Il vero terremoto politico è quello scatenato dalla decisione di sciogliere il Parlamento
Tredici/A Hermes Storie di geopolitica – Europa
Alberto Toscano
Giornalista e scrittore già Presidente dell’Associazione della stampa estera a Parigi
Il vero terremoto politico è quello scatenato dalla decisione di sciogliere il Parlamento non dai risultati del voto essendo la sconfitta della maggioranza presidenziale macroniana largamente annunciata dai sondaggi. Alberto Toscano disegna tre scenari dopo la Beresina elettorale subita il 9 giugno da Emmanuel Macron alle elezioni politiche: 1) La ricerca disperata di una nuova maggioranza presidenziale in un nuovo Parlamento 2) La “coabitazione” con il Rassemblement National o con una nuova coalizione di sinistra 3) Un governo tecnico all’italiana in caso di un Parlamento privo di una maggioranza assoluta.
Una scelta rischiosa in un quadro che dopo il voto potrebbe essere di grande instabilità non potendo sciogliere nuovamente il Parlamento. Per Toscano l’inquilino dell’Eliseo in questo quadro di incertezza politica dell’Esagono come de Gaulle oltre mezzo secolo or sono ha optato per una scelta azzardata “Scegliete fra me e il caos!”
10 giugno 2024
La decisione a caldo di indire subito nuove elezioni dopo la disfatta della maggioranza presidenziale alle elezioni europee peraltro largamente annunciata dai sondaggi
Ce lo porteremo dietro a lungo il ricordo di queste ore di agitazione, apprensione e televisione. Per una volta, i risultati francesi sono stati più ansiogeni di quelli italiani. In realtà, il verdetto delle urne francesi ha confermato l’oroscopo dei sondaggi delle settimane precedenti. «Le choc RN» è il titolo che domina il 10 giugno la prima pagina di Les Echos, apparentemente sorpreso dal 31,4 per cento conquistato dalla lista Rassemblement national (RN) del ventottenne Jordan Bardella.
Non si capisce dove stia lo choc, visto che il sondaggio pubblicato il 4 giugno dallo stesso quotidiano attribuiva a Bardella il 33 per cento. Può darsi che alla redazione di Les Echos non leggano Les Echos. Lo choc dell’eclatante vittoria di Bardella, braccio destro di Marine Le Pen, era previsto e straprevisto. Lo stesso si può dire per la rovinosa sconfitta della lista della coalizione macronista, guidata da Valérie Hayer, che era data nei sondaggi dalle parti del 15 per cento e che ha effettivamente avuto il 14,6. Il presidente Macron e i suoi fedelissimi controllano la quasi totalità del potere nazionale, ma – al momento del voto – solo il 14,6 per cento degli elettori hanno espresso fiducia in loro. Non è certo un bel risultato dopo sette anni di presenza all’Eliseo e dopo due anni dall’inizio del secondo mandato presidenziale del quarantaseienne Emmanuel.
Lo choc c’è stato davvero la sera del 9 giugno, ma è scaturito da un’altra notizia, questa volta del tutto inattesa. Il terremoto è venuto dalla decisione dell’Eliseo di sciogliere l’Assemblea nazionale in reazione appunto alla Beresina elettorale del macronismo.
Alcuni collaboratori di Macron hanno tentato di evitare quella decisione, che ha il sapore di un azzardo. Pare che il primo ministro Gabriel Attal abbia offerto al presidente la propria testa, proponendogli di utilizzare le dimissioni del governo per lanciare un segnale di cambiamento. Niente da fare. Proposta rifiutata e testa di Attal rimasta al proprio posto fino ad almeno il prossimo luglio.
L’impatto psicologico dei risultati elettorali del 9 giugno ha scosso e sconcertato Macron, che ha scelto di giocare d’anticipo sciogliendo l’Assemblea nazionale e convocando le elezioni per il rinnovo dei 577 seggi che la compongono. Il corpo elettorale francese (49 milioni di persone) cercherà di darsi un’anima politica tornando alle urne nel giro di brevissimo tempo: le date annunciate da Macron per i due turni delle legislative sono il 30 giugno e il 7 luglio 2024.
I tempi brevissimi mettono in difficoltà tutti i partiti, macronisti compresi.
Nella legislatura uscente, durata solo due anni, i fedeli del presidente avevano la maggioranza relativa con 250 seggi contro i 151 che erano stati eletti nella coalizione di sinistra NUPES (socialisti, Verdi, comunisti e soprattutto sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon), contro gli 88 del Rassemblement National e contro i 62 neogollisti del partito dei Républicains.
Adesso comincia una campagna elettorale rovente, sui cui esiti è impossibile fare previsioni. Di qui la grande incertezza delle tre prossime settimane di campagna elettorale.
Tre scenari
Annunciando dai teleschermi lo scioglimento dell’Assemblea nazionale (alle 21,01 di domenica 9 giugno), Macron immaginava presumibilmente un «piano A» e un «piano B». Il problema è che sembra mancargli il «piano C».
1. La ricerca disperata di una nuova maggioranza presidenziale in un nuovo Parlamento
Il «piano A» è chiaramente la vittoria dei tre partiti a lui fedeli, riuniti nella sua coalizione: il partito Renaissance e gli alleati del MoDem (Movimento democratico di François Bayrou) e di Horizons. Resta da vedere fino a quando gli amici resteranno amici e gli alleati resteranno alleati.
Il punto forte del «piano A» sta in un’alternativa che il presidente Macron sembra porre in modo secco e persino brutale ai suoi connazionali. Una frase che non ha mai pronunciato, ma che ha lasciato intendere tra le righe del suo brevissimo e drammatico discorso radiotelevisivo della serata elettorale:
«Scegliete tra me e l’ignoto! Tra me e il rischio del caos!».
Macron chiede una vera maggioranza. Ha bisogno di fiducia come dell’ossigeno.
2. La “coabitazione” con il Rassemblement National o con una nuova coalizione di sinistra
Se non l’avrà, è pronto ad affidare ad altri la patata bollente del governo. Altri chi? Viene da pensare evidentemente ai grandi vincitori del 9 giugno, ossia a quell’estrema destra che entrerebbe così in modo eclatante (e magari inquietante) nel «sancta sanctorum» del potere.
Ecco dunque il «piano B» coabitazione con i vincitori delle elezioni, che potrebbero essere il Rassemblement National di Marine Le Pen o, sull’altro fronte, una coalizione di sinistra eventualmente riesumata.
Sulla base dei risultati del 9 giugno, si può dire che ambedue queste forze possano contare su circa un terzo dei voti. Per arrivare alla maggioranza assoluta, dovrebbero sperare di avvantaggiarsi dal sistema elettorale a doppio turno (cosa difficile per il RN a causa della sua difficoltà nel trovare alleati).
Se il Rassemblement National o l’ipotetica (ancora molto ipotetica) coalizione di sinistra avessero la maggioranza assoluta all’Assemblea, scatterebbe la «coabitazione», già sperimentate tre volte dalla Francia durante la Quinta Repubblica.
Macron resterebbe tranquillamente al proprio posto all’Eliseo, esercitando comunque una supervisione su politica estera e difesa, secondo quanto previsto dalla Costituzione. Intanto il governo dei suoi avversari dovrebbe misurarsi con i problemi della vita quotidiana, rischiando così di diventare impopolare.
3. Un governo tecnico all’italiana in caso di un Parlamento privo di una maggioranza assoluta
Il vero pericolo nascerebbe se nella prossima Assemblea non ci fosse una maggioranza assoluta a sostegno del governo (come peraltro non c’è dal giugno 2022, cosa che ha indebolito gravemente l’Eliseo in questi due anni).
Che farà Macron in quel caso? Ci vorrebbe appunto un «piano C», che lui molto probabilmente non ha nelle proprie tasche.
La Costituzione non gli permette di sciogliere nuovamente l’Assemblea a breve termine. Potrebbe cercare un Mario Draghi alla francese per dar vita a un governo più o meno «tecnico», ma soluzioni del genere sarebbero difficilissime da mettere in pratica in Francia. Non sappiamo che cosa farebbe in una tale eventualità, ma sappiamo che il rischio per le istituzioni francesi sarebbe grave.
L’incertezza politica in Francia un nervo scoperto per l’Europa: i veri interrogativi e spettri che agitano il Vecchio Continente e l’azzardata scommessa gollista di Macron
L’incertezza politica francese sta già diventando un nervo scoperto dell’Europa intera. E la parte più visibile di un iceberg di domande in cerca di risposta.
- Quale maggioranza politica sarà al timone del prossimo Parlamento europeo?
- Chi presiederà nelle proprie mani la Commissione di Bruxelles?
- Chi si accomoderà sulle altre euro-poltrone più importanti, in questo momento da attribuire (presidente del Parlamento, presidente del Consiglio, responsabile della politica estera)? Quali equilibri nasceranno tra i vari gruppi dell’Europarlamento?
- Come immaginare il futuro della difesa europea e del rilancio della Nato?
- Che fare, nella nuova stagione politica, di fronte alle gigantesche sfide internazionali che sono davanti a noi (Ucraina, Medio Oriente, possibile vittoria di Trump, energia e così via)?
Nella notte dell’Eliseo, tutta Europa ha guardato verso la Francia temendo una pandemia di dubbi, di liti e d’incertezza.
Tanti spettri si aggirano per l’Europa in questa tarda primavera 2024, ma uno di loro rende più difficile a noi europei la gestione di tutti gli altri: quello dell’instabilità. Lo sa bene Macron, che in vista delle elezioni anticipate sembra mettere i francesi davanti all’alternativa di cui si è detto: «scegliete tra me e il caos!».
Questo è il suo punto di vista. Questa è la sua scommessa. Questo è forse il suo azzardo.
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