LA VELA AZZURRA E IL BRUTALISMO

Con un tempismo sinistro e straordinario al decreto salva casa segue la tragedia della Vela azzurra di Scampia, dove il cedimento di un ballatoio ha provocato la morte di tre persone e il ferimento di altre 12. Il crollo è stato causato dal cedimento di una passerella che collega il corridoio esterno a un’abitazione. La Vela Celeste, per la cronaca, è una delle ultime rimaste in piedi a Scampia, le altre sono state abbattute per dare una sistemazione più dignitosa ai residenti.

Costruite tra il 1962 e il 1975 su un progetto dell’architetto Franz Di Salvo le Vele sono diventate un ghetto ed un simbolo del degrado sociale. Il film “Gomorra” ad esempio è stato girato a Scampia. Negli anni 80 le Vele furono occupate abusivamente da molti sfollati del terremoto in Irpinia, e Scampia è stata in anni passati una delle piazze dello spaccio di droga più importanti d’Europa. Tra le cause del degrado delle Vele c’è il mancato completamento del progetto originario o le modifiche fatte per risparmiare o aumentare la capienza delle case: gli spazi comuni previsti non sono mai stati realizzati, così come non sono state realizzate le infrastrutture pubbliche per i collegamenti tra Scampia e Napoli. Forse più che di un fallimento dell’architettura si può parlare di un fallimento nell’esecuzione e nella gestione dei progetti.

Sicuramente oggi le Vele, come altri casi di enclave abitative realizzati in Italia ed in tutto il mondo, sono anche memorie storiche della distanza tra la politica e il territorio e della pretesa di imporre dall’alto modello che di fatto sono estranei alle comunità cui vengono imposti.

Una frase di Rem Koolhass, uno dei massimi e più discussi protagonisti dell’architettura contemporanea, riassume bene quella fase storica, quando accusa la grande architettura di “ fare in modo che il mondo accetti visioni che esso non vuole, costruendole”.

Il Brutalismo di le Corbusier nel mondo, da Marsiglia a Scampia.

La storia dell’edilizia popolare del secondo dopoguerra in Italia e non solo è fatta di abitazioni ed edifici che nascevano con l’idea di fare fronte alle esigenze della società che si risollevava dalla guerra per ripartire. L’architettura di quegli anni è ispirata al puro funzionalismo: l’etica prevale sull’estetica, che si riduce a struttura e volumi sempre più plastici. Il protagonista è il cemento armato a vista, il beton brut, come lo utilizzò le Corbusier nel progetto delle celebri Unité d’Habitation a Marsiglia.

Scampia, come la Torre Velasca a Milano, è un esempio in versione italiana del Brutalismo, termine che deriva proprio da beton brut e che identifica una vera e propria corrente architettonica che si sviluppa negli anni ’50 del secolo scorso in Europa. L’estetica e la firma del brutalismo è il il cemento a vista, una costante in quegli anni in tutti i paesi del mondo.

In Italia, questa corrente architettonica prende forme e percorsi originali, radicali, postmoderni, organicisti, indipendenti, mantenendo della corrente la forma estetica e la fiducia nella capacità dell’urbanistica di innestare e guidare il cambiamento. In pratica nell’architettura di quegli anni, nell’approccio progettuale in particolare, c’è la cultura e soprattutto la politica del tempo, con gli ideali di quegli anni, dal diritto alla città e alla casa all’idea di una società che fosse più equa e coesa. Quelli che oggi sono palazzoni brutti e fatiscenti erano parte di quartieri in cui dovevano sorgere spazi comuni e luoghi per la mescolanza sociale, spazi che spesso non sono stati realizzati o sono stati abbandonati. Il cemento a vista inoltre ha bisogno di manutenzione costante e tende a corrodersi: nell’immaginario collettivo le architetture “brutaliste” sono diventate presto il simbolo di cattive politiche pubbliche in materia di abitazione o del fallimento dell’integrazione. Molti di questi edifici sono stati abbattuti, altri sono stati oggetto di piani di rigenerazione urbana. Simbolo di un parziale fallimento delle politiche pubbliche per la casa e l’abitazione, per alcuni, causa per altri.

Oggi nel XXI secolo i piani straordinari di rigenerazione sono un’ulteriore sfida per l’amministrazione pubblica alle prese con problemi in parte simili a quelli che si affrontavano nella seconda meta del dopoguerra e in parte del tutto differenti. Il concetto di città è cambiato e sono cambiati i modi e i presupposti di fare comunità e stare insieme. L’idea stessa di piano regolatore appartiene ad un periodo che sembra lontano, o un o strumento che andrebbe rivisto e ripensato senza preconcetti o ideologia.

PS. Oggi nella vela azzurra ci sono 700 famiglie per 750 abitanti. Una volta ultimato il progetto restart Scampia nell’ultima vela rimasta in piedi ci saranno gli uffici della Città Metropolitana.


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