A sud-est di Cap Bon (lo sperone che, dalla costa nord africana, si protende nel Mediterraneo separando il golfo di Tunisi dal golfo di Hammamet), ad appena 65 km da Tunisi, sorge la bianca Hammamet, la più famosa località di villeggiatura della Tunisia. Ma Hammamet non è solo un posto di villeggiatura, Hammamet è un villaggio colmo di fascino e storia, che per secoli ha attirato artisti e statisti da ogni dove, stregati dalla sua delicata bellezza.
L’ origine di Hammamet è, probabilmente, pre-punica ma la città fu presto dominata da Cartagine, grazie alla quale divenne un centro agricolo importante per tutto il Mediterraneo, ruolo che mantenne anche sotto il dominio romano. La città nel 678 fu conquistata dagli arabi, che distrussero l’insediamento precedente e ne costruirono uno nuovo collocato in corrispondenza dell’attuale centro storico. Nel primo periodo della dominazione araba il centro ebbe una funzione prevalentemente militare, in difesa dagli attacchi pirateschi che affliggevano le coste nord africane.
Le mura che la circondano, erette nel X secolo, alle quali successivamente fu aggiunto il forte (la Kasbah), sono tra le poche ancora rimaste e ben conservate di tutta la Tunisia. L’arrivo della dinastia berbera-musulmana degli Hafsidi nel XIII secolo cambiò il ruolo del centro che divenne un villaggio abitato e vi fu costruita la moschea. In tale periodo visse Sidi Bou Hadid, che è ricordato come protettore dei marinai.
Dopo una serie infinita di scontri fra spagnoli ed ottomani, nel 1574 Hammamet e l’intera Tunisia divennero parte dell’ impero ottomano. Con il tempo i nuovi invasori si integrarono con gli abitanti locali e si formò addirittura una etnia a parte, i Köleoğlu, nati dall’unione dei giannizzeri turchi con le donne berbere locali. In seguito, a causa di una duratura situazione finanziaria precaria e imponenti prestiti ricevuti dalla Francia, la Tunisia divenne protettorato francese (1881) e solamente dopo 75 anni riuscì a tornare indipendente. Oggi è una Repubblica democratica con una costituzione progressista.
Negli ultimi due secoli Hammamet, per la sua bellezza, il suo clima mite e la presenza di fonti di acque termale, cosa che è evidente anche dal suo nome, infatti Hammamet è il plurale di Hamman che in arabo vuol dire “Terme”, è diventata luogo privilegiato di soggiorno di tante eminenti personalità del panorama politico, artistico e letterario internazionale.
Tra gli scrittori Gustave Flaubert,Guy de Maupassant, André GideeOscar Wilde; Tra i politici il trentaquattresimo presidente americano Dwight Eisenhower, il primo ministro inglese Winston Churchill che vi trovò l’ispirazione e il tempo per redigere una parte delle sue Memorie, il Duca di Windsor, Lord Mountbatten, Francois Mitterand e Bettino Craxi che, dal 1994, vi restò fino alla morte nel 2000.
Paul Klee, arrivato nel 1914, rimase abbagliato dalla luce di Hammamet, dai suoi colori e le sue forme. Vi rimase a lungo e dipinse numerose tele tra cui “Motivo da Hammamet”, “Cupole rosse e bianche”, “Il tappeto del ricordo” e così descrisse una sua passeggiata per il vecchio centro storico: “Che giornata! in ogni siepe cantano gli uccelli. In un giardino un dromedario è a lavoro presso un pozzo. E’ proprio un quadro biblico. La città situata sul mare ha del favoloso con le strade intersecantesi in tutti i sensi. Ogni tanto uno sguardo dal muraglione di cinta. Le canne e i cespugli sono un bel ritmo di macchie. Nei dintorni, bellissimi giardini. Ho girovagato e dipinto molto”. Tra le attrici Sophia Loren, Greta Garbo, la Principessa Grace di Monaco, come ci ricorda, grazie a fotografie appese alle pareti, la più elegante e la più cara boutique della Medina, dove le attrici si rifornivano di lussuosi caftani e altri indumenti e arredi fatti con preziosi broccati.
Un ruolo importante per la città lo ebbe il miliardario rumeno Gheorge Sebastian che, negli anni trenta del XX secolo, se ne innamorò perdutamente e ordinò la costruzione di una sontuosa dimora, ispirata tanto all’architettura abitativa locale quanto all’Art Déco europea, in cui accogliere amici e familiari in visita ad Hammamet. “La villa più bella del mondo”, come venne definita dall’architetto americano Frank Lloyd Wright, è situata sulla strada che da fuori città conduce alla Medina, ed è, dal 1999 parte del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. La villa è circondata da un meraviglioso parco di pini dove gli hibiscus e gli alberi di agrumi danno vita ad un piccolo, magico Heden da cui partono sentieri che si dirigono verso la spiaggia e il mare. Furono anni molto vivaci per la cittadina quelli nei quali vi dimorò Gheorge Sebastian anche perchè molti dei suoi ospiti seguirono le sue orme e la scelsero come sede per edificare la loro residenza “rifugio” come, ad esempio, la geniale e leggendaria stilista Elsa Schiapparelli che ad Hammamet dedicò anche una della sue collezioni, due pezzi della quale sono al Costume Institute del Metropolitan Museum of Art di New York. La Schiapparelli, alla fine degli anni ’50, quando chiuse la sua casa di moda parigina, si trasferì nella sua villa di Hammamet.
Il complesso residenziale Gheorge Sebastian è oggi di proprietà dello stato tunisino e ospita ilCentro Culturale Internazionale di Hammamet, luogo di incontro privilegiato di artisti e intellettuali nazionali e internazionali. Ogni anno tra luglio e agosto vi si tiene il festival internazionale di musica, danza, prosa, poesia e filosofia. Proseguendo sulla stessa strada verso il centro città si arriva a quella che è l’anima di Hammamet: l’antica Medina. Medina è un nome arabo che significa antica città islamica, ed è, ancora oggi, il rifugio di tradizioni, cultura, architettura e artigianato. Alcune Medine sono esclusivamente centri abitativi, altre solo agglomerati di botteghe e negozi, altre, infine, hanno entrambe le funzioni. La Medina di Hammamet è di quest’ ultimo tipo. Dal camminamento sopra le mura della fortezza (Kasbah) parte integrante della Medina, si ha una vista bellissima. Da una parte il mare color cobalto, dall’ altra tutta la città, dalle candide ed eleganti abitazioni che si affacciano direttamente sul mare, alle case più povere e più distanti dal centro, dai vicoli della Medina fino alla baia con la spiaggia cittadina nella quale decine di barche sembrano concedersi un po’ di riposo in attesa di riprendere il largo.
Dalla torre coronata della Kasbah la Medina appare come un quadrato di poche centinaia di metri di lato con i suoi vicoli intrecciati, le sue case bianche, le inferriate azzurre alle finestre, le porte borchiate, i tendoni che coprono l’ingresso delle botteghe. All’interno della Medina si accede attraverso diverse porte (Bab) e quella principale è la Bab el-souk. Subito si incontrano, la Grande Moschea e i bagni turchi, al mattino frequentati dagli uomini e al pomeriggio dalle donne.
Perdersi al mattino in una passeggiata senza tempo nella Medina, è fonte inesauribile di poesia, di incontri, di colori, di profumi. Progressivamente durante il giorno la calma lascia il posto alla frenesia del suq, il mercato arabo tradizionale organizzato in corporazioni. I vicoli della medina sono stretti, ci si accalca, alcuni commercianti cercano di trascinarti dentro il loro piccolo negozio con parole in italiano. Altri se ne stanno seduti dentro, in silenzio, chini sul bancone.
Negozi ebbri di colori sgargianti con le merci esposte anche in strada, piccole botteghe con essenze profumate, frutta secca e spezie dai colori che vanno dal giallo dello zafferano al marrone delle carrube, ceramiche dai mille disegni stese ovunque, le pile di fouta dai tanti colori che, da tradizionali teli dell’hamman tunisino, sono diventati i tipici teli da spiaggia.
Le eleganti mani di Fatima, figlia del profeta Maometto, diventate un amuleto caratteristico di tutto il medio oriente e il maghreb, salutano da ogni spazio espositivo prodotte nei materiali più vari che vanno dall’ oro, agli argenti, al legno, alle tele, alle ceramiche. Le cinque dita della mano di Fatima simboleggiano i cinque pilastri dell’Islam: la testimonianza della fede, la preghiera, l’elemosina, il digiuno nel Ramadan, il pellegrinaggio alla Mecca
L’esplosione di colori del Suq è interrotta dalle pareti bianche delle case, ma il bianco viene, a sua volta, interrotto dalle porte colorate delle abitazioni. Tradizionalmente i colori dominanti delle porte erano il verde, il colore del paradiso e il giallo ocra, colore amato da Dio secondo il Corano. Molte porte oggi sono bianche oppure blu, colore introdotto solo all’ inizio del 900 a simboleggiare il mare e il cielo. Molte porte hanno tre battacchi di ferro che emettono rumori diversi in modo che dall’ interno si possa riconoscere chi sta bussando. L’anello di sinistra è riservato al marito, quello di destra agli altri componenti della famiglia e agli amici, quello più basso ai bambini. Le porte sono decorate con chiodi grandi e piccoli che creano disegni simbolici chiamate “hilia” (“gioiello”) e i due grandi battenti sono la rappresentazione del seno femminile. Enormi bouganville rosa si arrampicano lungo le pareti e scendono come allegri festoni sui passanti. Insieme alle bouganville si arrampicano i gelsomini i cui fiori, dall’ inebriante profumo, gli uomini mettono, raccolti in mazzetti, dietro le orecchie e i bambini offrono in collane, per pochi spiccioli. Questo rampicante sempreverde, di origine asiatica, fu portato in Tunisia dagli arabi e presto ne divenne uno dei simboli del Paese tanto che la rivoluzione del 2010 viene ricordata come rivoluzione dei gelsomini.
La melodica musica araba tradizionale pervade tutta la medina e si interrompe solamente quando inizia a farsi sentire la voce del Muezzin che richiama una nostalgia antica, viscerale e struggente. Pian piano i vicoli si svuotano, i negozi si svuotano. La Moschea si riempie. Anche i turisti sembrano rispettare il momento e un silenzio irreale pervade la Medina. Dopo un’ora tutti i vicoli si rianimano e la Moschea si svuota. Colori, odori, profumi, suoni, voci!
Si esce dalla Medina frastornati. Oltre le mura della Medina, dalla parte opposta rispetto alla baia, sorge l’assolato cimitero musulmano, uno dei pochi cimiteri al mondo interamente immerso nella sabbia ambrata e degradante fino alla spiaggia. Un muricciolo alto sì e no un metro segna il confine tra la spiaggia selvaggia battuta dalle onde e quella disseminata di migliaia di tombe. Pochi salici tra una tomba e l’altra non riescono a fermare il sole, tombe semplici, nessuna fotografia, piccole lastre di marmo con scritte in arabo. Un luogo essenziale in cui prevalgono il sole, la sabbia, il mare. Un po’ strano per noi europei, ma che infonde tranquillità.
Di fronte e proprio sotto le mura della Medina sorge il piccolo cimitero cristiano dove è sepolto Bettino Craxi. Ad Hammamet tutti sanno dov’è la casa della famiglia Craxi, e hanno episodi da raccontare. Tutti sanno dove è sepolto Bettino. Entrando nel cimitero Cristiano, all’ ombra di grandi alberi si trovano tombe scure, in pietra su cui si leggono nomi italiani, francesi, inglesi. In fondo, una tomba di marmo bianco, semplice, sulla quale scende una cascata di bouganville rosa, si differenzia dalle altre. Sulla tomba un nome e due date: Bettino Craxi 24.2.1934 – 19.1.2000 e un libro di marmo aperto con sopra un garofano rosso e la scritta: “La mia vita equivale alla mia libertà”, e la sua firma. Il silenzio, l’ombra delle piante e il vento fresco e umido che spira dal mare azzurro fanno di questo posto una specie di rifugio dalla vita difficile e rumorosa.
Oltre alla Medina, l’anima di Hammamet risiede nelle sue spiagge, soprattutto nei 6-8 mesi di caldo intenso e quando, verso il tramonto, le famiglie escono dalle case e vi si riversano. Gli ombrelloni singoli o in coppia o in gruppo diventano strutture portanti di architetture varie nelle quali i principali componenti di chiusura laterale sono le fouta colorate. Di fatto ogni sera vengono costruite delle bizzarre capanne variopinte che vengono abitate dalle donne che arrivano con grandi borse piene di giochi di plastica per i bambini e di tutti gli accessori per accendere un piccolo fuoco su cui scaldare l’acqua per fare il the alla menta. Poi passano ore chiacchierando e tenendo d’ occhio un gran numero di bambini e ragazzini che giocano tutt’attorno. Gli uomini si radunano nei bar dei dintorni a fumare il narghilè. La vita serale in spiaggia è davvero brulicante e intensa.
Incredibilmente nonostante la grande affluenza estiva di turisti e i tanti europei che vi abitano stabilmente, Hammamet è riuscita a conservare abbastanza inalterata la sua autenticità.
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