Il tempo, si sa, è nato con l’uomo. Esso comprende tre parti apparentemente distinte e separate ma, in realtà, facenti capo a un unico ed eterno momento: il “Qui e Ora”. Esso, nel senso più comune, si può suddividere in tre parti: passato, presente e futuro.
Col nome di passato si indica, in genere, il periodo di tempo prima del presente: è ricco di tutte le esperienze che ogni persona ha avuto la possibilità di vivere e sperimentare.
Col nome di presente, invece, si denota il periodo in cui si vive e si lavora, praticamente il “Qui e Ora”. Infine abbiamo il futuro, con il quale si suole alludere a quel momento che deve ancora venire.
Quest’ultimo contiene infinite possibilità di realizzazioni e viene scandito da continue successioni a seconda delle vicende di vita ed è unidirezionale.
Questo è il Tempo Orizzontale, costituito da una linea retta che parte dal passato e va verso il futuro attraversando il presente. Lungo essa, infatti, corrono i pensieri della gente che vanno ondeggiando su una linea orizzontale facendo la spola fra passato (conflitti irrisolti, traumi mai superati, sensi di colpa per il non detto e il non fatto), presente (solo presenza fisica) e futuro (ansie, aspettative, speranze, incertezze).
La cosa strana è che quasi tutti passano il resto della loro Vita a oscillare lungo questa linea temporale, senza mai vivere realmente la Vita.
Dietro a questo incerto scenario si cela una possibile salvezza, formata dal Tempo Verticale. Sua caratteristica è quella di andare dall’alto verso il basso posizionandosi sul momento presente. Le due modalità di Tempo sono profondamente diverse. Infatti il Tempo Orizzontale è sostanzialmente figlio della mente, perché si nutre di passato e di futuro e mai di presente, anzi teme quest’ultimo perché verrebbero a essere annullati tutti i pensieri che affliggono l’intelligenza. Il Tempo Verticale in qualche modo è come figlio dell’eternità, perché viene vissuto solo qui, solo ora e rende liberi dalle illusioni, dipendenze culturali, gabbie sociali, paure e aspettative.
Esso non conosce altro tempo se non il presente e lo vive in pieno, cogliendone l’attimo (l’oraziano “Carpe diem”) e scoprendo in esso un lampo di quelle eterne realtà parallele (non inferiori) racchiuse al suo interno.
È come lo scorrere, di per sé sfuggente, che si muta improvvisamente in Essere. Occorrerebbe se non fermarlo, perché impossibile, almeno saperlo leggere bene e raccontarlo con grande attenzione. D’altronde nella stessa pratica psicoterapeutica si raccomanda sempre di “Vivere bene il momento presente” onde evitare inutili e dannose fughe anticipatorie.
Da qui origina la coscienza di una potenziale interconnessione fra i due Tempi e della conseguente loro intercomunicabilità. E’ quella definita da C.G. Jung “Sincronicità” (da “syn”= con; e “khronos”= ora), cioè riunione nel tempo, simultaneità. È come un bloccarsi con l’accensione di una imprevista folgorazione che va poi a illuminare bene ciò che si sta compiendo invece di lasciarsi trascinare dalla freccia incontrollabile del divenire.
A partire da Platone (428-348 a. C.) e, con la nozione di Anima del mondo, da Plotino (203-270) sia nell’Antichità che nel Medioevo, accanto al principio di causalità, è sempre stato accettato quello di sincronicità (il Tempo come “immagine mobile dell’eternità”, cioè dell’Essere Eterno). Che esistesse una corrispondenza tra l’Uno e i molti, lo spirito e la materia, macrocosmo e microcosmo, era del resto convinzione delle arti divinatorie come l’astrologia, l’oniromanzia (interpretazione dei sogni) o quelle dell’antica Roma che ad esempio studiavano il volo degli uccelli per trarne auspicia, ovvero segni divini dedotti in una maniera non causale ma appunto sincronica, cioè basata sull’analogia simbolica con un determinato modello o archetipo.
Nel Rinascimento Marsilio Ficino (1433-1499) è per una concezione astrologica basata sulla corrispondenza e l’interdipendenza di ogni parte dell’universo, da leggere e interpretare secondo l’esperienza psicologica dell’anima, alla quale è attribuita una centralità particolare, precorritrice delle nozioni junghiane di sincronicità e inconscio collettivo.
Anche per il neoplatonico W. Leibniz (1646-1716) le monadi, pur non comunicando fra di loro, sono però tutte sincronizzate come tanti orologi che segnano la stessa ora, con il loro agire che solo apparentemente sembra essere di tipo causale. A. Schopenhauer (1788-1860), analizzando la tendenza finalistica degli eventi, parla del legame esistente fra gli eventi naturali e l’interpretazione individuale che a essi si dà.
Dopo la scoperta della “Legge della serie” da parte di P. Kammerer (1880-1926), secondo la quale nell’universo tutto mira a riunire le cose simili, C. G. Jung (1875-1961) tra il 1923 e il 1929 approfondisce il lavoro di quest’ultimo, con l’aiuto del fisico teorico W. E. Pauli (1900-1958) Premio Nobel nel 1945. Nel 1932 il fisico vide Jung ogni lunedì per discutere con lui i suoi sogni, studiati poi dallo stesso Jung in Psicologia e alchimia. Per Jung le sincronicità sono l’espressione di “atti creativi nel tempo” che manifestano una tendenza naturale alla creatio continua, una creatio che esprime un ordine psichico universale (Inconscio collettivo).
Grazie agli studi di J. B. Rhine (1895-1980), fondatore della Parapsicologia, Jung nel 1950 organizzò una sperimentazione per esaminare lo stato di sincronicità tra l’universo e gli eventi umani giungendo alla conclusione che i nessi fra di loro sono di natura acausale e soprattutto che lo spirito vive anche di fini e non solo di metodi fondati sulla causalità. Per C. G. Jung l’inconscio è una realtà oggettiva: è collettiva e trans-personale. Scrive a tale proposito: “La psicologia non è solo una questione personale. L’inconscio, che ha le sue leggi e dei meccanismi indipendenti, esercita una forte influenza su di noi, e potrebbe essere paragonato a una perturbazione cosmica. La mente inconscia ha il potere di trasportarci o farci del male nello stesso modo di una catastrofe cosmica o meteorologica.”
L’allieva di Jung M.-L.Von Franz (1915-1998) sposta ancora più in avanti l’attenzione definendo gli eventi sincronici non prevedibili e espressione della tendenza all’unità, mentre H. Reeves (1932) ipotizza anche una sorta di intelligenza sincronica di gruppo (es. negli stormi di uccelli o in banchi di pesci) che finalizza le sue scelte a trovare una soluzione comune.
Questo insieme generale di riflessioni potrebbe essere applicato anche al discorso sulle coincidenze non casuali, ai fenomeni apparentemente imprevisti, ma che accadono nel presente, ai sogni, agli eventi di vita non catalogabili come effetto di altri precedenti, al problema dell’attesa sperimentata fortemente nell’oggi, agli entanglement quantistici (particelle strettamente connesse anche se molto distanti fra di loro), al comportamento degli animali che amati sanno amare i loro amici umani nel “qui e ora” assoluto (=”Ego sum”) in una maniera intensa, unica e totale. Tutto questa serie di realtà vissute entra a far parte del Tempo Verticale, cioè è come se tutto stesse accadendo nel momento presente, nel quale va a concentrarsi l’intero ciclo vitale, una sorta cioè di sintesi fra passato e futuro che si scrive in maniera misteriosa ma chiara nell’attimo corrente. È come un provvisorio sostare per riannodare insieme i vari capi-tasselli della classica matassa e scoprire dalla loro analisi il significato originario e il senso ultimo che assume questo aggrovigliato e fantastico cammino del vivere. Sarà un assaggio di ciò che avverrà, quando cioè la componente Tempo cesserà di avere una sua funzione semplicemente perché il pensiero e ciò che materiale non è non sono legati a questa particolare dimensione dell’Essere? Chissà! Anche questo fa parte della Grande Domanda ancora irrisolta.
A conclusione di queste osservazioni riporto qualche riflessione di alcuni grandi Autori, che illustrano questi pensieri.
Scrive Sant’Agostino (354-430): “Il tempo non esiste, è solo una dimensione dell’anima. Il passato non esiste in quanto non è più, il futuro non esiste in quanto deve ancora essere, e il presente è solo un istante inesistente di separazione tra passato e futuro”.
Annota Deepak Chopra (1947): “Quando si lotta contro il momento presente, in realtà si lotta contro l’intero universo”,
E Fëdor Dostoevskij (1821-1881): “Nell’Apocalisse l’angelo giura che il tempo non esisterà più. È molto giusto, preciso, esatto. Quando tutto l’uomo raggiungerà la felicità, il tempo non esisterà più, perché non ce ne sarà più bisogno. È un’idea giustissima. Dove lo nasconderanno? Non lo nasconderanno in nessun posto. Il tempo non è un oggetto, è un’idea. Si spegnerà nella mente”.
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