LA CURA

Milano. 1 infermiere e 5 operatori “socio sanitari” per 160 e più anziani non autosufficienti, un impianto per la rilevazione dei fumi rotto da tempo e altri malfunzionamenti vari, tra cui il servizio di lavanderia che non funziona e i campanelli nelle camere per richiedere l’assistenza al personale fuori uso. Eppure nonostante questo la struttura poteva restare aperta. Se il sistema di rilevamento dei fumi non funziona si può ricorrere al “controllo dinamico”, norma prevista nelle procedure comunali sotto la voce “misure di compensazione”, che consiste “nell’affidare la sorveglianza antincendio ad un addetto esterno”, un super tecnico fa le veci dei tanti sensori guasti della struttura Casa dei Coniugi, e nel caso specifico, anche di un’altra RSA gemella milanese.

Per quanto riguarda il numero degli operatori in servizio invece, l’organico risponde ai requisiti di legge previsti per poter funzionare e assistere le persone non autosufficienti ospitate.

Al di là della norma però il personale sanitario della RSA lamentava da tempo la carenza degli organici e le difficoltà nella gestione della cura degli anziani ospitati nella struttura milanese, ancora più problematica durante i turni di notte. E purtroppo avevano ragione i lavoratori a preoccuparsi.

Nella notte del 7 luglio nella “Casa di riposo dei coniugi” di via dei Cinquecento, nel quartiere Corvetto a Milano scoppia un incendio e sono solo in 6 gli operatori in servizio ad occuparsi e a salvare dal rogo i 160 anziani “non autosufficienti” che alloggiano nella RSA, una storica residenza per anziani milanese. Nonostante gli sforzi di operatori e vigili del fuoco muoiono sei persone, altre 81 vengono ricoverate in ospedale, due di queste in gravi condizioni.

La “Casa di cura dei Coniugi” è di proprietà del Comune di Milano ed è gestita dalla Società cooperativa ProGess. di Parma, un colosso dei servizi alla persona: oltre 300 strutture in gestione in 11 regioni in Italia e più di 3 mila 500 tra soci e dipendenti, un bacino di utenza di circa 9 mila famiglie in Italia (stime fornite dalla Società).

L’ipotesi più probabile è che l’incendio divampato sia stato provocato da una sigaretta che ha dato fuoco alle lenzuola di un letto e causato l’esplosione di una bombola per l’ossigeno che si trovava nella stanza. Per comprendere le cause dell’incendio la procura di Milano ha aperto un’indagine per omicidio colposo plurimo. Le persone indagate sono ad oggi sono quattro: il direttore generale della società e la direttrice della struttura, entrambi di ProGess, il direttore del Welfare del comune di Milano e il responsabile dell’area residenzialità anziani e persone con disabilità.

Le ipotesi di reato sono “omicidio e lesioni colpose plurime e incendio”. Il problema sull’impianto di rilevazione dei fumi dell’edificio era noto da tempo: l’impianto antifumo era fuori uso da più di un anno e mezzo, ed il Comune di Milano stava ultimando il bando per rimetterli in funzione. Ed altrettanto noto era il problema di sovraccarico di lavoro per gli operatori della struttura che può ospitare fino a 210 posti letto divisi in 12 nuclei di assistenza con scopi assistenziali specifici, tra cui due nuclei per malati di Alzheimer. La ProGess tiene a ricordare che il suo operato rispetta appieno le norme vigenti. E dal punto di vista delle procedure credo che abbia ragione.

Al di là delle indagini che sono lavoro dei magistrati inquirenti, il problema della gestione della non autosufficienza in Italia rischia di diventare nei prossimi anni una nuova emergenza sociale di difficilissima soluzione. Ed il problema è politico, non di norme e procedure. Il settore pubblico da anni non sembra in grado di innovare e far crescere il servizio, né in efficienze né in efficacia, e non ha le risorse per incrementare i budget e le tariffe riconosciute agli operatori per i servizi nonostante crescano i costi e i bisogni degli ospiti non autosufficienti. Il sistema sanitario nazionale si limita a scaricare le contraddizioni e il progressivo depauperamento delle risorse su chi gestisce le strutture, cosa che genera una situazione di disagio crescente e di progressivo peggioramento del servizio.

Nel nostro paese le RSSA sono 7372, e coprono solo il 7,2% del bisogno di cura ed assistenza. Il resto del bisogno viene coperto con l’assistenza a domicilio, circa il 22%. Il 70% del bisogno che lo stato non riesce a coprire va a ricadere sulle famiglie, che si organizzano con badanti private, circa 2milioni un Italia, di cui la metà in nero (dati forniti dalla Fondazione Leone Moressa) e su 2milioni e 800mila caregiver. Si stima che la spesa in cura della non autosufficienza che ricade sulle famiglie sia pari a 13,7 miliardi di Euro.

Tornando al numero di operatori per anziano, si stima che manchino 60 mila infermieri nel mondo della non autosufficienza LTC (Long Term Care). Lo stato in questo caso fa “concorrenza sleale, considerando che i lavoratori del settore LTC, OSS infermieri e medici, hanno stipendi in media più bassi rispetto a quelli del settore sanitario pubblico: 15 euro ora in media negli ospedali pubblici in Italia contro circa 11 euro ora per personale socio-sanitario e socio-assistenziale. A svuotarsi sono le RSSA private, che sono quelle che non trovano personale. In Italia ci sono 2 operatori ogni 100 anziani, la media in Europa è 5 su 100.

Il mondo della cura degli anziani e delle persone non autosufficienti in Italia riguarda circa 4 milioni di persone: gli anziani non autosufficienti è pari a 3.888.873 individui. A questi vanno aggiunte le persone che sono in condizione di non autosufficienza a causa di limitazioni cognitive, numero in costante crescita.

La situazione è destinata a peggiorare visto l’invecchiamento progressivo della popolazione nel nostro paese. Cresce la richiesta di welfare non soddisfatto da parte dello stato, le cui risorse non bastano ad accompagnare la transizione demografica.

L’invecchiamento del paese determina il cambiamento della conformazione dei bisogni espressi dalla società nel suo complesso, perché la qualità dell’invecchiamento peggiora con l’aumentare dell’eta media e se si vive più a lungo ci si ammala e ci si cura diversamente.

La cura della non autosufficienza è uno dei pilastri del welfare. Ed è facile arrivare alla conclusione che in Italia come in Europa, occorre decidere cosa si vuole fare e come adeguare un sistema di welfare che viene dal 900 ad un nuovo contesto demografico e sociale che muta rapidamente. Se non bastano le risorse, non solo quelle economiche” per i non autosufficienti di oggi è difficile immaginare che basteranno in un futuro prossimo in cui gli anziani aumenteranno.


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