LA SFIDA UE

Nei 35 anni dalla caduta del sistema bipolare, il sistema internazionale ha subito mutamenti di struttura. Gli Stati Uniti non sono più la grande e unica superpotenza. Anche per questa ragione evitano coinvolgimenti diretti di propri uomini nei teatri di conflitto. La Russia attua politiche aggressive e minacce a chi vi si oppone, conducendo guerre in Europa, Africa, Medio Oriente. La Cina non fa guerre, continuando a rafforzare il suo ruolo di potenza. Tra gli alleati degli Usa viene percepita come competitor economico tecnologico e commerciale; in Asia come criptominaccia anche militare, dato che la sua amicizia con la Corea del Nord e la questione Taiwan sono vissute come rischi concreti.

L’Unione Europea, nonostante sia diventata più grossa, non è diventata più grande, anzi ha subito un ridimensionamento in termini economici, tecnologici, politici. Eppure nei primi anni del nuovo secolo, prima della terribile crisi del 2007-2008 legata ai subprime statunitensi, in molti guardavano all’UE come il soggetto internazionale vincente nel nuovo secolo.

Decine di autori affrontano i temi dell’agenda unionale in un volume, La sfida Ue, a cura di Luigi Troiani, partendo da questa premessa storica, dando indicazioni su come si possa uscire dalla situazione di crisi e consentire alle istituzioni comuni di riprendere la strada maestra della crescita economica e sociale fornendo al popolo dei 27 maggiore giustizia sociale e nuova capacità di competere nell’economia globale, assicurando sicurezza al continente.

Nell’introduzione Luigi Troiani guarda in particolare al fattore demografico. Nei primi due decenni del secolo, 10 paesi membri su 27 hanno perso popolazione. Dal picco del 2026 – 453,3 milioni di abitanti – i 27 scenderanno nel 2100 a 419,5 milioni. Nel 2050 gli europei saranno il 7% dei terrestri; 150 anni prima erano il 25%. È ora una popolazione matura. Senza misure drastiche, diventerà presto anziana, e poi vecchia: l’età media oggi è a 44,5 anni; nel 2100 sarà 50,7 con il 32,5% ultra65enni e15,3% ultraottantenni. Quella popolazione europea sarà meno vitale, più fragile, frugale, meno innovativa e politicamente più conservatrice. Sarà un peso in termini di costi pensionistici, sanitari, sociali, né ci saranno giovani sufficienti per pagare i costi finanziari corrispondenti. Secondo Ocse, il gettito fiscale diminuirà dell’8% rispetto ad ora. Gli incassi da lavoro del 9%. Potranno crescere le patrimoniali, non oltre il 7%. Saranno Iva e consumi a sostenere le finanze pubbliche?

Il libro attraverso questo ed altri dati, va diritto a un’affermazione: la sfida UE riguarda soprattutto la questione sociale, passata in secondo piano dopo la retrocessione delle forze politiche ispirate a dottrina sociale cristiana (partito Popolare) e riformismo socialista (partiti Socialista e Socialdemocratico), e l’avanzata dei partiti ispirati a nazionalismo, sovranismo, populismo.

Come hanno scritto Enrico Letta e anche con maggior forza ed efficacia Mario Draghi, occorre rilancia l’Unione e capire che i piccoli stati europei senza Unione sono condannati dalla storia all’irrilevanza. Nel 1960, i 27 e Regno Unito superavano 1/3 del pil mondiale, posizione che vent’anni dopo, nel 1980, era ancora del 30%; senza drastici interventi, alla fine del XXI secolo il pil a 28 si sarà ridotto a 1/10 di quello mondiale.

Sotto questi numeri, ci sono centri di ricerca e grandi produttori di tecnologie avanzate dell’Ue che hanno ceduto posizioni su posizioni in quanto a dinamismo e capacità finanziaria, cervelli aziende e prodotti andati a cercare collocazione in mercati più competitivi, o passati di mano (l’estone Skype acquistata da Microsoft nel 2011, la britannica DeepMind da Google nel 2014), un’Ue che da produttrice e venditrice si è trasformata in compratrice (nel 1990, in Ue si produceva il 44% dei semiconduttori mondiali, oggi il 9%). Le sette più grandi imprese mondiali di tecnologia per capitalizzazione di mercato sono, nel 2024, statunitensi: tra le prime venti compaiono solo due Ue, l’olandese Asml e la tedesca Sap. Nell’ultima puntata dell’incubo europeo, la partita sull’IA: in campo giocano le imprese americane e cinesi, mentre quelle Ue stanno sugli spalti a fare da spettatori. Siamo al paradosso di una Cina che, settimane fa, ha individuato come target per la rappresaglia contro i dazi Ue sulle sue auto elettriche, i derivati del latte e dei suini, non trovando di meglio! Non stupiscono i dati Ocse sulla discesa inarrestabile di salari e produttività, fonte di molte delle situazioni denunciate dal libro.

Nell’analisi che il testo propone sulla proposta Draghi, si cita la sua richiesta di “un cambiamento radicale … un’UE all’altezza del mondo di oggi e di domani.”, con l’indicazione dei settori sui quali intervenire: sistema energetico decarbonizzato, difesa integrata, produzione nei comparti innovativi, ambizione alla leadership tecnologica, l’Unione dei mercati dei capitali, in particolare di quelli privati.

Per la rincorsa tecnologica servono tra 750 e 800 miliardi l’anno di investimenti aggiuntivi. Draghi chiede appalti congiunti, coordinamento della spesa, interoperabilità dei sistemi e riduzione della dipendenza dall’estero. Stessi principi per l’approvvigionamento energetico e dei minerali critici, dove serve una piattaforma Ue che garantisca sicurezza dell’approvvigionamento diversificato, messa in comune delle disponibilità, finanziamento e stoccaggio.

(La sfida UE, Arcadia ediz. 2024, a cura di Luigi Troiani)


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