LA NECROPOLI DIGITALE

EMANUELA CASA

I profili registrati su Facebook nel mondo sono circa tre miliardi, una cifra impressionante su una popolazione che nel mondo ha sfondato il tetto degli otto miliardi. Meta è la più grande piazza, virtuale, del mondo contemporaneo.

Buona parte di questi profili coincide con gli utenti che con i loro dati rendono possibile il successo della piattaforma, e gli utenti hanno il difetto di nivee chiare e di passare a miglior vita: ogni anno muoiono circa 50 milioni di utenti ed in prospettiva Facebook potrebbe diventare anche il più grande cimitero del mondo.

Una questione sempre più importante per l’economia del social, considerando che il target di FB è composto da persone non giovani e che l’appeal del social per le generazioni più giovani è molto scarso. Il tema ha risvolti economici importanti, perchè un profilo Facebook di una persona ha un valore stimato di circa 50 dollari, quindi non è difficile comprendere come la questione “biologica” sia un problema per la potentissima company di Marco Zuckerbergh.

Si è discusso molto negli ultimi tempi della possibilità di rianimare i morti con le intelligenze artificiali e le realtà aumentate. La tecnologia e la capacità di conservare e raffinare dati consente di far interagire nel virtuale persone non più in vita come se fossero vive, simulandone sinteticamente il comportamento o le interazioni.
Il tema è affascinante e complesso al tempo stesso, ed è di grande attualità.
Con il digitale cambia tutto, compreso il modo con cui diamo valore ed importanza alle cose che facciamo ed il modo con cui costruiamo il nostro immaginario. Il tema del fine vita non fa eccezione. Fra i tanti risvolti dell’argomento ne abbiamo scelti due.

ETERNI.ME

Il tentativo di mettersi in contatto con l’ultraterreno è uno degli archetipi che ha accompagnato e tuttora accompagna l’essere umano nel corso della storia. Con l’intelligenza artificiale la contiguità dei due mondi si fa tangibile: l’aldilà viene desimbolizzato e portato ad un piano di realtà. Facebook, più che degli altri social, è un terreno ideale per immaginare e costruire questo contatto tra la vita e la morte visto il nu ero degli utenti e degli utenti che muoiono ogni anni.

Ma che rapporto c’è tra morte e digitale?

Secondo Davide Sisto, filosofo e tanatologo, l’autore di porcospini digitali,, “il rapporto tra la morte e le tecnologie digitali è piuttosto complesso e variegato, poiché include in sé i temi dell’elaborazione del lutto e delle eredità personali” .

Il primo tema è il rapporto tra l’ elaborazione del lutto e il digitale: quando si perde una persona cara si tende a cercarne le tracce e i ricordi all’interno nel mondo digitale e virtuale, attraverso i nostri device. Per l’elaborazione del lutto ad un essere umano occorrono circa sei mesi.

Martina Ferrari, psicologa specializzata in Psicoanalisi della relazione ha studiato il rapporto tra l’elaborazione del lutto e il digitale analizzando il software Eterni.me, uno strumento che permette tramite una riproduzione del defunto online di contattare ancora questa persona.

“Dobbiamo tenerci aperti alla complessità e capire pian piano che risorse ci può offrire questo tipo di servizio. Bisogna comunque fare attenzione all’uso di questisoftware, elaborare un lutto è un’esperienza molto personale e la prescrizione di tali strumenti deve essere cucita su misura del singolo” conclude.

L’eredità digitale

Il secondo tema riguarda le eredità digitali, un argomento ancora più complesso che porta con se numerose domande a cui sia il diritto che la società devono ancora rispondere a pieno: chi ha il diritto di ereditare i dati digitali? Sarebbe giusto nei confronti del defunto guardare la sua vita privata? Le conversazioni che intratteneva e i siti che guardava?

Il tema dell’eredita digitale non è affatto banale. Si pensi alle modalità di accertamento della morte dell’utente sul web, o al diritto di accesso ai dati personali altrui, o al il diritto all’oblio. Qualche esempio per capire il grado di complessità di questo tema.

Nel momento dell’iscrizione a qualsiasi sito web o piattaforma digitale, l’utente sottoscrive con il servizio death manager di Google, Facebook etc… le condizioni e il destino dei propri dati dopo la morte. Queste condizioni raramente vengono “attenzionate” dagli utenti. Esistono accordi standard che prevedono che nel momento in cui non si accede all’account per un dato periodo di tempo (da un minimo di 6 mesi a 1 anno), il gestore consideri morto l’utente e quindi trasferisca automaticamente i dati come da contratto. Ovviamente questa regola di inattività dell’account varia da un social ad un altro.

In Italia vige un decreto legge, il 196/2003, per il quale “i diritti di cui all’art. 7 riferiti a dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato o per ragioni familiari meritevoli di protezioni”.
Questa norma lascia aperto il tema degli account commemorativi: ad esempio, come dovrebbe comportarsi meta nel caso in cui dopo la morte di una persona i genitori chiedessero l’account commemorativo e il partner la cancellazione del profilo del defunto?’identità digitale.

Infine il  “diritto all’oblio”, ovvero il “diritto ad essere dimenticati”: Giovanni Ziccardi, professore di Informatica giuridica all’Università di Milano e grande esperto del tema sostiene che mentre negli USA esistono già normative e regolamentazioni sull’argomento, sia l’Italia che l’Europa sono indietro nella legislazione.

“L’idea americana, è quella di rendere chiare le “ultime volontà digitali” di una persona, magari anche consentendo di impostare le proprie ultime volontà direttamente dentro la piattaforma stessa, prevedendo, ad esempio, la “morte” dell’account o del profilo in caso di inattività per un certo numero di mesi o, al contrario, la possibilità di nominare degli eredi che gestiscano la presenza online del defunto, ad esempio commemorandolo.
Mentre in Europa e in Italia sono pochissime le proposte di legge, e sono pochi i notai, attenti al tema.


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