Confermate le nomine decise alla vigilia della vecchia maggioranza popolari socialisti liberali1
Quattordici/A Hermes Storie di geopolitica – Europa
Giampiero Gramaglia
Giornalista,
co-fondatore di Democrazia futura, già corrispondente a Washington e a Bruxelles
“In Europa Giorgia Meloni rimane a margine dei giochi”. Così scriveva Giampiero Gramaglia descrivendo l’intesa raggiunta alla vigilia del vertice di Bruxelles. che riprendiamo con alcuni aggiornamenti: “Come c’era da aspettarsi il Vertice europeo di Bruxelles ha ratificato decisioni ormai prese chiudendo senza sorprese il semestre di presidenza di turno belga del Consiglio dei Ministri dell’Unione europea confermando l’intesa raggiunta martedì 25 giugno sulle nomine, suggellata da un patto fra popolari, socialisti e liberali: Ursula von der Leyen, popolare, tedesca, confermata alla presidenza della Commissione europea; Roberta Metsola, popolare, maltese, confermata alla presidenza del Parlamento europeo; António Costa, socialista, portoghese, alla presidenza del Consiglio europeo; Kaje Kallas, liberale, premier estone, a capo della diplomazia europea. L’Italia si è astenuta sul secondo mandato di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione. Voto contrario invece sulle nomine dell’ex premier portoghese e dell’attuale primo ministro estone rispettivamente come presidente del Consiglio europeo e Alto rappresentante per gli Affari esteri, assumendo una linea più intransigente persino rispetto a quella del premier ungherese Viktor Orbán che si è espresso a favore di Costa mentre ha votato contro la von der Leyen e si è astenuto sulla Kallas, e dopo che la Slovacchia si era pronunciata a favore di tutte e tre le personalità individuate dall’intesa. In un twitter reso noto nella notte Giorgia Meloni ha dichiarato: “La proposta formulata da popolari, socialisti e liberali per i nuovi vertici europei è sbagliata nel metodo e nel merito. Ho deciso di non sostenerla per rispetto dei cittadini e delle indicazioni che da quei cittadini sono arrivate con le elezioni. Continuiamo a lavorare per dare finalmente all’Italia il peso che le compete in Europa”.
28 giugno 2024
Come c’era da aspettarsi il Vertice europeo di Bruxelles ha ratificato decisioni ormai prese chiudendo senza sorprese il semestre di presidenza di turno belga del Consiglio dei Ministri dell’Unione europea confermando l’intesa raggiunta martedì 25 giugno sulle nomine, suggellata da un patto fra popolari, socialisti e liberali: Ursula von der Leyen, popolare, tedesca, confermata alla presidenza della Commissione europea; Roberta Metsola, popolare, maltese, confermata alla presidenza del Parlamento europeo; António Costa, socialista, portoghese, alla presidenza del Consiglio europeo; Kaje Kallas, liberale, premier estone, a capo della diplomazia europea. L’Italia si è astenuta sul secondo mandato di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione. Voto contrario invece sulle nomine dell’ex premier portoghese e dell’attuale primo ministro estone rispettivamente come presidente del Consiglio europeo e Alto rappresentante per gli Affari esteri, assumendo una linea più intransigente persino rispetto a quella del premier ungherese Viktor Orbán che si è espresso a favore di Costa mentre ha votato contro la von der Leyen e si è astenuto sulla Kallas, e dopo che la Slovacchia si era pronunciata a favore di tutte e tre le personalità individuate dall’intesa.
In un twitter reso noto nella notte Giorgia Meloni ha dichiarato:
“La proposta formulata da popolari, socialisti e liberali per i nuovi vertici europei è sbagliata nel metodo e nel merito. Ho deciso di non sostenerla per rispetto dei cittadini e delle indicazioni che da quei cittadini sono arrivate con le elezioni. Continuiamo a lavorare per dare finalmente all’Italia il peso che le compete in Europa”.
La discussione tra i leader dell’Unione europea sui top job è iniziata alle dieci di sera ed è stata «più veloce del previsto», essendo stata discussa in un solo giorno anziché in due giorni.
«Sono grata della scelta dei leader per confermarmi alla presidenza della Commissione»,
ha detto la presidente von der Leyen che rispondendo a una domanda, si è premurata di sottolineare la diversa posizione assunta dalla premier italiana nei suoi confronti:
«Giorgia Meloni si è astenuta. È molto importante per me lavorare al Consiglio con l’Italia, con tutti gli altri Stati, è un principio che ho seguito sempre».
Con questa dichiarazione la Presidente popolare riconfermata per un secondo mandato alla Commissione, si è così distinta dalla posizione assunta dal cancelliere tedesco socialdemocratico Olaf Scholz, che aveva qualificato come fatto «positivo» che
«i partiti che appartengono alle famiglie populiste di destra non siano» parte del sostegno all’intesa sulle nomine.
Decise le nomine, i giochi ora si spostano nel Parlamento europeo dove la situazione rimane fluida
Ursula von der Leyen e Kaja Kallas
Von der Leyen dovrà ora ottenere l’investitura del Parlamento europeo, forse già nella prima sessione dell’Assemblea uscita dalle elezioni di inizio giugno, dal 16 al 19 luglio. Metsola dovrà essere formalmente eletta dagli eurodeputati, nella stessa prima plenaria. Costa e Kallas, invece, sono nomine di competenza diretta del Consiglio europeo (ma pure Kallas dovrà ricevere l’approvazione degli eurodeputati, in quanto membro della Commissione). I toni stizziti usati dalla premier italiana Giorgia Meloni nel commentare, giovedi 27 giugno in Parlamento e l’indomani a Buxelles, questo quadro di nomine europee confermano che l’Italia non ha avuto parte attiva nella trattativa, condotta – scrive Eunews – dai leader greco e polacco per il Ppe, tedesco e spagnolo per il Pse e francese e olandese per i liberali. Per l’olandese Mark Rutte questo è il canto del cigno europeo: designato a segretario generale dell’Alleanza atlantica – incarico che assumerà il 2 ottobre -, sarà avvicendato in Olanda il 2 luglio da Dick Schoof.
I capi di Stato e/o di governo popolari, socialisti e liberali, nell’attuale Consiglio europeo, fanno maggioranza qualificata: sono 15 su 27 e rappresentano più del 65 per cento della popolazione totale. Possono, quindi, decidere senza concorsi esterni.
Subito dopo le elezioni europee, è parsa evidente la volontà dei leader, specie il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, di stringere i tempi delle nomine, senza attendere l’esito delle politiche francesi – primo turno il 30 giugno, ballottaggio il 7 luglio -, che potrebbero produrre un quadro negoziale più complicato.
Parlando al Bundestag, Scholz spiega:
“Tre tedeschi su quattro e tre europei su quattro non sono per i partiti populisti… Perciò mi sono impegnato perché la Commissione non dipenda da forze populiste”.
Decise le nomine, il Vertice europeo s’annuncia dominato dall’angosciosa e tempestosa prospettiva delle elezioni francesi, i cui risultati potrebbero fare saltare o, comunque, indebolire un asse franco – tedesco già poco solido. Poi, sarà Ursula von der Leyen, la cui maggioranza sulla carta è ampia – circa 400 eurodeputati su 720: ne servono 361 -, a provare ad allargare il consenso sul suo nome, magari con i conservatori (o direttamente con Fratelli d’Italia), capitalizzando l’intesa fra lei e Meloni ostentata negli ultimi mesi. Ursula von der Leyen deve tenere conto del rischio di franchi tiratori nella sua maggioranza e avere frecce di scorta al suo arco.
Il votare l’investitura a Ursula von der Leyen non dà, però, la garanzia di contare nella legislatura prossima ventura. Nel 2019, Cinque Stelle le portarono i loro voti rivelatisi indispensabili, ma non seppero ricavarne il minimo beneficio operativo o politico. La geografia dei gruppi nell’Assemblea di Strasburgo, e quindi anche la loro forza, è tuttora fluida, perché defezioni e accorpamenti sono ancora possibili in questa fase di ‘campagna acquisti’: dietro popolari e socialisti, i conservatori di Giorgia Meloni, nel gioco delle acquisizioni, hanno conquistato il terzo posto, scavalcando i liberali, che, usciti già indeboliti dal voto, hanno perso il manipolo dei sette deputati cechi del partito dell’ex premier Andrej Babis. Il rischio di implosione del gruppo liberale ha creato ansie e nervosismo, perché c’era il pericolo, che pare sventato, di un collasso della maggioranza europeista.
La possibile nascita del nuovo gruppo di estrema destra “I Sovranisti”
Nei giorni che hanno preceduto il vertice europeo di Bruxelles, veniva data per certa la nascita de “I Sovranisti”, un nuovo gruppo di estrema destra, guidato dall’AfD tedesco con l’intento di riunire partiti nazionalisti di tutta Europa, in competizione con l’estrema destra di Marine le Pen e Matteo Salvini e con i conservatori. Ma, secondo Stern, l’iniziativa fatica a decollare: per costituire un gruppo, bisogna mettere insieme almeno 25 deputati di sette Paesi diversi; e non è facile. Improbabile riuscirci prima dell’assemblea del partito in agenda nel week-end a Essen. Esclusi dal gruppo di Marine Le Pen e Matteo Salvini nell’imminenza delle elezioni, gli esponenti del partito di cui sono leader Alice Weidel e Tino Chrupalla hanno contatti – scrive Der Spiegel – col partito bulgaro Wasraschdane, il romeno SOS, lo spagnolo Se Acabò la Fiesta, il movimento Patria nostra ungherese, il NIke greco, Konfederacja della Polonia e Hnutie della Slovacchia, ma le trattative non sono finora andate a buon fine. L’esclusione di AfD dal gruppo delle estreme destre era stata dovuta ai numerosi scandali che avevano coinvolto il capogruppo Maximilian Krah, che non fa più parte della delegazione europea, ora guidata da René Aust.
Decise le nomine, che cosa resta all’Italia
Commentando l’attuale fase europea, Pier Virgilio Dastoli, presidente del Movimento europeo Italia e uno dei massimi esperti italiani di affari europei, ricorda che von der Leyen negozierà con Meloni, come con ciascun altro leader di un Paese Ue, il nome del commissario e il suo incarico esecutivo. Che l’Italia punti a un portafoglio di rilievo e a una vice-presidenza è quasi ovvio, essendo l’Italia, almeno demograficamente ed economicamente, la ‘terza forza’ europea.
L’insieme della Commissione dovrà poi essere approvato dal Parlamento europeo, le cui commissioni competenti incontreranno i singoli commissari per valutare se essi rispondono ai criteri di indipendenza, professionalità e impegno europeo.Il ministro Raffaele Fitto, che molti indicano come membro italiano della Commissione Uvdl2, dice che
“quello delle nomine non è l’unico tema rilevante dell’agenda del Vertice europeo”: per l’Italia, è molto importante che “ne esca un messaggio chiaro sui temi della competitività, della difesa e della migrazione”.
Su questo, non c’è rischio che Meloni resti delusa: le conclusioni del Consiglio sono già state scritte e quelle priorità -osserva Dastoli – sono già state definite fin dal Vertice di Granada nell’ottobre 2023,
“nel quadro di un approccio consensuale e non per l’intervento del governo italiano”.
- Scritto il 26 giugno 2024 per The Watcher Post https://www.giampierogramaglia.eu/2024/06/27/nomine-ue-meloni-a-margine/ ↩︎
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