Nell’arte, così come in politica, ogni opera, che possa definirsi tale, non è solo espressione di una capacità ma è la coincidenza di almeno due accadimenti straordinari strettamente connessi. Se un libro è fatto di parole, un quadro di colori, una melodia di note, le sole parole, i colori e le note, per diventare opere, necessitano di essere organizzate in un progetto ispirato da quella scintilla, per taluni proveniente da Dio, per altri dono dell’universo, che chiamiamo talento, ma il talento che non si propone o non incontra la disponibilità di essere percepito ed accolto, resta, come leggiamo in una significativa parabola, una moneta improduttiva, sepolta sotto un albero. Ciò che, dunque, rende “Arte” è solo l’incontro tra talento ed ascolto.
Un incontro dinamico, proficuo, interattivo ed aperto, tra una proposta di livello e la volontà e disponibilità a recepirla. Ci piace pensare così alla nostra proposta politica, come ad un tratto sicuro che segna accesi colori su una tela bianca, un tratto mosso da intelligenza, passione e fervore che, si offre d’incontrare lo sguardo curioso dei tanti occhi che vogliono ancora credere nella esistenza di quella bellezza profonda del pensiero che è potenza creatrice e trasformatrice.
Come ogni arte, anche la Politica, ha una sua componente immaginifica, ben diversa da quella volgare continua ricerca di suggestione e condizionamento, inscindibile dalla mediocrità di molte proposte politiche in campo. La mancanza di un sostanziale distinguo tra questa capacità immaginifica e quel mediocre esercizio di suggestione è ciò che, negli ultimi anni, ha determinato il fertile terreno per il realizzarsi di realtà fenomeniche e l’ascesa di leadership occasionali, ispirate dalla logica della promozione commerciale anziché da ideali, e sostenute da consensi emotivi ed irrazionali, pertanto mutevoli e cedevoli all’arrendevolezza ed al disimpegno .
“Per vivere da soli si deve essere una bestia, o un dio o un filosofo, ma l’uomo è tutt’altro, egli è per natura un animale politico”, scriveva così Aristotele e possiamo ancora riconoscerci in queste sue parole. La politica è, infatti, dimensione connaturata all’essere umano, gli appartiene e, come l’arte e differentemente dalla pratica di mestiere, nasce da un anelito e da un profondo bisogno interiore e non da effimera voluttà.
Questo nostro momento storico è contrassegnato, a dire il vero né più né meno che altri, perché rifiutiamo ogni forma di drammatizzazione che viene sempre prodotta a beneficio della retorica e del populismo, da una serie di difficoltà : c’è una pandemia ancora in corso, sebbene più contenibile, abbiamo la guerra seguita all’invasione dell’Ucraina dietro la porta di casa, sentiamo il riflesso delle 52 gravissime altre guerre in atto nel mondo, c’è una trasformazione epocale, assistiamo ad un’impennata delle conquiste scientifiche e tecnologiche che, se da una parte, sono confortanti, al tempo stesso, sono stravolgenti, ci sono cambiamenti climatici conseguenza di un pianeta che si ribella al suo protratto e sconsiderato sfruttamento, siamo di fronte
alla necessità di mutare sostanzialmente le forme di un approvvigionamento energetico sempre più indispensabile, ci sono popoli di interi continenti ai quali esibiamo impunemente una libertà ed un benessere che disconoscono ed al quale, comprensibilmente, ambiscono, che determinano il realizzarsi di moti migratori sempre più consistenti, ma non necessariamente dannosi, moti che andrebbero organizzati e governati e non solo vanamente osteggiati, e tutto ciò produce, con evidenza una generale crisi economica che sposta l’attenzione da quelle che è invece la principale crisi che stiamo attraversando, ovvero, una crisi di valori e più esattamente una crisi dell’animo umano.
Ciò in cui riteniamo debba operare la vera Arte della politica, è nel ricostruire il valore delle relazioni, deve favorire il dialogo in tutte le sue forme, deve restituire sostanzialità ai concetti di vero e possibile, sottraendoli al dominio della mera finalità elettorale e deve, soprattutto, avere il coraggio di sancire un confine invalicabile tra ciò che è giusto e ciò non lo è, distruggendo quell’ambiguo ponte di collegamento che tanto “utilitarismo” politico ha contribuito a costruire.
La politica che ci impegna, vuole mettere al servizio di questo disorientato tempo, ogni risorsa di responsabilità e spirito di iniziativa, ogni capacità di programmazione, progettazione , costruzione e vuole schivare il rischio di dannoso narcisismo ed autoreferenzialità. Ci proponiamo di recuperare l’attenzione di quanti non si riconoscono in nessuna delle proposte in campo, attraverso modalità nuove ed originali sia del metodo che della elaborazione politica.
Proposte che partono dal riconoscimento del valore della territorialità e della utilità dell’esperienza di chi ha amministrato ed amministra o di chi partecipa attivamente alla vita imprenditoriale, professionale e sociale. La ragione della nostra costituzione in forma federativa, è perché è la forma che ci garantisce una collaborazione continuativa e costante sulle questioni di ordine generale – incidenti e connotanti- con una comune visione dell’ Europa dei territori e di una Italia sempre più libera da iniquità ed ingiustizia sociale ma che, al contempo, ci consente di perseguire, parallelamente, un cammino identitario fedele ad ognuna delle ragioni fondative delle associazioni costituenti e partecipanti.
La nostra proposta è quella di una Politica che vuole recuperare la dimensione romantica, non quella di un sentimentalismo effimero ed inconsistente, ma quella della capacità di un sentire, sintonico, empatico che mette in connessione cose, accadimenti, storie e persone, sotto il vincolo di un’anima diversa ma comune. Un politica che sa vibrare e muoversi nell’orbita di una energia superiore, fatta di un raziocinio che non esclude la dimensione onirica, quella energia riformatrice che non si limita ad accoglie o rifiutare il futuro ma che contribuisce a crearlo, che ne plasma le forme e che lo assume al servizio di un pensiero rivolto al bene comune , nella consapevolezza che, la potenzialità della solidarietà, travalica sempre quella di ogni materiale beneficio. In sintesi, la politica che vogliamo proporre e mettere in campo, è quella che può definirsi arte perché è riprova ed esaltazione di talento inventivo e di una etica del fare e, soprattutto, del riformare, guidati dalla rotta
del bene condiviso e consapevoli che, come diceva il Beato Paolo VI la politica non può che essere “ la forma più alta di carità”.
Pensiamo che i temi cruciali della nostra azione possano essere:
Persone, Visione, Progetti, Futuro. Persone: per noi significa necessità di mettere in campo un’opera di riumanizzazione della politica, che può realizzarsi solo restituendo alla “persona” il diritto alla sua centralità nel dibattito politico e perseguendo obiettivi di sostanziale equità. Un’equità che fonda sul diritto alla uguaglianza ed insieme al riconoscimento della diversità, e che sappia, dunque, proporre e sostenere la portata differenziale che esiste tra uguaglianza ed indifferenza, riconoscendo ad ogni diversità la straordinarietà del suo valore e non il presupposto di sindacabili giudizi sulla presunta esistenza di una “normalità” asseritamente tale.
Si dovrà dunque mettere in discussione un modello dissennato di sviluppo e di governance, che ha finito per causare degrado sociale, ingiustizia e disuguaglianza e proporre, invece, un nuovo progetto “europeo” che abbia come priorità la lotta contro radicamenti ideologici pregni di pregiudizio, e modus operandi che hanno esaurito il loro margine di funzionalità. Vizi che continuano a produrre effetti vistosamente negativi dei quali possiamo intravedere traccia, ad esempio, nella disparità sociale, in quella di genere ed in quella territoriale.
Micro e macro attentati al rispetto di quella dignità umana che della uguaglianza, equità e giustizia, costituisce imprescindibile presupposto e della quale rivendichiamo la necessità, quale segno tangibile e testimonianza dell’indirizzo dell’etica e della moralità politica che ispira il nostro cammino. La nostra missione e diretta a garantire un equo diritto alle opportunità, alla formazione, alla partecipazione alla vita sociale e politica, alla più generale fruizione di diritti fondamentali ed al lavoro. Sappiamo anche che una delle massime garanzie di rispetto della dignità è l’esercizio della libertà nella sua accezione più profonda di esperimento di consapevolezza, che la consapevolezza si costruisce con l’educazione, la formazione, l’apprendimento.
Sappiamo, dunque, che in una nazione nella quale non esiste garanzia di equa distribuzione di diritto allo studio, alla salute, alla formazione, alla circolazione ed al lavoro, manca il presupposto per il concreto esercizio di quella libertà che è il fondamento di ogni vera democrazia . Sappiamo anche che dobbiamo mettere in campo, poiché necessaria e non più rimandabile, un’azione concretamente riformatrice perché la dignità non trova possibili spazi di insediamento in esperienze come quella della disoccupazione, della povertà assoluta e lavorativa, del degrado, in quella della malattia non presa in carico in strutture adeguate, in quella degli stati di abbandono , di emarginazione, di periferizzazione. Vogliamo tutelare la dignità delle persone riformando gli assetti vigenti:- riformando ed invertendo l’impostazione che oggi vede le persone al servizio dell’economia per porre le basi di una economia al servizio delle persone.
-Incidendo sulla scelleratezza di una pregiudizievole misoginia che mortifica non solo le donne ma l’intera società e che costituisce il presupposto di una disparità economica, retributiva e professionale, che è l’humus di quella mentalità retrograda e patriarcale , sempre più frequentemente diretta a manifestarsi in episodi di brutale ed inaccettabile violenza, più trasversali e diffusi di quanto non si creda.
-Vogliamo tutelare la dignità umana incidendo sul rispetto di ogni tipo di diversità, traducendola in peculiarità e restituendogli il suo naturale e prezioso valore.
-Intendiamo proporre un nuovo modello di interrelazione sociale ispirato al cristiano concetto di trascendenza che contempla, prima ancora dell’incontro, con una dimensione superiore e spirituale, una apertura ed un superamento dell’individualismo, nella consapevolezza che la dimensione dell’isolamento individuale, non ha in sé solo il germe di una esaltazione sterile, ma anche quello della distruzione dell’individuo prima e della società alla quale appartiene, immediatamente, dopo.
Se qualcuno dovesse, in merito, eccepire circa la unzione del nostro percorso da parte di un certo cattolicesimo sociale, ricordiamo che ciò da cui ci facciamo volentieri ungere non è quel cattolicesimo dogmatico che si esaurisce nella contemplazione, bensì quello pregno di fervore ed umanità e ben radicato nella realtà e nel presente, del quale oggi, nel nostro Papa Francesco, si trova una delle più concrete e brillanti espressioni. Un cattolicesimo interpretativo dei segni dei tempi e delle urgenze e più che mai necessario perché, come scriveva Charles Peguy se è vero che “la politica si beffa della mistica, è ancora la mistica ad innervare la politica” almeno, aggiungeremmo noi, la Politica che consideriamo degna di questo nome.
Mettere al centro le persone, oggi significa, indagare su bisogni ed esigenze nuove ed offrire risposte adeguate.
Il Lavoro, ad esempio, non deve essere solo garantito, deve essere anche essere garanzia di qualità della vita. Questo significa non solo adeguata retribuzione, ma adeguate forme di svolgimento del lavoro, nei tempi e nei modi, in linea con le effettive necessità ed esigenze dei lavoratori, delle loro famiglie e dei loro contesti. Il concetto di welfare lavorativo è ancora troppo poco considerato e deve ancora fare i conti con organizzazioni e metodiche che mettono inaccettabilmente a repentaglio la salute e la vita dei lavoratori, e la tragedia ferroviaria di Torino è solo una delle più recenti testimonianze.
Continua a crescere esponenzialmente il numero dei working poor (lavoratori poveri) e continua inesorabilmente ad aumentare il numero della persone in stato di povertà assoluta, anche tra coloro non solo occupati ma che, fino a poco tempo addietro, rientravano in quel ceto medio che ha rappresentato per anni il volano della nostra economia; Tutte emergenze che impongono una coraggiosa ed indifferibile riforma, che parta, appunto dalle evidenziate e non più rinunciabili o sottomettibili, esigenze di rispetto della dignità personale e della centralità della persona. Anche la fruibilità del diritto alla salute nella adeguata considerazione della centralità della persona e della sua dignità, necessita di una sostanziale riforma.
Il primo necessario intervento è quello che serve a restituire operatività al servizio sanitario pubblico e ad equiparare il livello delle prestazioni sanitarie pubbliche nel nostro Paese, il divario esistente è sconcertante e si traduce in dati drammatici, la aspettativa di vita nel sud Italia è di circa un anno e 7 mesi più bassa che al nord, la mortalità infantile entro i primi dodici mesi di vita è doppia nel sud e più del doppio è la percentuale di persone che dal mezzogiorno sono costrette a trasferirsi per esigenze di cure mediche. Il tutto aggravato dalla più o meno implicita delega di fatto della sanità pubblica a quella privata che, in tutte le realtà a basso o bassissimo reddito pro capite, come quelle del Mezzogiorno si trasforma in una ingiusta condanna, al pregiudizio alla salute, con evidente violazione di un diritto costituzionalmente garantito.
Le risorse del Fondo Sanitario nazionale, sono state e restano insufficienti ad assicurare una crescita normale della spesa sanitaria, soprattutto, ma non solo, nel sud italia, nel contempo al sud cresce, la mobilità sanitaria interregionale che ha raggiunto un valore di 3,3 miliardi euro. È il costo che il mezzogiorno paga alla ricerca di assistenza sanitaria adeguata in termini di professionalità, tempi d’attesa congrui, e di servizi. Questo comporta che nella ricerca di una possibile e celere soluzione la scelta di accedere al Mes sanitario, diventa ineludibile e richiede il superamento di pregiudiziali politiche nell’interesse più generale del Paese, per dare vigore a un’azione di riqualificazione, rigenerazione, rilancio e riequilibrio delle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale.
Ma una reale riforma sanitaria registra anche altre evidenti necessità, il diritto tutelato dalla costituzione, infatti, è quello alla salute che non può ritenersi realizzato e soddisfatto con il solo diritto alla cura della malattia. Salute significa prevenzione della malattia, significa approccio diretto a favorire il totale ed integrale benessere delle persone e lo stato di equilibrio psicofisico delle stesse. Significa garantire territori salubri, che non favoriscano l’insorgenza di malattie il che si traduce anche nel rispetto dell’ambiente e delle risorse naturali.
Significa un approccio olistico ed una adeguata considerazione dell’epigenetica per mutare positivamente la eventuale predisposizione alla malattia ed al danno, significa spingersi oltre la prevenzione ed intensificare quella parte di medicina predittiva che oggi appare essere ancora un miraggio. Significa inserire in un circuito virtuoso tutti i progressi tecnologici, non in sostituzione ma in complementarietà alle metodiche tradizionali ed a quelle alternative che, i più recenti studi scientifici accreditano e definiscono come opportune e necessarie, a sostegno di quel richiamato approccio olistico indirizzato e centrato sulla persona nella sua interezza;
Dignità e centralità della persona, significa ancora, attenzione alla istruzione, formazione, alla crescita personale, nel rispetto delle inclinazioni e della naturale predisposizione. Significa che c’è ancora un sistema scolastico obsoleto, inidoneo a preparare le nuove generazioni ad affrontare le sfide del futuro. Un sistema che deve essere profondamente riformato e deve svincolare il diritto alla istruzione superiore dalla disponibilità economica delle famiglie e stabilire giusti criteri di riconoscimento di merito che tengano in debita considerazione i livelli ed i contesti di partenza e non solo i risultati raggiunti, perché è proprio questo il senso di una vera e sostanziale equità.
Per quel che riguarda la Visione, pensiamo che non si possa fare politica senza essere dotati di visione, forse necessita persino una utopia. Si può amministrare la cosa pubblica, e persino apparire sedicenti leader, ma non si fa vera politica senza offrire e coltivare ideali. Da molti anni si percepisce una drammatica assenza di visione e si assiste a protagonisti dello scenario politico che si affannano ad inseguire un domani così prossimo da rendere rapidamente inefficace e superata qualsiasi ipotesi d’intervento. Oggi più che mai è necessario mettere in campo pensiero capace di visione a lunga gittata, per evitare anche che la diffusione d’incertezze e paure sia messa al servizio di logiche reazionarie che favoriscono immobilità e stagnazione.
Ci sono numerosi studi, di analisti accreditati, che vedono nella assenza di politici dotati di visione, una delle cause di quel declino democratico, per certi versi già in atto a livello mondiale. Declino che porta con sé il rischio di scadimento di molti valori quello che la politica senza più Maestri abdichi le proprie funzioni a tecnici, per lo più economisti, dimenticando che l’economia non è una scienza esatta e certamente non è una scienza giusta. Ma al futuro ed alla politica non serve tanto la scienza quanto il coraggio di seguire intuizioni illuminate da intelligenze visionarie e creative.
Molti sanno della polemica in atto tra scienziati della fisica classica e studiosi della fisica quantistica e di come i primi screditino la valenza degli studi dei secondi denunciando la carenza di prova di scientificità, in pochi sanno, però che è proprio grazie alla fisica quantistica che è stato possibile realizzare strumenti come il laser e le risonanze magnetiche, sviluppare la tecnologia alla base delle apparecchiature elettroniche, delle telecomunicazioni e delle reti informatiche. Persino la fotocopiatrice è basata su un fenomeno prettamente quantistico.
Gran parte della tecnologia che utilizziamo quotidianamente è frutto di ciò che, da molti, è considerata mera teorizzazione. Questo cosa ci dice? Ci dice che l’intuizione opera i suoi effetti anche prima e, talvolta finanche in totale assenza, di una validazione scientifica e che, più che ogni altro ambito, alla politica risulta necessaria quella, ancorchè inspiegabile, capacità di anticipazione che è sempre e comunque l’effetto di una dotazione innata, evidente , riconoscibile. Capacità di visione da troppo tempo, sacrificata dall’imperio di cinici cartelli di potere , che preferiscono favorire l’ascesa di figure mediocri e manovrabili in quanto sottomettibili ai propri scopi.
La nostra visione è semplice quanto audace.
Guardiamo ad una Europa euromediterranea che sia l’Europa dei territori, e che sia per tutti noi “nuova patria”, federale ma sostanziale e vera, non più solo un insieme di Stati ma un’autentica realtà statuale che sceglie la politica dell’area
mediterranea come centrale per il suo sviluppo, per la sua sicurezza, la sua stabilità e la sua ricchezza. Guardiamo ad una Europa che faccia del nostro Paese il punto focale e non solo nevralgico, dei futuri interessi diffusi. Nella nostra visione l’orizzonte è sgombro da ipotesi sovraniste, xenofobe, demagogiche e populiste con una Italia capace di assumere come urgente e possibile l’onere di una modernizzazione strutturale attraverso l’impulso di un concreto riformismo delle idee e delle azioni. Una Italia libera dal vincolo di quell’inefficace bipolarismo che ha dato ampia prova di essere incapace di esaudire le articolate, complesse e complicate istanze del nostro tempo. Un’ Italia plurale e differenziata ma “una” nella diffusione e fruizione di diritti e doveri. Un’ Italia riformata non da iniqui obiettivi di autonomia differenziata al servizio della permanenza di un, per tutti dannoso, status quo, ma da un macroregionalismo funzionale che riscatti, non solo il meridione, ma l’intero Paese da logiche e pratiche assistenziali, a favore di uno spirito d’iniziativa lungimirante e responsabile.
Il nostro Progetto:
in parte insito nella nostra visione è quello di essere aggregatrici ed aggregatori di forze sane ispirate dagli stessi nostri valori e , pertanto, disponibili a compiere insieme a noi , tratti di strada o l’intero cammino, necessario alla realizzazione di quegli obiettivi che il tempo impone come non più rinviali.
Crediamo nel valore e nel potere salubre della cooperazione diretta ad obiettivi etici, e sappiamo che i progetti ambiziosi non si costruiscono con i “contro” qualcuno o qualcosa, ma con i “per” qualcuno o qualcosa. Non saremo , pertanto oppositori ma costruttori, riservandoci il diritto di assenso o dissenso, non orientati da scelte di campo ma dall’urgenza di operare per il bene comune. Non siamo mai stati appassionati alla proposizione di una politica di dimensione spaziale quella di destra e sinistra e crediamo che la rapidità con la quale la società è mutata e continua a mutare, abbia sostanzialmente svuotato questa idea della politica del suo sostanziale storico significato. Ciò non si confonda però con un comodo qualunquismo, il cui concetto rifiutiamo nelle idee, nelle scelte e nei fatti, proponendo, all’opposto, un estremo accrescimento della responsabilità di adottare indirizzi svestiti di bandiere e casacche ma ispirati da valori più solidi di ogni possibile sigla d’appartenza.
Crediamo che la soluzione, realistica e percorribile, all’inefficacia del bipolarismo non sia l’occupazione dello spazio politico che si frappone tra i due poli, ma la costruzione di uno spazio realmente alternativo da realizzarsi con ideali e progetti. Crediamo che la politica debba essere “mediana”, nel prezioso senso ispirato dagli scritti di Anna Kulishoff, perché il termine mediano ha in sé un implicito concetto di giusto e contemperante, perché il centro è uno spazio, mentre mediano è una posizione, e perché , mutuando dalla terminologia calcistica, ambire ad avere un ruolo discreto e generoso offrendosi di lavorare per un risultato di squadra e non per gloria individuale, in uno scenario politico sovrappopolato da aspiranti goleador sempre in cerca di riflettori, ci sembra cosa non di poco conto.
Il quadro di sintesi dei nostri obiettivi strategici ed operativi dovrebbe , dunque aggiungere alle rappresentate necessità di riforma del sistema sanitario, del lavoro e della istruzione e formazione, nel senso anzidetto anche:
-Una riforma complessiva dell’assetto istituzionale con espressa operatività sistemica, di una federazione delle regioni del mezzogiorno, finalizzata alla programmazione e gestione dei fondi europei e nazionali e diretta a realizzare, a livello interregionale, quella progettualità che in collegamento all’ossatura infrastrutturale esistente nella altre aree del Paese, costituisca impulso per l’intero comparto imprenditoriale garantendone il complessivo miglioramento della competitività ed aumentandone i margini di espansione e sviluppo;
-Una riforma che non sia dimentica della necessità, più che d’incidere sulle forme di presidenzialismo e leadership, sulle modalità di selezione delle classe politica anche attraverso quei necessari interventi sulla legge elettorale che garantiscano agli elettori quella concreta possibilità di scelta e selezione, che ne rinnovi lo stimolo alla partecipazione attiva.
Tra i nostri progetti c’è anche:
– una riforma della giustizia diretta a contrastare ogni forma di giustizialismo, che garantisca la operatività del principio d’indipendenza della magistratura, che risolva il problema della vigenza di privilegi e sconfigga l’idea della sussistenza di aree di impunità. Un giustizia che estrinsechi la sua sostanzialità ed efficacia dando risposta alle istanze in tempi ragionevoli, perché il ritardo del provvedimento giudiziario, ancorché esatto nella sua espressione , integra sempre una ipotesi di intollerabile ingiustizia. Una giustizia, infine, che nella esattezza e tempestività del suo intervento sia anche garanzia per quel necessario impulso all’iniziativa economico imprenditoriale ed alla operatività di investimenti pubblici e privati, Tra i nostri progetti ci sono ancora
-una generale adozione di politiche di sistema in tutto il settore dei servizi
-l’adozione di politiche ambientali di breve e lungo periodo con adeguata attenzione ai piani di intervento urgente ove sussistano straordinarie esigenze di sistemazione del territorio con finalità di tutela dell’incolumità pubblica e di prevenzione e che si realizzi anche con la necessaria revisione dei processi produttivi e delle forme di approvvigionamento energetico;
-l’adozione di politiche di regolamentazione europea dei flussi migratori, coordinata con le politiche interne degli Stati membri, che favoriscano una reale integrazione in armonia con le esigenze e le potenziali offerte occupazionali delle aree ospitanti e siano indirizzate in via prevalente al rispetto della dignità umana ed all’intervento sui bisogni e la tutela delle libertà;
-l’adozione di politiche d’incentivo e sostegno alla piccola e media impresa italiana, a beneficio dell’export e della tenuta occupazionale;
-l’adozione di politiche di incremento di digitalizzazione e più in generale di tecnologizzazione mettendo in condizione di concreta fruizione e capacità di utilizzo la più larga parte possibile della società, attraverso una adeguata opera di informazione e formazione che risolva il problema dell’analfabetismo tecnologico e della inadeguatezza culturale all’approccio con le esigenze anche con riferimento a quelle di organizzazione sociale, del prossimo future.
Quanto appena rappresentato, ovviamente non si propone quale programma esaustivo della nostra Federazione ma, in ossequio al tema del nostro consiglio Nazionale quale proposta di lineamenti d’indirizzo, una proposta certamente integrabile e migliorabile dagli odierni interventi e dai prossimi momenti di confronto interno nonché di confronto con quella forze con le quali condividiamo valori e che, dal documento di sintesi che elaboreremo oggi, si sentiranno moralmente, prima ancora che politicamente, chiamate alla collaborazione ed al confronto ed all’impegno.
Resta ora un solo punto, il più ammaliante : il futuro.
Si dice erroneamente che il futuro è il tempo che non ci appartiene, ma è inesatto. Il futuro è più nostro di quanto non lo sia un passato sul quale non abbiamo possibilità d’intervento ed un presente nel quale siamo coinvolti dagli effetti del passato. Il futuro è nostro perché è il tempo delle nostre intenzioni e di tutta la loro potenzialità.
Un giorno per ragioni professionali ho incontrato un uomo fragile ed estremamente provato che aveva da poco tentato il suicidio, un po’ per occupare un tempo d’attesa ed un po’ per cercare di capire meglio quel suo momento, gli ho chiesto cosa lo motivasse ad andare avanti. Mi aspettavo una risposta come il mio lavoro, miei figli, mia madre, ma lui dopo qualche momento di silente riflessione mi ha detto: l’alba.
Questa sua risposta mi ha fatto riflette su quanta straordinarietà può esserci in un’ alba, per riuscire a dare un senso ed una ragione di vita a chi alla vita voleva rinunciare. In quella risposta non c’era traccia di emozione o romanticismo ed ho capito che a dargli una ragione di vita non era la bellezza dell’alba ma la promessa di futuro che conteneva.
Da quel momento non c’è alba che non pensi a quella risposta e non c’è alba che non rafforzi la mia voglia di misurarmi con il giorno che verrà e con gli altri a venire. Ecco, è così che mi piacerebbe ci proponessimo e proponessimo di guardare al futuro, come ad un’alba motivazionale, un’alba che, come direbbe Walt Whitman ci faccia godere del “panico” che si prova, ad avere la vita davanti.
SEGNALIAMO