LA SICILIA VA INDIETRO 

COME I GAMBERI 

POLIS, CATANIA

La Sicilia va indietro come i gamberi, ma non tutto è come ci viene descritto. Anche perché l’andatura dei gamberi solo apparentemente si sviluppa in retromarcia, in quanto, nella realtà, è semplicemente un’impressione, dovuta ai tipo di movimento che il piccolo e gustoso crostaceo compie per spostarsi. Nel caso della Sicilia, però, non si tratterebbe soltanto di un’impressione, poiché i dati raccolti dal giornale Italia Oggi sembrerebbero dimostrare che le cose stiano andando davvero male e non di poco.

Ma veniamo alla graduatoria. Secondo il noto quotidiano economico nazionale, su 107 province italiane, Ragusa si classifica all’88° posto (era 84° nel 2022), Trapani al 93° (stabile), Palermo al 98° (stabile), Enna al 100° posto (nel 2022 era al 97°), sale dal 106° posto al 102° Siracusa, Catania ed Agrigento perdono una posizione rispetto allo scorso anno e si collocano rispettivamente al 103° e 104° posto. Messina precipita dal 96° posto del 2022 al 105°, mentre Caltanissetta si colloca al 106° posto. Giusto per completare il quadro, l’ultima provincia in graduatoria è Crotone, in Calabria, mentre la prima è Bolzano, seguita da Milano. Trento, invece, scende dal primo al 3° posto. I parametri presi in considerazione dall’indagine di Italia Oggi sono: affari e lavoro, ambiente, istruzione e formazione, popolazione, reati e sicurezza, sicurezza sociale, sistema salute, reddito e ricchezza ed infine tempo libero. In particolare, relativamente alla raccolta differenziata Catania risulterebbe essere l’ultima in classifica, con soli 716 chili pro capite l’anno. Mentre Palermo sarebbe in testa per il numero di veicoli circolanti per ogni chilometro quadrato: 6.501.

Discutere le cifre è difficile, ma stimolare qualche riflessione a margine non sarebbe male. Ad esempio, non sarà, per caso, che il basso indice di raccolta differenziata abbia una qualche connessione con la mancanza, in Sicilia, dei termovalorizzatori?
Non sarà, per caso, che l’alto tasso di veicoli in circolazione abbia a che fare con una pessima rete di trasporto pubblico? Non sarà, per caso, che i dati sulla sanità abbiano a che fare con le infinite liste d’attesa di cui la politica non sa liberarsi?
E poi, come mai tra i parametri presi in considerazione non si parla di clima, di mare, di suicidi, di ossido di carbonio nell’aria dei centri urbani, di solidarietà tra le persone?
Qui non si vuole affatto difendere le eventuali inefficienze delle amministrazioni locali, che in alcuni casi sono più che scandalose, né si vuole giustificare la disattenzione dei numerosi parlamentari e ministri del Sud, distratti dal potere, ma non dal potere fare.
Tuttavia, non si può di certo nascondere che un territorio con un tasso di infrastrutturazione pari a meno della metà della media nazionale, è difficile che possa presentare indici accettabili nei settori presi in esame.
L’impressione che si desume da un’attenta analisi di simili statistiche fa pensare a quel deprecabile, ma comunissimo, sistema di informazione che prima chiacchiera di una certa persona o di un determinato territorio, e poi dice che quella persona o quel territorio sono “chiacchierati”.
Non è difficile ritenere che la Sicilia, esattamente come il resto del Mezzogiorno d’Italia, siano stanchi di sentire chiacchiere e vogliano vedere strade, autostrade, ferrovie, porti, aeroporti, scuole, asili, impianti sportivi, centri sociali, case popolari e soprattutto hanno voglia di vedere servizi efficienti e il ponte sullo Stretto di Messina, con la sua conseguenza più importante: il lavoro. L’indignazione, però, non basta.


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