IL RITORNO DEL MORBILLO

Il morbillo è una malattia infettiva il cui agente causale è un virus appartenente al genere Morbillivirus  della famiglia  Paramyxoviridae. A questo genere oltre al virus del morbillo umano appartengono anche il virus del cimurro del cane, il virus del cimurro delle foche, il morbillivirus dei cetacei, il morbillivirus dei gatti, il virus della peste dei piccoli ruminanti, il virus della peste bovina.

Il nome deriva dal latino medioevale Morbillus, diminutivo di Morbus = malattia.

Il morbillo è molto contagioso e colpisce spesso i bambini tra 1 e 3 anni di età, per cui è inserito tra le malattie tipiche dell’ infanzia, come la rosolia, la varicella, la pertosse e la parotite.

Il virus del morbillo è molto antico, forse uno dei più antichi di cui si ha contezza. Secondo ricerche condotte da un team di scienziati del Robert Koch Institut di Berlino, sarebbe stato già presente nel VI secolo avanti Cristo. E’ geneticamente molto simile al virus della peste bovina da cui molto probabilmente deriva. La peste bovina è la seconda malattia nella storia, dopo il vaiolo umano, ad essere stata completamente eradicata. Come il vaiolo, l’eradicazione è stata resa possibile dalla vaccinazione di massa.

Il salto di specie dal bovino all’ uomo sarebbe avvenuto attorno al 500 a.C. durante un periodo di forte crescita demografica che vide la nascita di grandi città sia in Europa che in Asia. Gli insediamenti, di almeno 250.000 persone, furono tali da riuscire a sostenere focolai prolungati di infezione visto che, al sotto di questa soglia, il morbillo tendeva a scomparire poiché chi contraeva la malattia o moriva o la superava diventando immune e il contagio all’interno della comunità si arrestava. 

Per migliaia di anni, quindi, un antenato del virus del morbillo avrebbe circolato liberamente tra il bestiame, prima di fare il salto di specie e contagiare gli esseri umani, che, proprio in quel momento stavano concentrandosi in grossi insediamenti. Una storia antica, che si ripete, abbastanza inalterata, nel tempo.
Il medico persiano Muhammad ibn Zakariya al-Razi (860- 932), fu il primo a fornire una descrizione clinica del morbillo e del vaiolo in un libro ( Il libro del vaiolo e del morbillo) in cui distinse le due malattie e portò evidenze a favore del fatto che il morbillo era da temere più del vaiolo a causa della sua più alta contagiosità.

Nel 1954 John Enders Pediatra dell’ Ospedale di Boston e Professore all’ Università di Harvard isolò per primo il virus in colture cellulari grazie al lavoro del suo giovane collaboratore Thomas Peebles. Il virus fu denominato Edmonston in quanto fu isolato da un bambino di 11 anni di nome David Edmonston.

Il virus

Si tratta di un virus rotondeggiante di circa 100 nm di diametro provvisto di un envelope, costituito da due glicoproteine, la proteina F, che ha potere fusogeno, e la proteina H, emagglutinina, che funge da anti-recettore, mediando l’incontro del virus con il recettore situato sulle cellule ospiti.  

Sotto dell’envelope si trova la matrice del virus che racchiude un capside elicoidale proteico (formato dalla proteina N) che a sua volta contiene il genoma virale, un unico segmento di RNA lineare a polarità negativa.

L’ emoagglutinina dell’envelope ha la possibilità di legare 2 diversi recettori:

  1. La proteina Nectin4 che è espressa alla superficie delle cellule epiteliali del tratto respiratorio a cui il virus si lega nella prima fase della infezione.
  2. CD150/SLAM (signaling lymphocyte activation molecule), un componente della superfamiglia delle IgG che si trova sulle cellule del Sistema immunitario che il virus raggiunge infettando i macrofagi alveolari e le cellule dendritiche del tratto respiratorio. Il legame della emoagglutinina con CD150 è responsabile del linfotropismo del virus e della sua virulenza poichè induce segnali che bloccano la proliferazione cellulare.

La Nucleoproteina (N) capsidica è l’ altra proteina virale molto importante perché interviene nella replicazione dell’ RNA genomico. N è molto diversa da ceppo a ceppo e, sulla base della sua sequenza, sono stati identificati ben 24 genotipi raggruppati in 8 gruppi: A-H.

Diciannove genotipi (A, B2,B3, C1, C2, D2-D11, E, G2-G3, H1 e H2) sono stati ritrovati in varie aree del pianeta fin dal 1990.

Quattro genotipi, invece (B3, D4, D8, H) sono stati ritrovati solamente dal 2018 in poi. In particolare gli ultimi focolai in Europa (Italia compresa) sono causati dai genotipi B3 e D8.

La malattia

Il morbillo è diffuso in tutto il mondo. È una delle più frequenti febbri esantematiche infantili, sebbene l’incidenza sia notevolmente calata da quando è in uso la vaccinazione. Nei Paesi a clima temperato, colpisce i bambini verso la fine dell’inverno e a primavera. Il Reservoir del virus è esclusivamente umano e la trasmissione interumana avviene tramite le goccioline delle secrezioni respiratorie emesse con il parlare, starnutire, tossire. Queste possono essere respirate direttamente oppure portate al viso dalle mani che hanno toccato oggetti o superfici su cui si sono depositate.

Il virus del morbillo è molto contagioso poichè viene eliminato in grandi quantità e per molti giorni nelle secrezioni respiratorie e la dose virale infettante è bassa. Un soggetto infettato è contagioso da 4 gg prima a 4 gg dopo l’ inizio dell’ esantema.

Il virus inizialmente infetta le cellule dalla mucosa delle vie aeree superiori, delle ghiandole salivari e degli altri tessuti linfoidi delle prime vie aeree. Da qui il virus diffonde per via ematica e l’ infezione diventa sistemica.

I sintomi prodromici sono tipici di una infezione respiratoria:

tosse, rinite, congiuntivite. Poi iniziano i sintomi sistemici:

Febbre elevata (38.5°C o oltre), Macchie di Koplik che assomigliano a granelli di sabbia bianca circondati da areole rosse sul palato e sull’ interno delle guance e sono patognomoniche. L’ esantema (eruzione maculo papulosa pruriginosa) inizia 1-2 giorni dopo la comparsa delle macchie di Koplik (circa 14 giorni dopo il contagio), prima sul viso poi sul resto del corpo e dura 5-6 giorni.

La malattia si risolve in 2-3 settimane.

Di solito la diagnosi di morbillo è clinica. La conferma è microbiologica e può essere condotta attraverso la ricerca molecolare del virus nelle secrezioni respiratorie o nel sangue e/o la ricerca degli anticorpi IgM che compaiono 3 – 4 giorni dopo l’ inizio del rash cutaneo e che persistono per un paio di settimane. Può essere utile anche la dimostrazione di una sieroconversione delle IgG.

Le complicazioni della infezione non sono frequenti, ma il morbillo è pur sempre responsabile di un numero compreso tra le 30 e le 100 morti ogni 100.000 persone colpite. Le complicazioni sono dovute principalmente a superinfezioni batteriche: otite media, laringite, diarrea, polmonite o encefaliti che si riscontrano più spesso nei neonati, nei bambini malnutriti o nelle persone immunocompromesse.

L’ Immunosuppressione causata dal virus è la principale causa delle complicanze ed è dovuta a:

  • linfopenia, risultato di deplezione che può avvenire in qualsiasi stadio di maturazione linfocitaria (ruolo del CD150)
  • prolungato disordine citochinico che comporta soppressione della immunità cellulo-mediata
  • Silencing dei linfociti periferici che non si espandono in risposta a stimolazione.

L’ immunità che segue l’ infezione è permanente e a largo spettro in quanto la zona dell’ emoagglutinina riconosciuta dagli anticorpi neutralizzanti è conservata nei diversi genotipi.

In Italia la malattia deve essere obbligatoriamente notificata alle autorità sanitarie.

Il vaccino

Il vaccino è costituito da virus vivo attenuato.

Furono Enders e Peebles nel 1963 ad ottenerlo partendo dal ceppo Edmonston che avevano isolato in coltura. Una più vigorosa attenuazione la si deve a Maurice Hilleman (ditta Merck) nel 1968 grazie a 40 passaggi consecutivi del virus in cellule di embrione di pollo. Nel 1971 Hilleman combinò il suo vaccino con quello della rosolia e della parotite. La vaccinazione fu introdotta in Italia nel 1976 proprio come complesso trivalente da somministrare in due dosi (12-15 mesi e 5-6 anni).

Il virus vaccinale ha una emoglobina che ha perso la capacità di legare il recettore CD150 grazie a delle mutazioni nel sito di legame quindi il virus vaccinale non è in grado di causare infezione sistemica né immunodepressione.

Situazione attuale

Le autorità sanitarie stanno documentando un chiaro aumento dei casi di morbillo in tutto il mondo. Il Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie ha lanciato un allarme per le zone a bassa copertura vaccinale.

Il grafico riporta il numero dei casi in Italia negli ultimi 10 anni (fonte ISS) e dimostra come i casi di morbillo si fossero notevolmente ridotti fin quasi ad azzerarsi grazie alle misure di contenimento messe in atto durante la pandemia poiché la trasmissione del virus del morbillo è quasi sovrapponibile a quella del virus SARS-Cov2. Dai 1622 casi del 2019 ai 100 casi del 2020, ai soli 8 soli casi del 2021 e 3 nel 2022. Com’era prevedibile, terminate le restrizioni per evitare il contagio pandemico, il numero dei casi di morbillo sta risalendo come del resto abbiamo visto avvenire anche per le altre infezioni a trasmissione respiratoria.

Ventisette casi di morbillo sono stati notificati nel gennaio 2024. I casi sono quasi tutti in persone non vaccinate o in vaccinate con una sola dose di vaccino e non sono causati da un nuovo genotipo. Si tratta di virus del genotipo D8 che abbiamo da anni in Italia e nel quale sono state riscontrate tre nuove mutazioni puntiformi nella zona identificata da alcuni test molecolari. Questo può rendere questi test leggermente meno sensibili e alcuni campioni con un basso livello di virus potrebbero risultare falso-negativi. Ma vi sono altre possibilità diagnostiche come test molecolari diversi e la ricerca degli anticorpi IgM.

Non c’è quindi nessun allarme morbillo nel nostro Paese però

i dati nel 2022 mostrano come in Italia la copertura vaccinale per il morbillo sia stata pari al 92 per cento della popolazione per la prima dose e all’86 per cento per la seconda dose, con un calo dell’1 per cento e del 3 per cento rispetto al 2018.

Non siamo, quindi, in una situazione nazionale che garantisce l’ immunità di gregge (che si ha se l’immunità copre almeno il 95% della popolazione).

Viene spontaneo, quindi, chiedersi se la pandemia e la pressione vaccinale esercitata per arginare la pandemia non abbiano innescato una reazione avversa nei confronti di tutto il piano vaccinale compreso quello per la protezione dell’ infanzia.

Secondo un recente report di UNICEF in Italia, dopo la pandemia si è verificato un calo di 6,8 punti percentuali nella fiducia nei vaccini.

Emerge, quindi, forte, la necessità di ristabilire fiducia nei vaccini e ritornare ai livelli di vaccinazione pediatrica pre-pandemica.

Emerge forte anche la preoccupazione per quelle zone di mondo dove, purtroppo, le campagne vaccinali sono ferme per cause di forza maggiore.


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