Parte X, Conclusioni
Il “Mediterraneo allargato” continuerà a rappresentare, sotto il profilo geopolitico e geostrategico, il paradigma dei contrasti e dei conflitti, che si manifesteranno sul teatro globale. La stabilità dell’area mediterranea, inoltre, dipenderà anche dal successo, o meno, delle politiche di consolidamento della democrazia e della cooperazione economica allo sviluppo, che la sponda Nord e, in particolare, l’UE riusciranno a realizzare, in un nuovo spirito di collaborazione paritaria con le democrazie nascenti. In linea teorica, gli Stati membri dell’UE hanno concordato sulla necessità di appoggiare, senza indugi, i processi di pacifica transizione politica, che si sono manifestati nel Nord Africa e nel Vicino Oriente, e sulla revisione, in senso migliorativo, delle politiche mediterranee di cooperazione e di sviluppo.
Bisogna riconoscere, tuttavia, che, dai confronti in atto, tra gli Stati membri UE, si va affermando, non tanto una radicale ed innovativa riforma delle politiche mediterranee, tanto attesa, quanto un’opzione di miglioramento, di rafforzamento e di aggiornamento delle stesse (rafforzamento della PEV; trasformazione dell’UPM, superando il conflitto fallimentare tra il secondo pilastro – collaborazione politica e di sicurezza – e gli altri pilastri – collaborazione economica e culturale), senza la modifica della logica esistente. Non prevale l’applicazione, con rigore e coerenza, del criterio della condizionabilità, del criterio di sostegno preferenziale del settore privato dell’economia e del criterio della minore interferenza negli orientamenti politici e religiosi, che si affermeranno, tramite libere elezioni. In particolare, mentre si preannunciano continue ondate di immigrazione clandestina, ancora non si afferma, in sede comunitaria, l’urgente necessità di individuare una comune e coerente politica della mobilità e dell’immigrazione nell’area mediterranea.
Sul tema dell’immigrazione, legale e clandestina, permane una visione fortemente conservatrice, per cui si manifesta più la disponibilità ad aumentare le risorse finanziarie per fronteggiare l’assistenza ai migranti, piuttosto che la reale volontà di definire una politica europea dell’immigrazione, che venga sostenuta non solo dai paesi di frontiera della sponda Nord del Mediterraneo, ma da tutti gli Stati membri dell’UE.
Questa incertezza dell’UE condiziona anche una visione unitaria su come affrontare altri teatri di crisi. Allo stesso modo, l’UE non sembra sufficientemente pronta ad affrontare e a risolvere le questioni che si pongono, con l’emergere di nuovi importanti attori della scena internazionale, come la Cina, l’India e i paesi del Golfo. Sarebbe necessaria una radicale riforma delle politiche mediterranee, una nuova logica, che inquadri il “Mediterraneo allargato” non come un’area separata dalle altre aree, specie quelle immediatamente adiacenti.
Non è più possibile separare il Mediterraneo dal Medio Oriente, anche perché crescente risulta, sulla regione, l’influenza dell’Iran, del Qatar, degli Emirati Arabi Uniti e del Kuwait. La nuova politica euro-mediterranea dovrà essere non solo migliorata, ma riformata radicalmente, tenendo presente le interrelazioni con il Medio Grande Oriente.
ENGLISH VERSION
The Role of the Mediterranean Sea in Geopolitics and Geostrategy
Part X
Conclusions
by Riccardo Piroddi
The “Greater Mediterranean” will continue to represent, from both geopolitical and geostrategic perspectives, the paradigm of tensions and conflicts that will unfold on the global stage. The stability of the Mediterranean area will also depend on the success or failure of policies aimed at consolidating democracy and promoting economic development, which the northern shore, particularly the EU, will manage to implement in a new spirit of equal collaboration with emerging democracies. In theory, EU member states have agreed on the need to unhesitatingly support the peaceful political transitions that have occurred in North Africa and the Near East, and on revising Mediterranean cooperation and development policies for improvement.
However, it must be acknowledged that in ongoing discussions among EU member states, what is emerging is not so much the long-awaited radical and innovative reform of Mediterranean policies, but rather an option to improve, strengthen, and update existing policies (strengthening the ENP; transforming the UfM by overcoming the failure of the second pillar—political and security cooperation—and the other pillars—economic and cultural cooperation), without altering the existing logic. The consistent and coherent application of the conditionality criterion, the preferential support for the private sector of the economy, and the criterion of minimal interference in the political and religious orientations that will emerge through free elections do not prevail.
In particular, while continuous waves of illegal immigration are anticipated, the urgent need to develop a common and coherent mobility and immigration policy for the Mediterranean area has yet to be acknowledged at the community level. On the issue of immigration, both legal and illegal, there remains a strongly conservative perspective, manifesting more as a willingness to increase financial resources for migrant assistance rather than a genuine desire to define a European immigration policy supported not only by the northern shore frontier countries of the Mediterranean, but by all EU member states. This uncertainty within the EU also affects a unified approach to addressing other crisis areas.
Similarly, the EU does not seem sufficiently prepared to tackle and resolve the issues that arise with the emergence of new significant actors on the international stage, such as China, India, and the Gulf countries. A radical reform of Mediterranean policies is necessary, along with a new framework that does not view the “Greater Mediterranean” as an area isolated from other regions, especially those immediately adjacent. It is no longer possible to separate the Mediterranean from the Middle East, particularly given the growing influence in the region of Iran, Qatar, the UAE, and Kuwait. The new Euro-Mediterranean policy must not only be improved but radically reformed, taking into account the interrelations with the broader Middle East.
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