L’ARTE QUALE TERAPIA

Spesso noi ci chiediamo che cos’è un’opera d’arte e a cosa serve ma poco di come si legge un’opera d’arte e perché opere tratte dal nostro passato, nonostante il trascorrere del tempo, continuano a suscitare in noi sentimenti importanti.

Quando ci troviamo al cospetto di un quadro dire che quel quadro è bello senza capirne il motivo crea una rottura tra sé e chi lo ha prodotto; quindi, per meglio apprezzarne la bellezza e il significato dobbiamo necessariamente fermarci. Incominciare a chiederci perché quell’artista ha scelto quel personaggio o quel colore piuttosto che un altro.

Nulla è a caso in quanto tutto è prodotto dalle emozioni e sensazioni che si provano in un determinato momento, l’arte è il risultato del proprio inconscio e anche se, alla base della composizione, può esserci un’idea iniziale, man mano che si procede nell’esecuzione quell’idea si può rafforzare oppure prendere un’altra strada che l’esecutore stesso non si aspettava. È bello osservare, a posteriori, il risultato così ottenuto, qualunque esso sia perché sicuramente risulterà innanzitutto per l’interessato assolutamente gratificante.

Proviamo ora ad analizzare empiricamente un quadro prendendone come modello uno molto famoso quale “La tempesta” del mitico Giorgione o, se preferite, di Messer ZORZON da Castelfranco. Inizialmente, messi di fronte al quadro, noi abbiamo una visione d’insieme che, in parte, già appaga il nostro sguardo ma non ancora soddisfa la nostra conoscenza ed allora incominciamo a soffermarci un po’ sui vari punti chiave dell’opera.

Ciò che attira immediatamente il nostro sguardo è la donna con il bambino che succhia al seno un’immagine questa universale che tocca chiunque; la madre e il figlio sono uniti in un anelito di vita perché esso è il primo contatto fisico che si ha con un corpo subito dopo la nascita, in più la donna ci appare seminuda sull’erba e ciò segna la rottura dell’artista con la tradizionale pittura medievale.

Tutto l’insieme dell’opera, come anche la natura (a parte il fulmine), sembra alludere ad una certa quiete che ci allontana dall’idea della tempesta ma, ciò è normale in un quadro cinquecentesco perché tutto è fermo e quieto, per non disturbare il sentire umano legato alle emozioni così importanti in un uomo del Rinascimento intorno al quale ruotava il mondo superata l’idea contraria e oscura del Medioevo. Altri elementi importanti della composizione sono i colori leggeri, tipici della pittura veneta, e l’acqua che ingloba tutto anche Venezia che ne è compresa nel suo abbraccio materno così come lo è il bambino tra le braccia della mamma.

Volendo tirare le somme di questa prima analisi possiamo dire che la composizione rappresenta simbolicamente l’amore e la sua potenza generatrice del mondo; se impariamo ad osservare un quadro compiamo un’azione benefattrice sia per noi stessi, perché allertiamo tutti i nostri sensi, sia per il miglioramento del gusto artistico. Andare oltre e scoprire è insito nell’essere umano!

L’arte è anche terapeutica, svolge su di noi un’azione benefica di rilassamento e benessere potenzia le capacità di ogni individuo e suscita in noi sensazioni che, diversamente, rimarrebbero stratificate nel nostro inconscio. Le radici di questa azione terapeudica risalgono in Gran Bretagna e in America alla cura della tubercolosi e ai disturbi psichici dei reduci di guerra.

In epoche ancora più antiche, come ad esempio nelle civiltà egizia e greca, questo metodo fu di aiuto per l’impatto liberatorio del teatro. La sua centralità è quella di riabilitare persone fragili, anche dal punto di vista comportamentale, nei normali contatti sociali. Sicuramente un metodo per avviare il processo suddetto può essere: entrare in contatto con opere d’arte che, grazie alle immagini e alla loro storia nonché alla conoscenza dei motivi che le hanno ispirate, ci consente di entrare in comunione con l’animo dell’artista che le ha realizzate.

Il corto circuito che ne scaturisce è senz’altro benefico per chiunque e, grazie alla maieutica, ovvero al metodo socratico con il quale i filosofi greci fecero sì che i loro allievi raggiungessero la verità insita in loro stessi, tirare fuori il meglio di noi e della nostra parte nascosta, la quale spesso ci sfugge perché distratti dalla ferocia quotidianità.


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