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Le tante guerre d’autunno 2024 di Bibi Netanyahu, di Giampiero Gramaglia

Gli sviluppi dell’intervento israeliano in Libano e gli attacchi inoffensivi subiti dall’Iran

Prosegue l’analisi di Giampiero Gramaglia degli sviluppi delle due guerre in corso. Le due ultime corrispondenze scritte il 25 settembre e il 2 ottobre sono naturalmente dedicate soprattutto al quadro Medio-Orientale e a “Le tante guerre d’autunno 2024 di Bibi Netanyahu” con “Gli sviluppi dell’intervento israeliano in Libano e gli attacchi inoffensivi subiti dall’Iran”.  Nel primo articolo  Il conflitto in Medio Oriente s’allarga al Libano. La comunità internazionale rimane impotente” scritto poche ore prima dell’uccisione di Hassan Nasrallah Gramaglia rileva come “Da domenica 22 settembre 2024, ondate di attacchi aerei israeliani si succedono sul Libano meridionale e orientale, nella valle della Beqaa, e su quartieri di Beirut: gli obiettivi di Israele sono comandanti e postazioni degli Hezbollah, cioè i guerrieri di Dio filo-iraniani, ma fra le centinaia di vittime […]  Decine, forse centinaia di migliaia i libanesi in fuga dal Sud del Paese: molti sono diretti al confine con la Siria” , sottolineando “il timore che il peggio debba ancora venire” : Le guerre di Israele in Libano – ciarisce l’ex direttore ell’Ansa – sono ricorrenti nella storia del Medio Oriente: letali e aspre, non sono mai state risolutive, perché la presenza ostile filoiraniana ai confini settentrionali d’Israele è rimasta e s’è anzi radicata e rafforzando, acquisendo anche un peso politico determinante in Libano. Questa volta, il salto d’entità dello scontro è stato innescato dai lanci di razzi continui dal Libano verso il Nord di Israele ed è stata preparata dalle azioni condotte da Israele contro capi e miliziani di Hezbollah. La cronicità del confronto è un’ennesima testimonianza dell’inefficacia e della sostanziale inutilità delle Nazioni Unite: al confine tra Libano e Israele, c’è, addirittura dal 1978, con mandati più volte rinnovati e aggiornati, una forza d’interposizione dell’Onu, la Unifil, con una presenza italiana molto importante, ridotta però al ruolo di spettatore, senza capacità di prevenzione e neppure di interposizione, a dispetto del nome”.  

Nel secondo articolo “Fra Iran e Israele è guerra aperta o ‘facciamo ammoina’? dapprima l’e direttore dell’Ansa evidenzia come sia andata “a vuoto la risposta dell’Iran alle mazzate d’Israele sugli Hezbollah: al calare della notte di martedì 1 ottobre, il regime di Teheran lancia almeno 180 missili balistici contro Israele, dopo che, nel giro di due giorni, gli israeliani hanno ucciso il capo degli Hezbollah Hassan Nasrallah, hanno decimato i capi del ‘partito di Dio’, hanno martellato le postazioni dei miliziani fin dentro Beirut, facendo centinaia di vittime, forse 800; e sono entrati con forze di terra nel sud del Libano, costringendo centinaia di migliaia di persone ad abbandonare le proprie case. Tutto questo mentre le forze di interposizione dell’Onu, l’Unifil, circa 10 mila militari, di cui oltre mille italiani, se ne stanno rintanate nei rifugi: al riparo, ma totalmente inutili” . Poi, dopo aver descritto la successione degli avvenimenti Gramaglia osserva:

L’impressione è che, come già avvenne in primavera, la reazione iraniana, attesa dall’eliminazione di Haniyeh, sia stata condotta più per ragioni d’immagine sul fronte interno che con la convinzione di fare davvero male a Israele: depotenziata in partenza da scambi di informazione fra intelligence o, comunque, dai buchi di un’intelligence che fa acqua in Paesi come il Libano, e anche l’Iran, dove c’è chi piange la morte di Nasrallah e chi la festeggia.

Adesso, però, bisogna vedere se e come Israele reagirà a sua volta. Ad aprile 2024, il premier israeliano Benjamin Netanyahu e la guida suprema iraniana Ali Khamenei si limitarono, sostanzialmente, a ‘fare ammoina’, fermandosi sull’orlo del precipizio d’una guerra regionale. Ma, rispetto ad aprile, l’Iran e soprattutto i suoi accoliti sono indeboliti; e Netanyahu è galvanizzato dai suoi successi, mentre il suo Paese sta entrando nel cono di lutto del primo anniversario delle azioni terroristiche del 7 ottobre 2023 […]” concludendo che “Il timore di un allargamento del conflitto, dunque, persiste”. 


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