CARMINE FOTIA
Nei giorni scorsi gruppi di giovani estremisti hanno impedito alla ministra Eugenia Roccella di esporre le sue posizioni sull’aborto a un convegno promosso da un gruppo di associazioni nel quale era previsto anche un intervento di Papa Francesco, le cui posizioni sul tema coincidono con quelle della ministra (che io non condivido affatto, per essere chiari). Ovvero, lo stesso Pontefice che per i contestatori è l’icona del pacifismo mondiale.
Tutto ciò mi rammenta quanto avveniva nel fatidico ’77 all’università di Roma e vorrei raccontare un episodio che mi coinvolse. Fu verso la fine del 1977 o a metà del 1978, non ricordo con precisione la data. Nell’università di Roma la componente moderata e non estremista della quale facevo parte non aveva diritto di parola nelle assemblee dominate dall’autonomia operaia che a suon di bastonate e assalti alla presidenza ci impediva di intervenire.
Un giorno decidemmo (noi del Pdup, la Fgci e il mio collettivo universitario, quello della facoltà di Economia, la cui sede era vicina ma fuori dalle mura della Sapienza) di organizzare un’assemblea sulla nuova legge 285 che per contrastare la disoccupazione consentiva tra l’altro la creazione di cooperative giovanili. L’aula era gremita ma appena cominciai a parlare per introdurre l’assemblea comincio la gazzarra degli autonomi (tutti per altro esterni alla facoltà) che ci attaccarono violentemente per impedirci di tenere la nostra assemblea. Questa volta, però, i buoni (cioè noi) non furono fessi. Ci eravamo ben organizzati e li cacciammo fuori dall’aula. Nel trambusto una sprangata colpì su un braccio Goffredo Bettini, allora segretario della Fgci romana, che portò per mesi quell’ingessatura come una medaglia. Poi uscimmo in corteo per le vie di San Lorenzo a festeggiare la riconquista di un diritto che gli autonomi ci negavano.
Chi, come me, ha vissuto intensamente quegli anni guarda dunque con crescente preoccupazione a questi gruppi giovanili estremisti che impediscono di parlare a chi non la pensa come loro, bruciano le bandiere d’Israele, insultano e intimidiscono i giovani ebrei nelle università americane, e nelle piazze italiane vorrebbero impedire di sfilare ai partigiani della Brigata Ebraica.
Oggi, però, mi obiettano i miei amici di sinistra che li giustificano, questi ragazzi non sono violenti, sono semmai un derivazione del “wokismo” imperante nelle università americane. Il problema è che impedire a qualcuno di parlare è un atto violento in sé, che ci sia o no violenza fisica. È la negazione della democrazia che si basa sul confronto tra posizioni opposte.
Non invoco repressioni, sollecito riflessioni. Una sinistra che tolleri tutto questo, che lo giustifichi è una sinistra che non sa più educare alla democrazia piegandosi alla semplificazione populista, disegnando una cultura dai tratti illiberali che per me è il contrario di quello che dovrebbe essere la sinistra.
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