Tredici/C Clio Storia del presente
Mathieu Fulla
Ricercatore al Centre d’Histoire di Sciences Po a Parigi
La parte terza del numero 13 di Democrazia futura contiene un focus di approfondimento a cura di Bruno Somalvico dedicato alla figura di Jacques Delors, l’ultimo grande europeo, a sei mesi dalla scomparsa che fa seguito al webinar promosso il 30 gennaio 2024 in collaborazione con Key4biz e che può essere rivisto su YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=c7VnhLNgmHs
Iniziamo l’anticipazione di questo focus con il testo della prima relazione introduttiva dedicata a “Jacques Delors: un itinerario intellettuale e politico” redatta da un giovane studioso francese, Mathieu Fulla, Ricercatore al Centre d’Histoire di Sciences Po a Parigi. Un cattolico impegnato ma diffidente nei confronti dei partiti politici, un esperto sospettoso nei confronti dello Stato nel cuore dell’alta amministrazione francese, con un rapporto tormentato con il socialismo francese che, dopo essere stato ispiratore della svolta di politica economica nel primo settennato di Mitterrand all’Eliseo, rinuncia a diventare Primo Ministro optando per la Presidenza della Commissione europea dal 1985 al 1995 per poi rinunciare a scendere in campo a fianco dei socialisti francesi per le presidenziali del 1995″. Questo l’itinerario politico di Delors che emerge dal saggio di Fulla su una personalità complessa che va studiata e capita nei confronti dell’Europa “oltre il mito europeista”. Nelle sue conclusioni il giovane studioso osserva come “Le ambivalenze della cultura politica di Jacques Delors si ritrovano infine nella sua azione alla guida della Commissione europea. Da un lato non nasconde la soddisfazione di essere uno dei principali attori che hanno consentito l’approfondimento e l’ampliamento di una costruzione bloccata all’inizio degli anni Ottanta. Dall’altro avverte un sentimento di crescente amarezza sul volto della svolta molto liberale presa dall’Unione Europea a partire da Maastricht e che ha continuato ad approfondirsi dopo la sua uscita fino alla crisi finanziaria del 2008. L’appello delorista per una «federazione di Stati nazionali», strutturata sul principio di sussidiarietà e sul rilancio dell’Europa sociale, non viene ascoltato”.
02 maggio 2024
Gli omaggi seguiti all’annuncio della morte di Jacques Delors, avvenuta il 27 dicembre 2023, hanno permesso di ricordare l’importanza di questo attore nella storia politica del socialismo francese dagli anni Settanta agli anni Novanta così come la sua centralità nella nascita dell’Unione europea grazie alla sua lunga presidenza della Commissione tra il 1985 e il 1995. Questo testo propone di riprendere il cammino che ha portato Delors alle più alte responsabilità nazionali ed europee, ricollocando la sua carriera in una dinamica più globale, quella dei giovani cristiani che desiderano impegnarsi nella vita della città dopo la seconda guerra mondiale, sottolineando le singolarità di questo percorso nella storia politica francese ed europea.
Un cattolico impegnato ma diffidente nei confronti dei partiti politici
Jacques Delors proviene da una famiglia urbana, cattolica e operaia. Suo padre lavorava alla Banque de France mentre sua madre lasciò il lavoro di segretaria per crescerlo1. Dall’adolescenza, aderisce ancora dal 1938 al 1940 alla pré-Jeunesse Ouvrière Chrétienne (pré-JOC), un’organizzazione che preparava i futuri lavoratori al loro ingresso nella vita professionale e all’attivismo nella Jeunesse Ouvrière Chrétienne (JOC). Jacques Delors continua i suoi studi fino al diploma di maturità, ma inizia a lavorare a diciannove anni. Si forma da autodidatta sui maggiori problemi politici, economici e sociali del tempo. Grande lettore della rivista Esprit, il suo approccio alla politica e alla società è fortemente segnato dal personalismo di Emmanuel Mounier, uno dei principali teorici che sostenevano un forte reinserimento della politica nel sociale2.
La cultura politica di Delors è fortemente radicata nella sua fede cristiana. Questo orientamento intellettuale lo spinge, come molti cristiani impegnati del dopoguerra, a diffidare dei partiti politici. Anche se aderisce al Mouvement républicain populaire (MRP) nell’ottobre del 1944, rimane in questo partito solo per otto mesi, occupando poi lo spazio politico assegnato alla Democrazia Cristiana in paesi come l’Italia e la Germania occidentale, i Paesi Bassi o anche il Belgio:
“il divario era davvero troppo grande tra i proclami e la pratica”,
afferma nelle sue memorie3.
Questa ostilità verso lo spirito fazioso e una certa concezione del potere promosso da queste formazioni, che giudica troppo verticale e non sufficientemente etica, lo allontana dal MRP ma anche dalla sinistra. Se il suo rifiuto del comunismo, ideologia verso la quale è sempre stato ostile, non sorprende, Delors è anche molto critico nei confronti del vecchio partito socialista, la Section française de l’Internationale ouvrière – SFIO (1905-1969), di cui non apprezza né l’attaccamento al marxismo né l’ostilità verso i cristiani, compresi quelli che hanno partecipato alla Resistenza (il che non è il caso di Delors)4.
Sotto la Quarta Repubblica, nessun modello politico spinge Jacques Delors all’impegno militante, sebbene rispetti l’impegno di Pierre Mendès France a favore della decolonizzazione e della modernizzazione istituzionale della Francia5. A differenza di quest’ultimo o di una personalità come Michel Rocard, giovane protestante impegnato anche lui nella vita civile, Jacques Delors non mostra nessun’autentica inclinazione per la politica. Considerando “sporche” le strategie elettorali e le manovre partigiane, se ne tiene accuratamente alla larga, preferendo fare campagna elettorale negli ambienti associativi, nel sindacalismo cristiano e nei club.
Prima degli anni Settanta il suo attivismo si svolge anche in altri ambiti politici. Associazioni, sindacati e club si adattano meglio alla sua concezione dell’impegno. Nel 12° arrondissement di Parigi, dove si stabilisce con la moglie Marie, Delors fa attivamente campagna nel movimento personalista ed educativo cristiano Vie Nouvelle. Questo attivismo duraturo ha lasciato un segno profondo in lui. Fu all’interno della Vie Nouvelle che iniziò a difendere l’importanza di sviluppare programmi di formazione continua per le classi lavoratrici. Offrendole per legge l’accesso alla cultura (teatro, cinema, spettacolo dal vivo), la classe operaia si doterebbe, secondo Delors, delle condizioni di possibilità della sua emancipazione6. Questo attivismo associativo lo rende anche consapevole dell’importanza dell’azione locale per cambiare in modo molto concreto la vita quotidiana dei suoi concittadini.
L’impegno di Jacques Delors è sempre stato plurale. Come molti cristiani di sinistra, investe nella ricostruzione della sinistra francese non comunista, singolarmente frammentata dopo la guerra. La lotta è difficile in un panorama dominato dal potente Parti Communiste Français (PCF) che, sotto la Quarta Repubblica (1947-1958), riuniva circa un quarto dell’elettorato7. Autodidatta, Delors segue le orme del padre superando il concorso per redattore [di atti e documenti] della Banque de France nel 1945 all’interno della quale crescerà rapidamente nella gerarchia senza mai appagare pienamente le proprie aspirazioni. Dedica il suo tempo libero ma anche parte del suo tempo professionale alle sue attività di attivista. Fu presso la Banque de France che Delors aderì per la prima volta alla Confédération française des travailleurs chrétiens (CFTC). Oltre all’impegno nella sua sezione sindacale, si impegna presto nel lavoro portato avanti da una minoranza politica e intellettuale di sinistra, Reconstruction, sotto la direzione di Paul Vignaux e Marcel Gonin8.
Vicino alle idee mendesiste9, Reconstruction ha cercato fin dalla sua nascita nel 1946 di sviluppare quello che i suoi ideatori chiamano un “socialismo della produzione” in contrapposizione al socialismo difeso dai partiti socialdemocratici dell’Europa occidentale e dalla SFIO, che critica per essersi concentrato esclusivamente su questioni di ridistribuzione della crescita economica. Adottare un simile atteggiamento equivale, secondo Vignaux e Gonin, ad abbandonare ai capitalisti la questione cruciale delle modalità di produzione e quindi della realtà del potere economico e della vita quotidiana dei lavoratori all’interno della fabbrica. Reconstruction vuole far sì che, in una sinistra francese dominata dal marxismo, una sinistra non comunista prenda le distanze da questa ideologia a favore di una cultura del dialogo sociale paragonabile a quella in vigore nelle socialdemocrazie del Nord Europa e nella Germania occidentale10.
La particolarità di Reconstruction risiede nel suo spiccato interesse per le esperienze straniere, in particolare americane e britanniche. Paul Vignaux, che ha trascorso la guerra negli Stati Uniti, osserva da vicino tutto ciò che accade al di là dell’Atlantico11. Anche il laburismo britannico, coronato dalla gloria della costruzione dello Stato sociale da parte del governo di Clement Attlee, costituisce un importante caso di studio per questi esperti sindacali12.
L’impegno nella CFTC ha permesso a Jacques Delors di farsi conoscere negli ambienti politici e della pubblica amministrazione francesi. All’inizio degli anni Sessanta è il principale esperto di questo sindacato a livello confederale in materia socioeconomica e ne dirige l’ufficio studi13. Nominato membro della sezione del Consiglio economico, ottiene un distacco dalla Banque de France e viene notato dal Commissario alla Pianificazione, Pierre Massé, che apprezza il rigore di un rapporto sui consumi da lui redatto. Nell’estate del 1961 Delors pubblica anche un articolo sulla rivista Esprit dedicato all’approccio sindacale alla pianificazione14. Questo testo attira l’attenzione del Club Jean Moulin, un pool di esperti e alti funzionari ostili al gollismo creato nel 1958 in opposizione alla guerra d’Algeria, e ne rafforza la reputazione di serietà e competenza. Nel maggio 1962, Pierre Massé gli offre, con sua grande gioia, l’opportunità di unirsi ai servizi della Commissione di Pianificazione.
Un esperto sospettoso nei confronti dello Stato nel cuore dell’alta amministrazione francese
Attraverso la sua cultura politica, nutrita dall’insegnamento cattolico, Jacques Delors diffida dello Stato e presenta argomenti per riconoscerne il carattere relativo come strumento di cambiamento sociale a beneficio dei livelli sub-statali, in primo luogo quello locale, e degli organismi intermedi. Tuttavia, trascorre “i migliori anni della sua vita professionale” accanto a Pierre Massé come capo della Divisione affari sociali del Piano, all’epoca il dispositivo centrale di indirizzo dello Stato nello sviluppo e nella conduzione della politica economica15.
A poco a poco, Delors si avvicina al potere, mantenendo peraltro il contatto con il territorio, essendo il Piano il centro nevralgico del dialogo sociale tra datori di lavoro, sindacati e alta Amministrazione. Quando parla di questioni sociali, Jacques Delors dice cose che suonano molto vere alle orecchie dei sindacalisti e dei lavoratori. Alto funzionario della pianificazione, svolge un ruolo chiave come mediatore durante il grande sciopero dei minatori del 1963. I colloqui con minatori e proprietari rivelano la sua perfetta conoscenza dei dati numerici e il suo spiccato senso pedagogico. I minatori ottengono un aumento salariale dell’8 per cento per compensare il “ritardo” salariale individuato da Delors rispetto ad altri settori industriali come la metallurgia16. In questa trattativa applica uno dei grandi leitmotiv del suo approccio alla politica, il compromesso, che gli permette di ottenere un accordo tra le parti sociali.
Come per molti attori della destra e della sinistra dell’epoca, il passaggio ai vertici della Pubblica Amministrazione costituisce per Delors una porta d’ingresso e un trampolino di lancio verso un impegno politico più assertivo ai vertici dello Stato17.
Nel 1969, risponde favorevolmente alla proposta del nuovo primo ministro gollista, Jacques Chaban-Delmas, di unirsi al suo gabinetto. La sua reputazione di uomo di sinistra, rafforzata dal proseguimento delle sue attività alla guida del suo club riformista Citoyens 60, le cui idee sono vicine a quelle di Reconstruction e, dal mantenimento dei suoi legami stretti con la Confédération française démocratique du travail (CFDT), ramo maggioritario della CFTC de-confessionalizzata, ne esce confusa. La scelta di lavorare per Chaban-Delmas accanto all’anziano funzionario mendesista Simon Nora complica singolarmente il rapporto di Delors con gli ambienti socialisti francesi, costituendo allo stesso tempo la sua prima esperienza al centro del potere18. L’autodidatta di origine cattolica abbastanza popolare, passato attraverso il sindacalismo prima di avvicinarsi a un Primo Ministro gollista e riformista, per molti osservatori e attori della vita politica francese appare in una posizione ancora oscura, malgrado abbia ormai superato di gran lunga i quarant’anni.
Un rapporto tormentato con il socialismo francese
Jacques Delors aderisce al Parti Socialiste (PS) nel 1974, quando la sua rifondazione avviata da François Mitterrand tre anni prima al congresso di Épinay (giugno 1971) gli permette di competere con il PCF come primo partito di sinistra19. Due peccati originali sconvolgono il rapporto tra Jacques Delors e il PS.
Il primo peccato, che agli occhi dei socialisti è anche il più grave, è l’aver svolto la funzione di consigliere di un primo ministro di destra tra il 1969 e il 1972. Jacques Delors è, insieme a Simon Nora, il principale ispiratore del progetto di “nouvelle société” di cui Jacques Chaban-Delmas presenta le linee generali all’Assemblea nazionale francese il 16 settembre 1969. Questo discorso fu una pietra miliare. Si trattava di allentare la tensione nella società, di introdurre l’idea di un dialogo duraturo tra le parti sociali per promuovere il progresso sociale attraverso la contrattazione piuttosto che per via legislativa20. Per il Parti Socialiste degli anni Settanta, che nel 1972 aveva stretto un’alleanza (conflittuale) con il PCF e aveva elaborato con esso un programma di governo comune, essersi unito a Chaban costituiva un errore politico. Come parte dell’Union de la gauche, il PS chiede la rottura con il capitalismo. La destra, al potere dal 1958, rimane il nemico irreconciliabile.
Il secondo peccato di Delors agli occhi dei socialisti risiede nella sua presunta fede cattolica. Pur rispettosa del principio di laicità, la sua cultura politica è fortemente improntata al cattolicesimo, che lo spinge, ad esempio, a sostenere la necessità di dissacrare il ruolo dello Stato in un momento in cui la maggioranza dei socialisti e dei comunisti vedevano in lui il motore e la forza principale della trasformazione economica e sociale nel quadro del Programme Commun di governo concluso tra i due partiti nel giugno 1972. Inoltre, François Mitterrand è molto diffidente nei confronti dei cristiani di sinistra, che sono entrati in gran numero dopo il 1974 nella nuova formazione. Sospetta che vogliano raccogliere i frutti della ricostruzione del socialismo francese da lui avviata21.
Jacques Delors per unirsi al Parti Socialiste nell’autunno del 1974 è costretto a subire un “esame di superamento” piuttosto umiliante inflittogli dal Centre d’études, de recherches et d’éducation socialiste (CERES), la principale corrente di sinistra del PS, allora guidato da Jean-Pierre Chevènement22. Jacques Delors, che non ha mai amato gli ambienti politici, non si sente a suo agio in questo partito il cui funzionamento si basa su un sistema di correnti rivali, in cui spiccano in particolare quelle vicine a François Mitterrand, gli amici di Michel Rocard e il CERES. Piuttosto che nei partiti, Delors continua a vedere nei club – ne ha creati molti – e nei sindacati i luoghi più favorevoli rispetto al PS per difendere la sua concezione della politica.
Emerge un paradosso. Mentre, attraverso le idee che promuove (decentramento, politica contrattuale, formazione continua, minore centralità dello Stato) rientra a pieno titolo in quella che è stata definita la “deuxième gauche“, una cultura politica promossa a partire dalla fine degli anni Cinquanta da una miriade di attori della sinistra non comunista, tra cui la CFDT e i rocardiani23, Delors non è mai stato considerato l’incarnatore politico di questo progetto.
Dalla fine degli anni Settanta all’inizio degli anni Novanta, la figura di spicco della “seconda sinistra” politica è stata Michel Rocard, non Jacques Delors24. Il divario tra il contributo di quest’ultimo alle riflessioni del Parti Socialiste sulle questioni economiche e sociali e il suo ruolo politico in declino può essere spiegato da un complicato rapporto con il suffragio universale. François Mitterrand individua chiaramente la contraddizione del personaggio. Pur stimandolo, pur sollecitando la sua competenza su questioni economiche e sociali, non lo integra nella sua cerchia ristretta né lo considera un politico a pieno titolo. Per il leader del nuovo Parti Socialiste il vero politico è colui che riesce a ricevere l’unzione del suffragio universale. Non ritiene Delors capace di affrontare vittoriosamente questa prova. È stato certamente eletto deputato europeo nel 1979 e sindaco di Clichy – per un breve periodo – nel 1983, ma per Mitterrand questo non ha molta importanza. In modo simbolico, il capo dello Stato gli fa subire una piccola umiliazione nel 1981. Nominato ministro delle Finanze, Delors figura solo al quattordicesimo posto nell’ordine del protocollo, un livello storicamente basso per un portafoglio del genere25.
L’esercizio del potere non elimina l’ambiguità del rapporto intrattenuto da Jacques Delors con il Parti Socialiste e con François Mitterrand.
Da ispiratore della svolta di politica economica nel primo settennato di Mitterrand all’Eliseo alla rinuncia a scendere in campo per le presidenziali del 1995
Fautore dei primi passi di una “politica di austerità dal volto umano”, secondo la bella espressione dello storico britannico Eric Hobsbawm ne Il secolo breve,26 Delors vede Mitterrand dargli ragione nel marzo 1983 con la scelta di mantenere la Francia nel Sistema Monetario Europeo (SME) a costo di operare un piano di notevoli risparmi di bilancio e di abbandonare definitivamente l’appello alla “rottura” con il capitalismo.27
Jacques Delors è in una posizione di forza. François Mitterrand lo considera la persona più adatta per attuare questa svolta politica praticata con discrezione a partire dalla fine del 1981 proponendogli di succedere a Pierre Mauroy alla guida del governo. Ricevuto dal Capo dello Stato, Delors commette un peccato d’orgoglio pretendendo di mantenere il portafoglio delle Finanze unitamente al nuovo incarico di Primo Ministro presso l’Hôtel de Matignon.28 Una simile esigenza è intollerabile per Mitterrand. Pienamente coerente su questo punto con la lettura gollista delle istituzioni della Quinta Repubblica, gli appare del tutto inconcepibile l’emergere di una sorta di “super primo ministro” tale da mettere in discussione la preminenza presidenziale.
La fine dell’avventura di Jacques Delors con il PS sarà segnata anche da una delusione reciproca quando annuncia, in diretta televisiva l’11 dicembre 1994, il suo rifiuto di candidarsi all’investitura del partito alle elezioni presidenziali del 199529.
Questa scelta si spiega con ragioni familiari ma anche, e forse soprattutto, politiche. Jacques Delors sa che gran parte del Parti Socialiste non lo sostiene realmente, poiché il suo lavoro alla guida della Commissione europea è considerato troppo liberale da molti attivisti e dirigenti del partito. Durante il congresso del Parti Socialiste a Liévin, nel novembre 1994, Henri Emmanuelli, allora primo segretario, lo invita dapprima a “fare il suo dovere” per poi esercitargli pressioni affinché renda più marcatamente di sinistra il suo programma30. Ma Delors vuole governare al centro, il che ricorda l’importanza della cultura democristiana nel suo programma politico. Il modo in cui guida la Commissione Europea dimostra che non è ostile all’introduzione di una forte dose di liberalismo nella politica economica, il che si scontra con il programma politico del Parti Socialiste dell’epoca che, nelle sue corde retoriche, resta fedele in ogni caso all’idea di un’economia di mercato fortemente regolata dallo Stato.
Delors e l’Europa: oltre il mito europeista
Due ricordi contrastanti, riattivati al momento della morte di Delors, si scontrano sul suo rapporto con l’Europa. La prima, che è anche la più diffusa, tende a fare di Jacques Delors un ardente federalista, un europeo per tutta la vita. La seconda, dominante negli ambienti situati alla sinistra del PS, vede nel presidente della Commissione europea il becchino dell’Europa sociale e l’architetto di un’Europa neoliberista emergente dai negoziati che portano al Trattato di Maastricht e alla nascita dell’Unione europea nel 1992.
Comprendere il rapporto di Delors con la costruzione comunitaria implica la necessità di tenere distanti queste due memorie. Prima della fine degli anni Settanta e della sua elezione al Parlamento europeo, il rapporto con l’Europa non era centrale nel rapporto con la politica. Delors è soprattutto un esperto sociale ed economico, preoccupato dal desiderio di trasformare i rapporti tra le parti sociali nella società francese e di liberare quest’ultima dalla tutela di uno Stato considerato soffocante. Il suo rapporto con l’Europa passa quindi attraverso il sindacalismo e le proprie competenze in qualità di esperto. Negli anni Sessanta siede con Michel Rocard nel Comité de politique à moyen terme posto in seno al Consiglio dei ministri dell’Economia e delle Finanze della Comunica Economica Europea (CEE) creato dal vicepresidente della prima Commissione delle Comunità Europee, il francese (ed ex socialista) Robert Marjolin31. Delors svolge un ruolo centrale come esperto, elaborando il piano del gruppo sulla politica dei redditi, tema che gli sta a cuore. Questo episodio poco conosciuto è il primo di una lunga serie di collaborazioni con le istituzioni europee.
Nel decennio successivo, partecipa a un gruppo di lavoro sui problemi dell’inflazione istituito dalla Commissione europea sotto la responsabilità di Robert Maldague, già capo del Piano belga, che fu anche uno dei vicedirettori della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA). Pubblicato nel 1976, il Rapporto Maldague promuoveva l’idea di una pianificazione europea rispettosa delle regole del libero scambio ma ostile al laissez-faire32. Il suo impatto sulla politica economica degli Stati membri, la maggior parte dei quali sono impegnati in una fase di austerità in seguito alle perturbazioni del sistema monetario internazionale (sospensione della convertibilità del dollaro in oro da parte di Richard Nixon) e al primo shock petrolifero, è inesistente. Questa esperienza conferma tuttavia il buon inserimento di Delors nelle reti comunitarie di competenze sulle questioni economiche e sociali. Con gli economisti Franco Archibugi, ex direttore generale della CECA, e Stuart Holland, artefice del programma economico di estrema sinistra del partito laburista britannico all’inizio degli anni Settanta ed ex consigliere di Harold Wilson tra il 1966 e il 1968, pubblica poco dopo il Rapporto Maldague, un lavoro collettivo che invita a riconsiderare i fattori strutturali della crisi del capitalismo, al di là dei problemi causati dallo shock petrolifero33.
L’introduzione di una politica europea dei redditi e una ripresa keynesiana coordinata volta a evitare un aumento dell’inflazione – la principale preoccupazione della maggioranza dei decisori sia di destra che di sinistra – sono al centro dell’analisi. Dopo la sua elezione al Parlamento europeo nel 1979, Jacques Delors consolida ulteriormente le sue competenze tecniche ricoprendo la carica di presidente della Commissione economica e monetaria del Parlamento europeo. È anche attivo nel lavoro del gruppo socialista del Parlamento europeo sulla politica occupazionale creando un gruppo di lavoro dedicato alla questione. Approfitta di questa esperienza anche per approfondire la conoscenza della governance delle istituzioni europee e del funzionamento del mercato interno34.
Naturalmente, la sua influenza sull’architettura della politica comunitaria diventerà centrale con la sua adesione, nel 1985, alla presidenza della Commissione con il sostegno del cancelliere democristiano tedesco (CDU) Helmut Kohl. Delors e il suo gabinetto stanno dando un forte contributo a cambiare il volto delle istituzioni europee ma anche il funzionamento interno della Commissione su cui lasciano il segno35. Tuttavia, fin dalla firma del Trattato di Maastricht Jacques Delors non si identifica più realmente con la forma assunta dall’Unione europea. In privato ma anche in pubblico con poca convinzione, tende sostanzialmente a ripetere mentre è ancora a capo della Commissione:
“sì dell’Atto unico europeo (firmato tra 10 paesi nel 1986 e che apre la strada al mercato unico) ne sono molto orgoglioso, ma Maastricht non è il mio trattato”.
Delors deplora la nuova architettura istituzionale che, ai suoi occhi, dà troppa enfasi alle strutture intergovernative, consacrando di fatto il dominio degli Stati membri sulle politiche dell’Unione europea. Secondo la volontà del governo francese, il Consiglio europeo si afferma come l’organo centrale della nuova Unione europea36.
Il Trattato di Maastricht non apre la porta né ad una politica di difesa europea né ad una politica estera comune europea37. L’ultima parola in questi ambiti spetta sempre ai capi di Stato e di governo riuniti nel quadro del Consiglio europeo. Tuttavia, Delors avrebbe voluto spingersi oltre nell’attuazione delle politiche comuni sovranazionali. Ritiene inoltre che le politiche di concorrenza e la liberalizzazione dei mercati dei beni e dei capitali, se hanno svolto un ruolo importante nel rilancio della costruzione europea, hanno bloccato a metà degli anni Ottanta il finanziamento della Politica Agricola Comune (PAC) e l’entità del contributo britannico al bilancio comunitario, non sono sufficientemente controbilanciati da politiche sociali redistributive.
Nelle sue memorie, ricorda ad esempio che l’Atto Unico stabilisce certamente le quattro libertà di circolazione (merci, capitali, persone, servizi), ma che è accompagnato anche dal “Pacchetto Delors I” che raddoppia gli importi stanziati per i tre fondi strutturali. Il Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR), il Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia (FEAOG) per l’agricoltura e il Fondo di azione sociale38.
Possiamo tuttavia sottolineare che l’importo di questi fondi in rapporto al PIL della Comunità Economica Europea resta estremamente basso e che, nell’architettura guidata dall’Atto Unico, le politiche pro-mercato, cioè di liberalizzazione totale, prevalgono largamente sulle politiche sociali sulle politiche di cooperazione industriale tra Stati membri.
A Delors arriva il momento dei rimorsi dopo la difficile ratifica del Trattato di Maastricht da parte dei parlamenti e/o dei cittadini europei. Il “no” danese e il timido “sì” francese costituiscono per lui due shock. Alla fine di dicembre 1993, il Presidente della Commissione presenta al Consiglio europeo un Libro bianco sulla crescita, la competitività e l’occupazione, in cui esortava gli Stati membri a impegnarsi maggiormente nella lotta contro la disoccupazione strutturale di massa, uno dei principali problemi del sistema in quel periodo39.
Questo documento riprende soluzioni che lui difende da molto tempo, come l’educazione permanente. Il Libro bianco propone di dare ai lavoratori l’opportunità di formarsi per tutta la vita attraverso ambiziosi programmi di formazione continua.
Grande estimatore del compromesso sociale produttivista attuato nei paesi del Nord Europa, Delors lo invoca anche nell’introduzione al Libro bianco per una politica attiva dell’occupazione ispirata alle esperienze svedese e danese. Infine, richiede un grande prestito comunitario volto a finanziare infrastrutture materiali e immateriali (nuove tecnologie) che possano creare un quadro favorevole per sfuggire alla disoccupazione di massa.
Gli Stati membri accolgono il Libro bianco tra educata indifferenza e irritazione. L’idea di un grande prestito in un momento in cui il controllo delle finanze pubbliche è elevato al rango di dogma viene respinta senza tante cerimonie.
Il volto che assume l’Unione europea dopo l’uscita di Jacques Delors dalla Commissione non corrisponde realmente alle sue aspirazioni.
Nell’ambito del lavoro del think tank Notre Europe da lui fondato nel 1996, ha incoraggiato i decisori europei a coinvolgere la comunità verso politiche di maggiore solidarietà tra gli Stati membri40. Per lui si trattava di riequilibrare questo grande mercato dove merci e capitali circolano ormai liberamente.
L’appetito di Delors per l’Europa sociale non dovrebbe, tuttavia, essere ingigantito; alla guida della Commissione non ha mai nascosto l’importanza che attribuisce ai livelli di governo più vicini ai cittadini. Questa preoccupazione per l’infrastruttura statale spiega la centralità della sussidiarietà nell’architettura di Maastricht. Questo concetto di sussidiarietà, che Delors trae dal pensiero cattolico ma al quale dà un significato politico e laico, chiarisce la distribuzione delle competenze tra i diversi livelli di potere. A suo avviso, costituisce uno strumento per lottare contro la costruzione di un’Europa come “semplice zona di libero scambio” senza peraltro essere assimilabile a una concezione federale della costruzione europea concepita da personalità come Altiero Spinelli.41
In un’interessante intervista rilasciata alla rivista Esprit nel giugno 2001, Delors confidava a Olivier Mongin e Marc-Olivier Padis accompagnati dal giovane Emmanuel Macron il suo scetticismo nei confronti del federalismo concepito da attori europei come Altiero Spinelli:
“Per quanto riguarda l’Europa, sono diviso tra due approcci opposti. Spero che la dimensione sociale dell’Europa continui a progredire. […] Ma quando si tratta di andare oltre, mi rivolgo alla nazione”42.
Osservazioni finali
Quattro caratteristiche principali della cultura politica di Jacques Delors emergono rileggendo la sua carriera. Il primo è la sua continua sfiducia nei confronti dei partiti politici e la sua mancanza di appetito per il suffragio universale. Delors apprezza l’esercizio del potere ai massimi livelli, dal gabinetto Chaban-Delmas alla presidenza della Commissione Europea passando per il Ministero delle Finanze, ma non è molto a suo agio con la fase di conquista. Lo testimonia la sua scarsa inclinazione per il suffragio universale.
La seconda caratteristica importante della cultura politica delorista risiede nel suo rapporto con lo Stato. Jacques Delors è contemporaneamente una persona che conosce molto bene lo Stato dall’interno attraverso le sue esperienze professionali, che è consapevole che esso sia una formidabile leva di trasformazione sociale ma che, allo stesso tempo, ne chiede costantemente la relativizzazione nella vita civile. La centralità del concetto di sussidiarietà testimonia questo rapporto che oscilla instancabilmente tra fiducia e sospetto nei confronti del potere pubblico e, più in generale, dello Stato nazionale come struttura adeguata alla vita politica delle società occidentali. L’importanza data alla sussidiarietà testimonia anche la profondità della traccia lasciata dal cattolicesimo nell’approccio delorista alla politica, che costituisce una risorsa di prim’ordine. Nel corso della sua carriera politica, gli scambi tra Delors e le grandi personalità della Democrazia Cristiana dell’Europa occidentale sono fluidi.
Il rapporto tormentato con il socialismo francese costituisce il terzo tratto saliente del rapporto di Jacques Delors con la politica. Dal suo rapporto con François Mitterrand, di cui è stato un convinto sostenitore politico, al suo rifiuto di difendere i colori del Parti Socialiste nelle elezioni presidenziali del 1995, appare sempre come un personaggio un po’ marginale, un po’ sullo sfondo, ma delle cui competenze, capacità organizzative e reti relazionali i socialisti difficilmente possono fare a meno. Non è insignificante che François Mitterrand lo scelga nel 1981 al Ministero delle Finanze nonostante una pletora di candidati siano a lui più vicini e più attivi al suo fianco nell’avventura della Union de la gauche (Jacques Attali, Jean-Pierre Chevènement, Laurent Fabius, eccetera). Il nuovo presidente socialista sapeva benissimo che Jacques Delors era la personalità più capace di ispirare fiducia ai suoi partner europei e agli ambienti finanziari internazionali. Insieme a Michel Rocard e Pierre Mauroy, Delors è infatti l’unica personalità del partito considerata veramente credibile dai partiti socialdemocratici dell’Europa occidentale, essendo impensierito dall’alleanza stretta dal Parti Socialiste con i comunisti come dimostra la presenza di quattro di loro nel governo Mauroy.
Le ambivalenze della cultura politica di Jacques Delors si ritrovano infine nella sua azione alla guida della Commissione europea. Da un lato non nasconde la soddisfazione di essere uno dei principali attori che hanno consentito l’approfondimento e l’ampliamento di una costruzione bloccata all’inizio degli anni Ottanta. Dall’altro avverte un sentimento di crescente amarezza sul volto della svolta molto liberale presa dall’Unione Europea a partire da Maastricht e che ha continuato ad approfondirsi dopo la sua uscita fino alla crisi finanziaria del 2008. L’appello delorista per una «federazione di Stati nazionali», strutturata sul principio di sussidiarietà e sul rilancio dell’Europa sociale, non viene ascoltato. Nessun movimento politico o personalità di spicco della politica socialista ha voluto (o ha saputo?) far proprie queste posizioni, confermando, se ancora ce ne fosse bisogno, la collocazione marginale del personaggio nella storia del socialismo politico francese, il cui contrasto con i punti centrali della sua azione nella storia europea della fine del Novecento può sollevare interrogativi.
- Jean-Louis Arnaud, « Introduction », in Jacques Delors (con Jean-Louis Arnaud), Mémoires, Paris, Plon, 2004, pp. 9-17 [si veda p. 10]. ↩︎
- Julien Barroche, « La subsidiarité chez Jacques Delors. Du socialisme chrétien au fédéralisme européen », Politique européenne, XXIII (3), 1° settembre 2007, pp. 153-177 [pp. 160-162]. ↩︎
- Jacques Delors (con Jean-Louis Arnaud), Mémoires…, op. cit. alla nota 1, p. 37. ↩︎
- Noëlline Castagnez et alii. (a cura di), Les socialistes français à l’heure de la Libération. Perspectives françaises et européennes, Paris, L’Ours, 2016. ↩︎
- Alain Chatriot, Pierre Mendès France. Pour une République moderne, Paris, Armand Colin, 2015. ↩︎
- Jacques Delors, L’unité d’un homme. Entretiens avec Dominique Wolton, Paris, Odile Jacob, 1994, p. 23. ↩︎
- Stéphane Courtois, Marc Lazar, Histoire du Parti communiste français, Paris, Presses Universitaires de France, 2022, pp. 379-446. ↩︎
- Hervé Hamon, Patrick Rotman, La Deuxième Gauche. Histoire politique et intellectuelle de la CFDT, Paris, Ramsay, 1982, pp. 17-125. ↩︎
- Ovvero di Pierre Mendès France, ex Presidente del Consiglio nella Quarta Repubblica dal giugno 1954 al febbraio 1955. ↩︎
- Paul Vignaux, De la CFTC à la CFDT syndicalisme et socialisme. « Reconstruction » (1946-1972), Paris, Éditions Ouvrières, 1980, p. 131 ↩︎
- « Le problème de la société américaine vu par des Américains », Reconstruction, étude n°2, 20 gennaio 1946. « Les relations économiques franco-américaines », Reconstruction, étude n°3, 20 marzo 1946. ↩︎
- « Socialisme britannique », Bulletin des groupes Reconstruction, n°31, giugno-luglio 1950. « Qu’est-ce que le socialisme ? », Bulletin des groupes Reconstruction, n°41, settembre-ottobre 1951. ↩︎
- Archives de la Confédération française démocratique du travail (CFDT), fonds du Bureau de recherches, d’analyses et d’études coordonnées (Braec), 8F 7. ↩︎
- Archives de la Confédération française démocratique du travail (CFDT), fonds du Bureau de recherches, d’analyses et d’études coordonnées (Braec), 8F 7. ↩︎
- Jacques Delors (con Jean-Louis Arnaud), Mémoires…, op. cit. alla nota 1, pp. 48-49. ↩︎
- François Fourquet, Les comptes de la puissance. Histoire de la comptabilité nationale et du plan, Paris, Encres, 1980, p. 275. ↩︎
- Serge Berstein, Pierre Birnbaum, Jean-Pierre Rioux (a cura di), De Gaulle et les élites, Paris, La Découverte, 2008. ↩︎
- Jacques Delors (con Jean-Louis Arnaud), Mémoires…, op. cit. alla nota 1, pp. 103-104. ↩︎
- Alain Bergounioux, Gérard Grunberg, Les socialistes français et le pouvoir. L’ambition et le remords, Paris, Fayard, 2007 [2005], pp. 241-326. ↩︎
- Pierre Guillaume, « Un projet : la ‘Nouvelle Société’ », dans Bernard Lachaise et alii. (a cura di), Jacques Chaban-Delmas en politique, Paris, Presses Universitaires de France, 2007, pp. 183-199. ↩︎
- Vincent Soulage, « L’intégration des chrétiens au Parti socialiste : d’Épinay à Metz », in Denis Pelletier e Jean-Louis Schlegel (a cura di), À la gauche du Christ : les chrétiens de gauche en France de 1945 à nos jours, Paris, Seuil, 2012, pp. 546-549. ↩︎
- Bernard Maris, Jacques Delors, artiste et martyr, Paris, Albin Michel, 1993. ↩︎
- Ovvero gli amici di Michel Rocard, già candidato del PSU nel 1969 e futuro candidato alla candidatura per le elezioni presidenziali del 1981 in entrambi i casi in competizione con Mitterrand di cui diverrà sette anni più tardi Primo Ministro nel secondo settennato all’Eliseo di Mitterrand fra il maggio 1988 e il maggio 1991 ↩︎
- Alain Bergounioux, « La deuxième gauche : quelles idées, quel projet ? », in Alain Bergounioux, Mathieu Fulla (a cura di), Michel Rocard Premier ministre. La deuxième gauche et le pouvoir (1988-1991), Paris, Presses de Sciences Po, 2020, pp. 59-69. ↩︎
- Pierre Favier, Dix jours en mai, Paris, Seuil, 2011, p. 137. ↩︎
- Eric Hobsbawm, L’âge des extrêmes : histoire du court XXe siècle (1914-1991), Paris, André Versaille, 2008, 810 p. [l’espressione si trova nell’edizione francese a p. 537]. ↩︎
- Sulla svolta di rigore dei socialisti francesi nel marzo 1983 e su un certo numero di “miti” legati a questo evento, si veda Mathieu Fulla, « The Neoliberal Turn that Never Was: Breaking with the Standard Narrative of Mitterrand’s tournant de la rigueur », Contemporary European History, prima pubblicazione febbraio 2023, https://www.cambridge.org/core/journals/contemporary-european-history/article/neoliberal-turn-that-never-was-breaking-with-the-standard-narrative-of-mitterrands-tournant-de-la-rigueur/3778A0634A1F77EBC344DDB6D08227CC [consultato il 25 febbraio 2024]. ↩︎
- Pierre Favier, Michel Martin-Rolland, La Décennie Mitterrand, tome 1 « Les ruptures », Paris, Seuil, 1990, p. 577. ↩︎
- Jacques Delors, annuncia la sua non candidatura alle elezioni presidenziali alla trasmissione Sept sur Sept diffusa su TF1 animata dalla giornalista Anne Sinclair, https://www.ina.fr/ina-eclaire-actu/video/i13150249/jacques-delors-sa-non-candidature-a-la-presidentielle [consultato il 25 febbraio 2024]. ↩︎
- Henri Emmanuelli, congrès du Parti socialiste, Liévin, 20 novembre 1994, Centre d’archives socialistes de la Fondation Jean Jaurès, database dei dibattiti degli organismi centrali, http://62.210.214.201/cg-ps/cg-frame.php?typedoc=1&annee_deb=1994&annee_fin=1994&machaine=DElors&machaine2=Emmanuelli&submit=Rechercher [consultato il 25 febbraio 2024]. ↩︎
- Laurent Warlouzet, Le choix de la CEE par la France. L’Europe économique en débat de Mendès France à de Gaulle (1956-1969), Paris, Comité pour l’histoire économique et financière de la France, 2011, p. 343. ↩︎
- European Commission, Report of the Study Group ‘Problems of Inflation’, 3 marzo 1976. ↩︎
- Stuart Holland (a cura di), Beyond Capitalist Planning, New York, St. Martin’s Press, 1978. ↩︎
- Éric Bussière, L’Europe de Jacques Delors, Paris, Sorbonne Université Presses, pp. 68-73. ↩︎
- La letteratura dedicata alla presidenza Delors della Commissione Europea è estremamente vasta. Per una bibliografia aggiornata, si veda Éric Bussière, L’Europe de Jacques Delors…, op. cit. alla nota 32 ↩︎
- Frédéric Bozo, “Flawed Designs? France and the Maastricht Treaty”, in Michele Di Donato, Silvio Pons (a cura di), European Integration and the Global Financial Crisis: Looking Back on the Maastricht Years, 1980s-1990s, Cham, Palgrave Macmillan, 2023, p. 191-213 [la citazione si trova a p. 206]. ↩︎
- Laurent Warlouzet, Europe contre Europe. Entre liberté, solidarité et puissance, Paris, Cnrs éditions, 2022. ↩︎
- Jacques Delors (avec Jean-Louis Arnaud), Mémoires…, op. cit. alla nota 1, p. 243. ↩︎
- Commission européenne, Secrétariat général, Croissance, compétitivité, emploi : Les défis et les pistes pour entrer dans le XXIe siècle : Livre blanc, Luxembourg, Publications Office, 1994. ↩︎
- https://institutdelors.eu/. ↩︎
- Julien Barroche, « La subsidiarité chez Jacques Delors Du socialisme chrétien au fédéralisme européen », Politique européenne, loc. cit. alla nota 2. ↩︎
- « De la question sociale en France à l’Europe : Entretien avec Jacques Delors », intervista a cura di Emmanuel Macron, Olivier Mongin e Marc-Olivier Padis, Esprit, n°275 (6), giugno 200, pp. 157-178 [si veda p. 168]. ↩︎
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