LE PAROLACCE COME MEDICINA CONTRO LA CURA

Nel mondo anglosassone ci sono diversi modi per riferirsi alle “parolacce”. Un termine é “curse”, un altro é “cuss”, un terzo é “slur” e quindi “swear”. Quest’ultimo termine indica la bestemmia, mentre i primi due sono intercambiabili per indicare una parolaccia, il terzo “slur” si riferisce a “denigrazione” e “insulto”.

L’argomento é tornato ultimamente alla ribalta quando il produttore televisivo Peter Funt ha fatto notare con un articolo sul “The Wall Street Journal” come ad Hollywood abbiano la propensione ad usare spesso la “F-word” (equivalente ad “andare a farsi f—re”).

Anni fa, pre-pandemia, mentre intervistavo a Cannes la presidente di uno studio di Hollywood, la dirigente (una donna colta e cortese) ha insistito nel darmi una lezione su come fare ad essere a mio agio con l’uso della F-word. La lezione consisteva nel farmi ripetere ad alta voce la parolaccia.

Quando ho riferito questa vignetta a Funt, questo ha commentato come “Hollywood sia un posto veramente strano”.

Peter Funt é noto perché ha preso in mano l’ereditá del padre Allen Funt, l’ideatore di “Candid Camera”, programma trasmesso negli Usa da tutte le reti Tv a partire dalla ABC nel 1948. In Italia Candid Camera é stato trasmesso dalla Rai come “Specchio Segreto”.

Veramente Peter Funt non é stato il primo a segnalare questa  propensione di Hollywood verso la F-word, infatti mentre stavo rimuginando sulle istruzioni della presidente dello studio, il “New York Times” ha pubblicato l’articolo “The Case for Cursing”, spiegando come le parolacce agiscano da calmante, e citando lo studioso, prof. Benjamin K. Bergen, autore del libro “What the F: What Swearing Reveals About Our Language, Our Brains and Ourselves,” che affermava come le parolacce abbiano un compito emotivo e sociale, e sono efficaci appunto perché non sono opportune. Questo, sempre a meno che le parolacce non diventino “slurs” e quindi generino risentimento e rabbia.

Sia l’articolo del “Times” che quello aggiornato di Funt sul “Journal” affermano come gli esperti siano convinti che l’uso delle parolacce non dimostri la mancanza di cultura o la padronanza di un buon vocabolario parlato, ma scrive Funt “una cultura di dialogo incivile che sta diventando comune; i privilegi portano piú potere e l’abilitá di ignorare le regole”, e aggiungerei … il buon gusto.


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