Il civismo ha in se’ molte valorialità tipiche del volontariato e, in termini di integrazione concettuale ed operativa con esso, sviluppa impatto sul sistema territorio di riferimento.
Offre continuità di servizio integrando la funzione riparativa nelle emergenze con un rapporto costante con la domanda dei cittadini In logica sussidiaria rispetto al conseguimento del bene comune territoriale.
Senza azzardo il civismo ha “in re ipsa” il volontariato.
Il tema del civismo connotava le corti medioevali e la cifra della cortesia era considerata civismo .
Inoltre con il civismo si davano regole e tutela della sicurezza e del rispetto reciproco della dignità altrui in una dimensione non di egualitarismo ,ma di rispetto dei diritti.
Il civismo si avvale dei corpi intermedi di volontariato per esigenze sociali, economico-finanziarie, di coesione sociale che lo Stato non può sostenere per mancanza di risorse: finanziarie, persone, senso e orientamento. Inoltre il connubio fra civismo e volontariato si traduce in “idealità agìta”. Comunque il civismo ha affinità elettive con il volontariato e sviluppa servizio pubblico e di pubblica utilità.
Con una precauzione: si deve evitare l’approccio riduttivo nel considerare il volontariato come stampella del sistema socio-economico del territorio.
Il volontario, infatti, offre un servizio di valorialità e di valore in forma gratuita (in Italia c’è anche un volontariato con corrispettivo o rimborso spese continuativo come la Protezione Civile, alcuni volontari delle Croci di assistenza e delle Misericordie, alcuni professionisti volontari delle ONG ed altre),ma istituzionalmente operativo ed ormai struttura portante della vita.
L’azione del volontario è gratuità, altruità e terzietà (come riconoscimento dei valori di merito di ogni altra persona), relazione d’aiuto, condivisione e prossimità ed altre connotazioni virtuose che attengono al sistema di gestione della cosa pubblica. Ma è gestione fra privato e pubblico, non estetica pubblica
Oggi si è compreso che il volontariato ha un valore economico evidente e misurabile e genera impatto sociale, economico e di governance.
Quando si entra in una possibile valutazione economica del volontariato(valore) la si percepisce subito come un tema tabù e, spesso, la si mette fra parentesi. E’ come se si ridimensionasse la valorialità solidale e altruistica del volontariato. Valore vs.valorialità? Certamente no, ma con la consapevolezza che senza volontariato sostenibile economicamente non c’è sistema socio economico che regge. Per esempio Milano città metropolitana con gli oltre 250.000 volontari si avvale della loro azione sussidiaria e complementare allo sviluppo del capitale sociale e di servizio di Milano.
Cultura, tutela ambiente, sport, servizi sociali, servizi sanitari e tutte le aree della vita sono coperte dai volontari.
Il volontariato è un moltiplicatore sociale ed economico.
La valutazione economica purtroppo suscita ancora varie reazioni dubitative:
– si pensa che il volontariato, se calcola il suo valore economico, avanzi la richiesta di un corrispettivo. Certamente no perché sappiamo benissimo che il volontariato tradizionale e prevalente è gratuito;
-si pensa che in termini di principio una valorizzazione economica sia un “atto impuro” che toglie la valorialità primigenia e sociale del volontariato.
La valorizzazione economica del volontariato è invece una precondizione di sostenibilità operativa, un proxi di orientamento utile per una gestione integrata ed efficace. E’ una esigenza strutturale del sistema paese.
Inoltre offre una informazione importante: il tempo di servizio del volontariato, se qualificato ed utile per il valore sostituivo o valore aggiunto generato (tecnicamente costi figurativi e prezzi ombra), è parte integrante del servizio erogato a favore dei cittadini -clienti dei servizi offerti. Quindi valorialità etica e valore economico non sono una contraddizione, ma una sinergia positiva.
Dal punto di vista tecnico i costi opportunità del volontariato si riferiscono al salario che il volontario guadagnerebbe lasciando il volontariato ed entrando nel mondo del lavoro. In una recente ricerca gli intervistati solleci
tati sulla possibilità di equiparare la figura del volontario a quella del lavoratore, essi riportano la riflessione sul tema del coinvolgimento
dei più giovani nel volontariato. Secondo gli intervistati, pur non essendo
ricorrente si può osservare, specie da parte dei più giovani, un impegno nel volontariato come momento di passaggio e di sperimentazione in vista
dell’ingresso nel mondo del lavoro:
“molti spesso passano dal volontariato magari per sperimentare il mondo del sociale come mondo in cui poter lavorare. Il volontariato aiuta a capire cosa significa anche lavorare, aiuta a chiarire le idee”
Fare volontariato è qualcosa di simile a svolgere un lavoro sociale e l’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro -agenzia delle Nazioni Unite) ha sancito che il volontariato è un lavoro.
È opinione condivisa, che tra gli indicatori utilizzabili per equiparare il volontariato all’attività lavorativa vi sia la valutazione qualificata del tempo di volontariato:
…. si possono anche proporre indicatori e costruirli insieme. Un indicatore potrebbe essere il tempo, il tempo delle persone, gli strumenti che devono avere e la copertura che offre l’intervento”
In quest’ ottica il volontariato è ormai un “lavoro di servizio e di reciprocità” cioè un “lavoro civico”.
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