LA RIVOLUZIONE CHE HA VINTO

Come sarebbe bello poter dire che è stata la rivoluzione più riuscita del novecento. Ma come per un effetto valanga, la rivoluzione delle donne, quella che delle utopie degli anni 70 del ‘900 ha dato più risultati, sta producendo nel nuovo millennio morte su morte. Femminicidio, lo chiamano: donne uccise perché si sono ribellate e hanno proseguito quelle che le loro nonne (ma anche bisnonne) hanno portato avanti con battaglie capaci di cambiare radicalmente il volto delle società dei paesi industrializzati. Uccise quasi sempre da mariti, fidanzati, compagni incapaci di accettare la consapevolezza del diritto di dire “NO” . Per non parlare dei ragazzini che oggi più di ieri si macchiano di stupro, spesso di gruppo.

Nonostante ciò, la macchina della storia non si può fermare. E una cosa è indubbia :  con le loro lotte, con i loro sacrifici, con i loro silenzi e con le loro urla le donne hanno rivoltato come un guanto la società e il costume patriarcale. E questo, nel giro di – relativamente – pochi anni.

In realtà la lotta per i diritti comincia con la rivoluzione francese. Le donne dell’assemblea costituente chiedono il voto e l’uguaglianza. Non passa. Ma il seme è gettato. Alla fine dell’800 sono le suffragette inglesi, seguite dalle americane, a battersi per il diritto di votare. Non si fermano davanti a niente, né alle botte della polizia, né all’incarcerazione per non parlare del disprezzo e della derisione della cosiddetta società “per bene”.

I primi cambiamenti ci saranno con la Grande Guerra. Con gli uomini al fronte, le donne  sono chiamate a uscire dalla casa dove per secoli erano relegate. Era considerato un fatto talmente normale che in Veneto (ma valeva per il resto dell’Italia e dell’Europa) si diceva:  <che la piasa, che la tasa, che la staga in casa>. Ovvero : la donna deve piacere, tacere e stare in casa. Invece tra il 1914 e il 1918  da casa ci escono per  svolgere i compiti  dei loro mariti o padri. Entrano nelle fabbriche e negli uffici. Finito il conflitto, sarà più difficile pretendere che stiano zitte e buone.

Ma la vera deflagrazione arriva  con la conclusione della seconda guerra mondiale. Niente sarà come prima. In meno di  cinquant’anni , in Italia l’altra metà del cielo butta all’aria  pregiudizi millenari. Protagonista del proprio destino e decisa ad esserlo anche dentro un destino collettivo, come annota Serena Zoli nel suo libro “La generazione fortunata”: in pochissimi anni <il femminismo ha dispiegato con fragore un sogno che ribaltava millenni di tradizione riuscendo a mettere in marcia – nei cortei e nelle singole case – milioni di donne>.

Non è stato facile. In Italia le donne avevano contro la disapprovazione sociale, ma soprattutto la legge. Per esempio, non potevano lavorare senza l’autorizzazione del marito. Nel 1955  una sentenza della corte di Cassazione stabilisce – come racconta Marta Boneschi nel libro “Santa pazienza” – che  <non commette abuso di esercizio della potestà matrimoniale [bisognerà aspettare il 1975 per vederla abolita] il marito che nella sua qualità di capofamiglia di cui è responsabile, esige dalla moglie il sacrificio dell’attività professionale da lui giudicato in contrasto con i doveri che le sono imposti dalla società coniugale>.  Per contro, nel 1960 la corte d’Appello di Torino sentenzia che <commette ingiuria grave la moglie che, incurante del ragionevole divieto, continua a svolgere il proprio lavoro>. Ragionevole, capito? Il messaggio è chiaro: zitta e a casa; e non stiamo parlando di mille anni fa. Se lavoravi per bisogno, eri vedova, orfana o qualcosa di simile, eri compatita, ma se lo sceglievi perché lo volevi, la disapprovazione sociale era assicurata.

Del resto le donne erano pagate meno degli uomini. Succede anche adesso, ma allora era sancito per legge. I contratti collettivi prevedevano che svolgessero le mansioni più basse, considerate squisitamente “femminili”. Fa da apri strada un accordo sindacale del 1960 che cancella le cosiddette “mansioni femminili”. Ma i lavori più specializzati e retribuiti restano in mano agli uomini. Tra l’altro, in fabbrica non potevano portare rossetto o rimmel ed erano obbligate alle maniche lunghe: il maschio si eccitava, poverino: Meglio evitare.

La legge e le sentenze entravano in casa, perfino sotto le lenzuola. Fino alla riforma del diritto di famiglia (1975) , la donna ha il dovere alla prestazione sessuale come remedium concupiscentiae  del marito e in nome della continuità della stirpe. Fino al 1968 era punito , anche con la galera, solo l’adulterio femminile, quello maschile no (a meno che il fedigrafo non portasse l’amante a casa). Celebre il caso della compagna del campione di ciclismo Fausto Coppi, sposata ad un altro uomo, che andò in prigione su denuncia del marito.

L’altra faccia era  il delitto d’onore. Ovvero quell’articolo del codice penale che mostrava una estrema “comprensione” per l’uomo che uccideva per lavare il proprio onore macchiato da un tradimento . Concetto, quello del tradimento, che si estendeva anche alle sorelle. Ammazzare donna e amante poteva costare solo tre anni di carcere. E’ stato abolito solo nel 1981 insieme al matrimonio “riparatore” : in caso di stupro, se l’uomo sposava la sua vittima non era punibile. Del resto, la violenza carnale era classificata come delitto contro la morale e non contro la persona. Pena massima, dieci anni, più o meno come un furto aggravato. Si deve arrivare addirittura al 1996 per ottenere che lo stupro diventi delitto contro la persona.

La verginità era il bene supremo delle ragazze e non esserlo poteva costare caro. Come nel casi di  separazione in un matrimonio . Nel 1953 la corte d’appello di Firenze sentenzia che l’aver taciuto prima delle nozze  di non essere vergine <costituisce colpa grave>. Per una ragazza di oggi può sembrare surreale, ma una ragazza “per bene” di allora, non doveva sapere niente. Il punto di arrivo – obbligatorio, pena il disdoro sociale – era in matrimonio al quale si doveva giungere illibate e ignoranti. Tanto, ci avrebbe pensato il marito.

Essere mogli e madri irreprensibili, ma come madre arrangiati da sola. Al massimo chiedi aiuto a mamma.  E’ del 71 la prima legge che protegge la maternità: la donna incinta non potrà più essere licenziata a causa della gravidanza e avrà due mesi di riposo prima del parto e tre dopo. E’ sempre del 71 la liberalizzazione della vendita degli anticoncezionali : vengono abrogate norme fasciste del 1927 che miravano “alla difesa della razza” e arrivavano a punire col carcere chi pubblicizzava qualsiasi mezzo antifecondativo.

L’anno precedente il parlamento aveva istituito il divorzio, una legge a firma del socialista Fortuna e del repubblicano Baslini . Quattro anni dopo – 1974 – dovrà essere difeso da una durissima e appassionata battaglia per il referendum (voluto dalla DC) che lo voleva abrogare,  vinto con un inatteso quanto mitico 60 per cento .

 Il 1974 è uno spartiacque. L’Italia con quel NO esce piano piano dal medioevo. Le donne danno prova di esistere in quanto persone, non si sottomettono più alla “autorità maritale” o del parroco. In pochi avevano fiutato questo vento. Fino all’ultimo, per esempio,  il Pci fu freddissimo sulla consultazione: aveva paura dell’altra metà del cielo . E non aveva capito niente. Così come i dirigenti maschi del Pci non avevano capito niente del mondo femminile durante la stesura della Costituzione. L’aneddoto è significativo. Nel ’47 si sta discutendo in commissione se inserire l’indissolubilità del matrimonio nel testo della Carta. Lo chiedono i cattolici, mentre la sinistra è contraria, anche se Nilde Iotti – lo racconta sempre Marta Boneschi – è favorevole a fissare il principio in una legge ordinaria. Togliatti si astiene e a Lelio Basso che, sorpreso, gli chiede il perché risponde che ha a cuore il destino delle donne che temono di essere abbandonate dal marito. Nel voto in aula però i comunisti presentano un emendamento per cancellare la parola <indissolubile>. Sempre Lelio Basso chiede spiegazioni al Migliore , il quale risponde che <c’è stata la rivolta delle donne del mio partito>.

Ma anni dopo, al di là di quanto se ne fosse accorta la sinistra, il pianeta rosa esplode. Va in piazza, grida i suoi slogan, rivendica una emancipazione – o liberazione, come propugnavano le più arrabbiate. Organizza sit in e viaggi clandestini nei paesi dove l’aborto era consentito. Tra l’altro, nel 1973 una coraggiosa radicale, Adele Faccio apre  il primo consultorio a Milano . E’ al partito radicale che si deve se nel 1978  il parlamento italiano si decide a  promulgare , ma di stretta misura, la liberalizzazione dell’interruzione di gravidanza . Prima della legge 194 , c’era solo paura e condanne – giudiziarie e sociali . E molte donne morte se non avevano i soldi, tanti,  per i “cucchiai d’oro” (medici che facendosi pagar profumatamente praticavano gli aborti clandestini).

Sul Manifesto, Rossana Rossanda scrive: “care donne, senza il movimento femminista , i suoi turbamenti, le sue alte grida, i suoi garofani rosa e le parolacce urlate per la strada , senza i vostro estremismo , il nostro rispettabile parlamento sarebbe ancora fermo dove stava cinque anni fa”.

Si dovrà arrivare al 1981 con un referendum stravinto (68%) per far mettere l’animo in pace ai reazionari e ai timorosi di dio (con il Pci, ancora una volta, timidissimo) :  la 194 c’era e restava. Oggi  c’è ancora chi si sveglia e vuole rivedere la legge sull’aborto, magari abrogarla. Recentissima la norma del governo Meloni che ammette la presenza delle associazioni pro-vita nei luoghi dove legalmente si interrompono le gravidanze. Come se per una donna abortire fosse una passeggiata e il suo animo lacerato avesse bisogno di qualcuno che gli facesse sentire (come è successo) il battito del cuore del feto.

 Ma il diritto di abortire ancora c’è, malgrado i mal di pancia di una certa destra al governo.

Abbiamo già accennato alla riforma del diritto di famiglia, nel 75. E’ solo l’applicazione di un articolo della costituzione (29), ma in realtà, una vera e propria rivoluzione, soprattutto per le donne. La già citata “autorità maritale” viene abolita : la moglie può lavorare senza il consenso del marito; non dovrà più “seguire il marito” come prevedeva il codice fino a quel momento, ma i due potranno decidere insieme dove stabilirsi; la potestà genitoriale della madre è affiancata a quella del padre e questo fa cadere per sempre la millenaria “patria potestà”; non è più obbligata a “soddisfare il debito coniugale”; può affiancare il suo cognome a quello del coniuge; si stabilisce la comunione dei beni dopo le nozze. Insomma, le donne non sono più suddite. E, se si aggiunge che nel 77 viene sancita la parità salariale tra i due sessi (mai completamente attuata, ma oggi non è più dato per scontato, anzi) ,  scusate se è poco.so

Per onestà bisogna dire che a fianco della galassia rosa ci sono stati (chi più, chi meno) sinistra e sindacati e anche i cattolici più avveduti. Ma il motore, quello vero, sono state le donne. E della loro determinazione ha giovato l’intera società .  I ventenni di quaranta/cinquanta anni fa, nonostante tutto, hanno consegnato ai ventenni degli anni 2000  un paese migliore, più aperto, più libero.  Chi pensa di rimettere in discussione il divorzio? O la potestà genitoriale del padre e della madre insieme? La pillola anticoncezionale si compra tranquillamente in farmacia , senza che questo susciti stupore, tanto meno scandalo. Del divorzio si sono avvalsi anche gli uomini e con la parità salariale entrano più soldi in una famiglia.

Adriano Celentano oggi non potrebbe più cantare, come faceva nel 1964, <il problema più importante per noi è trovare una ragazza di sera> perché oggi le ragazze, di sera, escono da sole. E se vedi un tavolo con due o tre donne senza un uomo, non è una tavolo di sfigate, ma di donne che hanno scelto di stare insieme alle loro amiche.

Ecco, la scelta. La possibilità di scegliere, la libertà di scegliere. Questa è stata la vera rivoluzione. Per tutti.


SEGNALIAMO

  • ‘NA TAZZULELLA E CAFE’

    I francesi difesero e conservarono gelosamente i semi, fino a quando una spia brasiliana sedusse la moglie del Governatore e riuscì a farsi consegnare alcuni semi sufficienti per lo sviluppo dell’industria brasiliana del Caffè.


  • “CITTADINANZA ONORARIA”

    … agli studenti stranieri un primo importante passo simbolico che viene dai sindaci Durate la pausa ferragostana i politici di ogni orientamento hanno rilasciato, tra disquisizioni fisiologicamente contrapposte, pareri e commenti su “ius soli”, “ius culturae”, “ius scholae”, già archiviati come armi di distrazione di massa e quindi aria fritta di fronte a uno scenario…


  • “LA SALVEZZA DI QUESTA NAZIONE STA NEL CAPIRE CHI SIAMO”

    “LA SALVEZZA DI QUESTA NAZIONE STA NEL CAPIRE CHI SIAMO” di Rossana Pace Presidente dell’Associazione Culturale Eccellenze Italiane E’ in vigore dall’11 Gennaio scorso la Legge 206 “Disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del Made in Italy”, una legge che richiede che i cittadini italiani siano preparati a gestirla Finalmente abbiamo…


  • « TANTO DI CAPPELLO! »

    Il Borsalino di Humphrey Bogart in “Casablanca” Per i giovanissimi e le giovanissime del giorno d’oggi coprirsi il capo con un cappuccio o con una semplicissima cuffia calata sulla fronte, o con un berretto da basebaal, dotato di visiera curva e piatta, unisex, simile a quello indossato dai campioni della formula 1, rappresenta un vezzo,…


  • #GRANBELLASTORIA

    #GRANBELLASTORIA

    “Lavorare nel sociale” sostiene Colucci, “significa dare un contributo a costruire comunità solidali.


  • #OTTOMARZO: IL LINGUAGGIO DI GENERE

    #OTTOMARZO: IL LINGUAGGIO DI GENERE

    Niente più schwa, chiocciole o asterischi in Argentina: Javier Milei, il presidente ultra liberista e ultra conservatore, ha vietato l’uso del “linguaggio inclusivo” e di “tutto ciò che riguarda una prospettiva di genere” nella pubblica amministrazione. In Argentina, il linguaggio inclusivo è usato negli enti governativi, nelle scuole, nelle università, ma anche nel linguaggio di…


  • 1800 EURO AL MINUTO (ED IL PASSATO CHE NON PASSA…)

    1800 EURO AL MINUTO (ED IL PASSATO CHE NON PASSA…)

    Ma quale censura? Anzi, una meritoria azione di risparmio dei soldi pubblici di un paese che ha tanti problemi, ed in cui c’è grossa crisi. E poi chi si crede di essere questo Scurati per chiedere ed ottenere con regolare contratto dalla tv di stato 1800 euro per un minuto di monologo? 1800 euro, mil-le-ot-to-cen-to……


  • 1960

    1960

    1960 … due mondi lontani in un unico borgo del lago Maggiore Dei miei ricordi di quindicenne forse quello più vivo, sempre pronto a riaffiorare dalle pieghe della memoria, è quell’affacciarmi dal balconcino della mia camera, come per un impulso incontenibile, per osservare lo scenario incantevole del lago che si spalanca di fronte a Baveno,…


  • A CENTO ANNI DALLA NASCITA

    A CENTO ANNI DALLA NASCITA

    Qui iniziò il primo tentativo di scuola a tempo pieno, espressamente rivolto alle classi popolari, dove, tra le altre cose, sperimentò il metodo della scrittura collettiva. Con il bel tempo si teneva lezione all’aperto sotto il pergolato. La scuola era una vera e propria comunità, dove si lavorava e si creava tutti insieme e la…


  • A PALAZZO FARNESE IL CONCORSO “LA SCUOLA ALBERGHIERA E IL SUO TERRITORIO” PREMIA CINGOLI

    Al contrario non è stato altrettanto entusiasmante il racconto, soprattutto da parte dei ragazzi di sala, di cui la giuria ha apprezzato la buona volontà pur rilevando che le motivazioni del concorso si sono rivelate più che fondate ovvero la necessità che la scuola approfondisca maggiormente il legame e quindi la conoscenza del territorio in…