Una vittoria particolare
Quattordici/A Hermes Storie di geopolitica – Mondo
Riccardo Cristiano
Giornalista, collaboratore di Reset
Riccardo Cristiano definisce la vittoria del riformista Masoud Pezeshkian, eletto al secondo turno Presidente della Repubblica come “La scelta del maggiordomo”. A parere dell’autore “…la presidenza del riformista Masoud Pezeshkian non riguarda lui, che non ha poteri e potrà anche essere un sincero riformista e una brava persona. Lui è un’immagine, il resto – la Guida suprema Ali Khamenei, i Pasdaran e le milizie che occupano gli stati falliti – la realtà sulla quale Pezeshkian non potrà incidere. È però – aggiunge Cristiano – un ottimo volto ufficiale, che copra la realtà problematica. Ma al di là del volto ufficiale resta il progetto egemonico. Sul quale Pezeshkian non ha il potere di incidere”.
06 luglio 2024
L’Iran non si capisce con il pensiero unico
Uno dei problemi più gravi causati dal pensiero unico è quello di convincere molti che esista un solo modo di pensare. Può caderci soprattutto chi, come sovente accade agli occidentali, pensa che il suo modo di pensare sia il solo capace di leggere tutto. Questo è un guaio enorme, perché non è così.
Il 5 luglio è stato eletto il nuovo Presidente della Repubblica; se capiamo il sistema iraniano capiamo anche il valore di questa elezione: è la scelta del maggiordomo.
Quando un nobile sceglie un maggiordomo non sceglie chi comanda in casa, sceglie il volto con cui riceverà i suoi ospiti. Un volto arcigno, un volto benevolo?
La grandezza politica dell’Iran teocratico oggi sta nella scelta del volto che ha scelto: un volto aperto, amichevole. Perché?
La consultazione fra Hamas e Hezbollah sul cessate-il-fuoco in Libano
Come lo Stato ha due livelli, anche la lettura ha due livelli: locale e globale. A livello globale Tehran sa che c’è voglia di cessate il fuoco. E sa che in Israele la politica dovrà venire a termini con l’esercito, che lì conta e che spinge per fare una scelta di realtà.
A Tehran il cessate il fuoco interessa, non si cura degli arabi (di rito religioso diverso, loro musulmani sunniti, mentre a Tehran sono musulmani di rito sciita). Tehran lo accetta, ma deve venderlo a livello locale.
Per questo nelle ore in cui si votava hanno annunciato che Hamas e Hezbollah si consultavano proprio sul cessate il fuoco, come a dire che è tutto sotto il loro controllo. Cioè dicono alle opinioni pubbliche regionali: è la resistenza islamista che ha ottenuto ciò che voleva. Se quell’opinione pubblica si convincesse di questo, il potere a doppio corpo si rafforzerebbe. Qui il sistema sarebbe però capovolto rispetto a quello che vige a Tehran: fuori si vede in Iraq, in Siria, in Libano, forse a Gaza (se c’è), uno Stato fallito e incapace, mentre sotto si rafforzerebbero poteri illegittimi, governati dalle milizie legate a Tehran.
Ecco che la presidenza del riformista Masoud Pezeshkian non riguarda lui, che non ha poteri e potrà anche essere un sincero riformista e una brava persona. Lui è un’immagine, il resto – la Guida suprema Ali Khamenei, i Pasdaran e le milizie che occupano gli stati falliti – la realtà sulla quale Pezeshkian non potrà incidere. È però un ottimo volto ufficiale, che copra la realtà problematica e acquieta il veemente malessere interno almeno per ora.
Ma al di là del volto ufficiale resta il progetto egemonico. Sul quale Pezeshkian non ha il potere di incidere.
Capire Tehran, per me, vuol dire accettarne il gioco, facendone un altro. Va benissimo il possibile cessate il fuoco – anche questo, purtroppo molto tardivo- ma per rafforzare gli Stati che non sono falliti, con aiuti occidentali a ricrearne la democratica efficienza. Ciò che difficilmente si farà.
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