Questa domanda non è una provocazione, ma un chiarimento: i volontari sono utili ed acquisiscono sempre più competenze e professionalità. Se assumiamo, invece, il concetto di “utile idiota” come “una locuzione di tipo generico che si riferisce a chiunque agisce a vantaggio di altri senza che il proprio merito sia riconosciuto anche istituzionalmente e non solo in modo esornativo”, effettivamente c’è poca speranza per il welfare che assumerebbe il valore dell’”effetto annuncio” burocratico amministrativo.
Peggio ancora se “utile idiota” rappresentasse qualcuno che può essere manipolato funzionalmente.
I 4.6milioni di volontari italiani (Volontariato Sociale, Volontariato Ambientale, Volontariato in Emergenze e Disastri, Volontariato Internazionale, Volontariato Virtuale e On Line) devono avere evidenze di riconoscimento nella governance istituzionale ed organizzativa per il loro ruolo funzionale al welfare del “Sistema Italia” ed anche con specificità al Servizio Sanitario Nazionale.
In questo caso, per esempio, essi danno un valore aggiunto indispensabile ai servizi sanitari che alcuni ospedali offrono. Ma non è solo asettica e residuale presenza in ore, ma operatività qualificata ed, infatti, acquisiscono sempre più competenze (formazione continua dei volontari come “cifra” di tutte le associazioni di volontariato sanitario e socio assistenziale) sfidando l’attuazione dell’innovazione organizzativa, della gestione del paziente nel ruolo di caregiver (per esempio il tema dell’aderenza e della disaderenza terapeutica del paziente). Ed ancora accettare la sfida della telemedicina, dell’e-health, del mobile health in una visione di medicina di precisione.
Solo parole e concetti? No! Le domande di servizi sociali insoddisfatte dallo Stato ammonteranno a 70 miliardi di euro entro il 2025.Le risorse pubbliche sono in declino e quindi qualcuno deve “riempire i vuoti”. Esempi concreti sono i volontari dell’AVO (associazione Volontari Ospedalieri), della LILT (Lega Italiana per la lotta contro i Tumori), di SOTTOVOCE (associazione di volontari che danno servizi in IEO e MONZINO); essi svolgono operativamente attività spesso ad integrazione o al posto di parte del ruolo di figure socio sanitarie assistenziali.
Senza tirarsi indietro, lo hanno fatto in regime di pandemia endemica ed in era Covid
Un volontariato attivo che, oltre ad accogliere i pazienti quando entrano nelle strutture, stabiliscono, spesso, una relazione costante e duratura, gestiscono, in progress, la risposta alle domande di orientamento logistico, burocratico, di informazione delle opportunità normative e suggeriscono dove trovare le strutture di risposta (una specie di “google map” sulle opportunità dei servizi). Un volontariato integrato nell’offerta dei servizi con una professionalità che si basa sulle competenze che si acquisiscono tramite formazione costante.
Il valore aggiunto si inserisce anche nel filone delle teorie sulla conferma-disconferma delle aspettative del paziente che ha e sviluppa fiducia nell’istituzione sanitaria che offre i servizi sanitari. Ovviamente la prima aspettativa è la guarigione o lo “stare meglio” che si sviluppa contemporaneamente alla fruizione delle attività offerte nel loro ciclo di vita. Un tema aperto è il differenziale fra la percezione del servizio sanitario offerto e la soddisfazione agìta. Le aspettative possono essere desiderate o previste. Infatti il paziente ha aspettative “normative” (ideali e desiderate) o aspettative predittive che sono legate spesso al valore dell’offerta (“firm specific” o “brand specific”). Una caratteristica del processo è la generazione di “qualità percepita”.
Il volontario attiene a questo processo e sviluppa performance di accoglienza, orientamento, accompagnamento relazionale ed è percepito come aiuto a “giocare” un corretto e compliante ruolo di paziente. Tutto questo avviene sia “de visu” sia on line.
La grande opportunità anche è la “messa a terra” operativa della co-programmazione e co-progettazione tra i comuni ed il volontariato e gli Enti di Terzo settore (ed io aggiungo delle imprese sociali profit) dell’art.55, del Codice del Terzo Settore (D. Lgs.117/17). E’ una opportunità! Una collaborazione in ‘filiera’ tra aziende pubbliche, private profit e non profit con la finalità di perseguire risultati di interesse generale della comunità e in piena attuazione al principio costituzionale di sussidiarietà.
Perché il volontariato non è l’”utile idiota”?. Perché essere utili senza competenze e senza ruolo organizzativo è un “bias “di sistema; infatti rischieremmo di generare risultati inferiori alle risorse investite e fermarci al riconoscimento formale ed esornativo.
In sintesi questi sono i dati che comprovano il peso delle “imprese sociali in generale”:
Numero OES, dipendenti e volontari distinti per forma giuridica. Anno 2017
forma giuridica/aziendale n. OES n. dipendenti n. volontari
associazione 299.669 164.518 5.020.809
cooperativa 58.545 1.150.41 4 3.781
altra forma giuridica 29.251 1.194 401.957
fondazione 7.503 99.846 62.211
totale 394.968 1.545.972 5.528.758
Fonte: Euricse, Istat
Per passare al cambiamento istituzione il quadro normativo dovrebbe riconoscere, nella governance degli ospedali pubblici e privati, la partecipazione delle associazioni dei pazienti e dei volontari in qualunque forma costituiti.
E’ una esigenza fatta propria dall’on. Silvia Roggiani (PD) che ha proposto un emendamento su questa linea con una richiesta specifica che così recita:
(Disciplina della partecipazione di associazioni nelle strutture sanitarie).
1. All’articolo 17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, dopo il primo periodo è inserito il seguente: “Nella composizione del collegio di direzione di cui al periodo precedente, le regioni garantiscono la partecipazione delle associazioni dei pazienti e dei volontari in qualunque forma costituiti.”
2. Nelle strutture sanitarie private gli statuti prevedono la partecipazione negli organi gestionali delle associazioni dei pazienti e dei volontari in qualunque forma costituiti. La partecipazione dei rappresentanti avviene sulla base delle procedure definite dagli accordi stipulati tra la società e le associazioni interessate.
Sarebbe un passo avanti verso un “volontariato strutturale” e funzionale non solo come operatività ed efficacia, ma anche con un ruolo organizzativo di chi, per prossimità con la domanda e per continuità di servizio, conosce bene i pazienti ed i degenti riguardo alla loro qualità della vita.
E’ un passo obbligato.
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