Nel nostro Paese c’è un’emergenza di cui i governanti si occupano poco o nulla. La malavita è la grande emergenza. La criminalità organizzata si sta mangiando le città.
I clan delinquenziali neanche si nascondono più. Esibiscono pubblicamente il loro potere e i metodi operativi con cui tengono in scacco interi quartieri. L’ultima clamorosa manifestazione del prestigio che godono i boss è andata in scena nei giorni scorsi nelle strade del quartiere romano di Tor Bella Monaca. Si è svolto il funerale di Biagio Sparapano, boss di spicco del narcotraffico. Personaggio legato anche alla ‘ndrangheta calabrese.
I suoi fedeli sono andati casa per casa a raccogliere fondi per le onoranze funebri. Al passaggio della bara hanno lanciato mucchi di rose, mentre fuochi d’artificio illuminavano il cammino del defunto, e decine di auto sfilavano suonando il clacson. Uno scandalo che rinnova le esibizioni di rispetto verso il boss, com’era avvenuto al funerale del capo dei Casamonica.
Nessuna paura, nessuna remora. La malavita è in mezzo a noi e ci tiene a manifestare con orgoglio la sua presenza. A Milano ne hanno dato un’altra inquietante prova. Alla notizia della morte di Vittorio Baiocchi, assassinato a colpi di pistola, i capi ultras hanno ordinato di sgomberare la curva dello stadio mentre era in corso la partita. Tutti via con le buone o le cattive, perché bisognava mostrare rispetto per il boss ucciso.
“Molti a Roma pagano il pizzo”, dice l’imprenditrice edile Barbara Mezzaroma. E chi non paga rischia grosso. Rischia di trovarsi di fronte un tipo come il boss Roberto De Santis detto il Nasca, uno che prima di essere arrestato andava in giro a gambizzare chi tardava coi pagamenti.
Oppure può capitare che un killer arrivi alle spalle di un avversario e gli ficchi un paio di pallottole in testa, com’è successo al capo ultras della Lazio Maurizio Piscitelli, detto Diabolik. Morto in un parco pubblico per una faida tra bande dedite al traffico di droga.
La malavita assedia le amministrazioni pubbliche. Recentemente sono stati sciolti per mafia i consigli comunali di Anzio, nel Lazio, e a Cosoleto, in Calabria.
C’è un’Italia che si difende, che vive nella legalità e nel rispetto delle regole, ma è come una rocca assediata, intorno i barbari premono. I metodi dei malfattori alimentano paure. Le loro attività criminose non hanno solo effetti diretti, ma creano anche spaventosi danni indotti. Perché la mala avvelena un sacco di gente con la droga, gente che poi va in giro alla guida di auto e provoca incidenti, investe pedoni, ammazza.
Giampaolo De Pau, l’uomo che ha ucciso tre prostitute, era uno squilibrato reso tale dal consumo di cocaina. Si imbottiva di droga e poi, per conto della mafia, andava a minacciare chi non pagava: “A tuo figlio l’ammazzo, te lo riduco sfigurato per il resto della vita”.
Ci sono persone che hanno influenza sulla nostra vita perché occupano posti di rilievo, politici, banchieri, avvocati, e spesso operano sotto l’effetto della cocaina. Prendono decisioni mentre sono esaltati e non proprio nelle condizioni di persone razionali.
La politica non sembra molto interessata a questo mostro che si aggira nella nostra società. C’è una sorta di acquiescenza, una tacita accettazione. Come se ormai fosse troppo tardi per metterci rimedio.
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