Torino. 7 ottobre 2024, a un anno dai tragici eventi in Medio Oriente, un migliaio di persone scende in piazza. A supportare il popolo palestinese e libanese sono studenti, cittadini e famiglie; tutti circondati da uno schieramento massiccio di forze dell’ordine.
Nonostante le restrizioni imposte dalla questura, il corteo pro-Palestina ha attraversato il centro di Torino animato da cori di protesta e da inni a favore della libertà. A ritmo di voci e tamburi i manifestanti hanno così raggiunto piazza Vittorio Veneto, dove un falò ha segnato la conclusione del corteo e della giornata. Bruciate tre bandiere di Israele e la foto di Benjamin Netanyahu.
Nel corso del corteo, alcuni petardi sono stati lanciati contro le forze di polizia nei pressi della sede Rai, accusata dai manifestanti di sostenere «lo Stato di Israele nel genocidio del popolo palestinese». Due agenti sono rimasti feriti, delle uova sono state lanciate contro i giornalisti, e un operatore Mediaset è stato ferito a un occhio. A vanificare il senso delle manifestazioni sono i gesti di violenza, che vanno sempre condannati.
In realtà, due sono i cortei che si sono mobilitati in vista del 7 ottobre. Il primo è partito dal Campus Einaudi, dove nel tardo pomeriggio aveva parlato Mjriam Abu Samra, ricercatrice e attivista italo-palestinese, e guidato dagli studenti dell’Intifada studentesca e dallo striscione che recitava «Un anno di resistenza, un anno di genocidio». Il secondo corteo si è radunato in piazza Arbarello, guidato dagli studenti medi, e si è diretto verso una piazza Castello completamente blindata, dove ha avuto inizio la fiaccolata. I manifestanti hanno sventolato fogli con i nomi dei «martiri del genocidio», attaccando più di 600 pagine ai lastroni della piazza. Contemporaneamente, a poco più di un chilometro di distanza, in piazzetta Primo Levi, vicino alla sinagoga, si è svolta la fiaccolata della comunità ebraica, in commemorazione dell’anniversario della strage.
Insomma, in una data così significativa a nulla sono servite le restrizioni del questore di Torino, Paolo Sirna, che aveva imposto che le iniziative si svolgessero «in date diverse ed esclusivamente in forma statica».
«Manifestiamo non solo per la Palestina e il Libano, ma anche per i nostri diritti, che vengono calpestati da censura, intimidazioni istituzionali e repressioni violente», ha dichiarato il coordinamento Torino per Gaza. «Questa fiaccolata risponde a una duplice necessità: commemorare i civili uccisi e inserire questi eventi in un contesto più ampio, in cui il diritto alla resistenza dei popoli palestinese e libanese deve essere tutelato, non sepolto sotto slogan vuoti come “diritto alla difesa” e “attacchi preventivi”. Rifiutiamo le etichette che cercano di criminalizzarci».
Ovviamente le manifestazioni pro-Pal non si sono limitate solo al capoluogo piemontese, ma hanno coinvolto anche altre città italiane. In particolare, a fare notizia è stata Roma: qui le proteste sono partite in anticipo, sabato 5. A rispondere gli idranti della polizia, usati per disperdere i 7mila partecipanti. Si parla inoltre di fumogeni, bombe carta e persone infiltrate per fomentare la folla: seguiranno ulteriori indagini per comprendere meglio la dinamica dei fatti.
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