Come primo atto cerchiamo di identificare le motivazioni che avevano portato la Unione Europea a selezionare, in vari momenti storici del suo assetto organizzativo, quei segmenti che non potevano in alcun modo continuare a compromettere la continuità di determinati assi, di determinati cordoni ombelicali che davano concretezza ad una continuità che non era solo logistica, che non era solo infrastrutturale ma aveva tutte le caratteristiche di una vera e misurabile convenienza socio economica e politica. Elenco, quindi, i vari anelli e alcuni di essi sono diventati già collegamenti realizzati, altri sono in corso di realizzazione e solo uno, il Ponte sullo Stretto, finalmente pronto per essere avviato a realizzazione:
- Il tunnel ferroviario sotto la Manica
- Il collegamento Malmö – Copenaghen
- Il tunnel ferroviario Torino – Lione
- Il tunnel ferroviario del San Gottardo (anche se un’opera Svizzera fa parte degli assi chiave della Europa)
- Il tunnel ferroviario del Brennero
- Il tunnel ferroviario Terzo Valico dei Giovi lungo l’asse Rotterdam – Genova
- Il Ponte sullo Stretto di Messina
In passato ho descritto, per ognuno di questi interventi, le motivazioni che avevano portato sia al riconoscimento della essenzialità dell’annullamento dell’anello mancante, sia dei ritorni economici non solo per i Paesi direttamente interessati ma della intera Unione Europea.
E proprio i ritorni socio economici per la intera Unione Europea rappresentano la risposta al secondo quesito, cioè quale fosse l’interesse della nuova compagine comunitaria nel vedere completata una griglia infrastrutturale priva di anelli mancanti, priva di condizionamenti nella fluidità dei vari itinerari e, soprattutto, nella possibilità di ridurre le distanze geografiche verticali (Nord – Sud) che orizzontali (Est – Ovest) di un sistema che, con l’allargamento fino a 28 Paesi, era diventato sempre più vasto e sempre caratterizzato da forme di marginalità per le aree lontane dal centro dell’impianto geografico della Unione Europea.
Come detto in precedenza non era solo un fattore geografico o logistico l’elemento che induceva alla ricerca della continuità nei collegamenti, era anche quello di una sistematica ricerca di identità dei singoli Stati di essere parte organica di una realtà che non fosse solo sommatoria di Stati ma, integrandosi anche attraverso nuovi assetti infrastrutturali, potesse assumere una condizione di interdipendenza funzionale più forte e più efficace.
Questi i ritorni socio, economici e politici; gli altri ritorni è più facile misurarli e capirli; a tale proposito ci sono stati studi e ricerche di grandi Società che hanno misurato il danno creato dagli anelli mancanti; solo a titolo di esempio hanno misurato quale fosse il costo, per la crescita del PIL, della insularità della Gran Bretagna rispetto al continente europeo e la stessa cosa è stato fatto, come da me riportato più volte, per la insularità della Sicilia.
Ci sono stati poi studi approfonditi sulla rivoluzione economica legata alla ottimizzazione delle relazioni commerciali tra la Svezia e la Danimarca e sono disponibili approfonditi lavori da cui si evince la convenienza, in termini di benefici logistici per la intera economia comunitaria, generata dai collegamenti relativi ai tre valichi ferroviari Torino – Lione, Terzo Valico dei Giovi sull’asse Rotterdam – Genova e Brennero. Sommando i vari benefici si scopre che il superamento degli anelli mancanti prima elencati regala alla Unione Europea un incremento annuale del PIL superiore al 5 – 6%.
Tutti questi approfondimenti e tutta questa serie di considerazioni sono state sempre alla base di chi, in rappresentanza dei singoli Stati della Unione Europea, nel 2002, nel 2005, nel 2011 e nel 2015, ha seguito, con il supporto della Banca Europea degli Investimenti (BEI), i lavori che hanno portato alla definizione del sistema delle Reti Trans European Network (TEN – T) e, non possiamo dimenticare che, sin dall’inizio, cioè sin dalla edizione seguita dal Commissario Van Miert, era stato identificato il costo globale delle infrastrutture essenziali; un costo stimato nel 2005 di 236 miliardi di euro.
Nelle varie edizioni delle Reti TEN – T, in modo particolare nelle prime due edizioni, veniva ampiamente motivato il fatto che per le opere inserite nelle Reti TEN – T e per gli interventi mirati al superamento dei valichi o dei collegamenti come il Ponte sullo Stretto di Messina era essenziale il coinvolgimento finanziario della Unione Europea, un coinvolgimento variabile da un minimo del 20% ad un massimo del 50%.
Ho fatto questa lunga premessa per ricordare che la Unione Europea partecipa nella realizzazione del tunnel ferroviario Torino – Lione con una quota pari al 40%, nella realizzazione del Brennero con una quota del 50% (ricordo che il costo dell’opera è di circa 10 miliardi e la Unione Europea sta garantendo il 50%), nella realizzazione del Terzo Valico dei Giovi. Ritengo poi utile ricordare che della edizione delle Reti TEN – T del 2005 il Ponte sullo Stretto di Messina non era solo presente nel Corridoio Berlino – Palermo ma era un progetto autonomo, proprio perché anello chiave di un cordone ombelicale della Unione Europea e, quindi, la sua realizzazione sarebbe stata supportata da una copertura comunitaria analoga a quella dei valichi prima richiamati. Come detto prima una nota Società di studi e ricerche ha stimato il costo per la Sicilia della sua insularità (6,2 miliardi di euro l’anno in meno nel PIL) e questo, ripeto, non è un peso solo per la Regione Sicilia, o per la Regione Calabria o per l’Italia ma è un peso per la Unione Europea.
La conclusione di questa mia nota è semplice: quando qualcuno dubita sulle possibili coperture finanziarie del Ponte ricordi che dei 13,5 miliardi di euro stimati per la realizzazione dell’intera opera circa 6 miliardi di euro (ipotizzando un coinvolgimento tra il 40 e il 50%) rappresenta una giusta soglia finanziaria che penso possa diventare il riferimento base per la costruzione di una adeguato e difendibile Piano Economico Finanziario.
Ed allora spero che gli scettici o i finti scettici capiscano il significato e la rilevanza della frase della Commissaria Valean.
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