…là dove declinano le colline
La storia delle case è fatta da chi le vive
Se da Stresa si scivola con il battello tra le due sponde del lago verso il fiume Ticino, si lascia lentamente un paesaggio maestoso racchiuso tra le montagne svizzere dalle cime sempre innevate, i monti dal profilo roccioso della Val Grande, il Mottarone tondeggiante sopra Stresa e il Sasso di Ferro che imponente sovrasta Laveno; le isole Borromeo perdono pian piano la nitidezza dei loro colori.
La sponda piemontese comincia ad offrire un paesaggio più uniforme e dolce: le Alpi, imponenti, lasciano il passo alle colline dal profilo ondulato che degradano verso la pianura. Scendendo dal Mottarone, tra prati, boschi, alcuni borghi allineati a mezza costa lungo la strada del Vergante si raggiungono le cittadine di Belgirate, Lesa, Meina, Arona.
La sponda lombarda, in alcuni tratti in cui la roccia cade a strapiombo nell’acqua, si presenta del colore dorato della pietra, mentre il profilo delle sue colline è verdeggiante come la fitta vegetazione che spontanea si appropria di ogni zolla di terra. Questo tratto di costa, dopo i paesi di Arolo e Leggiuno, termina con la superba rocca di Angera che guarda, illuminata dal sole, quella di Arona che le sta di fronte.
Entrambe le sponde a sud del lago, relativamente vicine a Milano, dalla seconda metà del Novecento hanno ospitato nelle loro lussuose ville il ghota dell’editoria, della politica, dell’alta finanza, dell’economia.
La villa a Meina di Arnoldo Mondadori
Arnoldo Mondadori, protagonista della grande editoria italiana per aver creato un mercato di massa di libri e riviste in un secolo come il ‘900, fitto di importanti cambiamenti sociali, è stato per decenni “ospite” di Meina, dove negli anni Venti del secolo scorso acquistò una villa lungo la strada del Sempione.
La proprietà, di 1400 metri quadri, si affaccia direttamente sul lago ed è circondata da un grande giardino con piscina. Distribuita su quattro piani, è composta di ben cinquanta locali, di cui venti camere da letto e dodici bagni. (Ansa)
Questa villa per le vacanze, aperta a ospiti e amici, diventò un vero e proprio rifugio e succursale della casa editrice milanese durante gli anni della Seconda guerra mondiale.
Villa “Mondadori” è comunque stata sempre luogo di lavoro, centro di amicizie e di affetti ed anche cornice di incontri che hanno fatto la storia della cultura e dell’editoria del Novecento: qui spesso Arnoldo Mondadori ospitava scrittori e intellettuali, ai quali chiedeva di lasciare un pensiero o una firma sulla cappa del camino. Attraverso quelle firme si possono ripercorrere i rapporti con alcuni dei principali protagonisti del panorama editoriale e letterario del ‘900: Dino Buzzati, Mario Soldati, Eugenio Montale, Alba de Céspedes, Lavinia Mazzucchetti, Valentino Bompiani, Enzo Biagi, Piero Chiara, Vasco Pratolini; Ernest Hemingway, Walt Disney e Thomas Mann.
Giugno 1955. (Mario De Biasi/Mondadori Portfolio) e archivio Mondadori)
In occasione del cinquantesimo anniversario della morte, l’8 giugno 2021, sono state realizzate alcune iniziative frutto della collaborazione tra la casa editrice Mondadori, la Fondazione Mondadori ed altri soggetti. La prima iniziativa del palinsesto è costituita da “Il cam(m)ino dell’editore. Storie di Arnoldo Mondadori a Meina”. Questa pubblicazione, introdotta e curata da Alberto Cadioli, racconta la storia della casa editrice attraverso i suoi momenti cruciali, i principali protagonisti, gli incontri nella villa di Meina.
Nel 2019 la villa col nuovo nome “La Verbanella” è stata acquistata da Donatella Versace, leader dell’alta moda italiana, per una cifra intorno ai cinque milioni di euro (ANSA).
La villa a Meina di Enrico Cuccia
Il banchiere italiano Enrico Cuccia, una delle figure di spicco della scena economico-finanziaria italiana del XX secolo, trascorse i suoi ultimi mesi di vita tra diversi nosocomi, l’appartamento di Milano e la villa di Meina.
Quando morì per arresto cardiaco il 23 giugno 2000, la salma venne traslata nella cittadina del lago Maggiore, dove furono celebrate le esequie alla presenza di autorità di altissimo livello: il governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio, il segretario in carica del partito Repubblicano Italiano Giorgio La Malfa, il presidente di Mediobanca Francesco Cingano e l’amministratore delegato Vincenzo Maranghi, il presidente della Banca di Roma Cesare Geronzi, l’Immobiliarista Salvatore Ligresti, Cesare Romiti. La bara fu tumulata il giorno successivo nel cimitero di Meina, presso la tomba di famiglia, dove già riposava la moglie Idea.
Enrico Cuccia morì senza testamento, lasciando la modesta eredità di 150.000 euro. A ciò si aggiunse l’unica proprietà immobiliare dei Cuccia, la villa di Meina, progettata da Fulcro Pratesi, del valore di circa un milione di euro, proveniente dai beni della moglie Idea Sanbenedetto. Nel maggio 2002 la villa fu derubata di quadri del ‘700 e ‘800. La stampa parlò di un valore di centinaia di milioni di euro.
La villa Berlusconi a Solcio di Lesa
Silvio Berlusconi nel 2008 acquistò una sontuosa Villa in località Solcio di Lesa dalla famiglia Campari, di cui tuttora conserva il nome. Di tre piani con 30 stanze in stile liberty, è immersa in un grande parco con essenze botaniche pregiate e alberi secolari, declinante fino alla riva del lago e al porticciolo privato.
La villa è una dimora storica in quanto appartenuta a Cesare Correnti, patriota e figura di spicco del periodo Risorgimentale. Ancora oggi una targa affissa all’ingresso del grande parco ricorda il suo impegno per la patria. Correnti trascorse nella villa sul Verbano gli ultimi anni della sua vita dove morì il 4 ottobre 1888.
Il Correnti comprò la proprietà nel 1856, quando in una lettera all’amico e compatriota Giulio Carcano la defini “una casinuccia”. Inizialmente di due piani, lo stesso Correnti la rese più prestigiosa creando un portico verso il lago e acquisendo più terreno per arricchire di piantegli spazi da destinare al giardino.
La famigia Campari, nel Novecento, le ha conferito l’aspetto estremamente raffinato, elegante, armonioso, così come appare ancor oggi, nascosta e blindata tra il verde di un vasto parco, il lago, un grande cancello supercontrollato.
La villa di Eugenio Cefis ad Arolo (VA)
Sulla costa lombarda, ad Arolo, in località Le Rupi, si trova la “villa” che fu di Eugenio Cefis. Dalle linee essenziali, priva di identità stilistica, la costruzione sembra nata dall’assemblamento di più corpi squadrati dall’aspetto severo. Isolata, circondata da un prato altrettanto anonimo, pressocché irraggiungibile, sovrasta un’alta parete rocciosa a strapiombo sul lago. Questo luogo così impervio e inaccessibile ha garantito ad Eugenio Cefis di essere meglio protetto dalle sue guardie del corpo, come sarà per i successivi proprietari della villa, i Kennedy e i Mc Donald.
Qui il giornalista Marino Viganò il 4 novembre 1992 intervistò non il rappresentante della “razza padrona”, come lo definì Eugenio Scalfari, ma l’altro Cefis, il vicecomandante “Alberto”. Questo era il nome di battaglia di Cefis durante la lotta partigiana contro l’occupazione nazifascista nel Verbano, nel Cusio, nell’Ossola, culminata nella costituzione della Repubblica dell’Ossola. Ripristinata la supremazia del comando tedesco, dopo un breve esilio in Svizzera, Cefis rientrò nelle valli ossolane al comando del raggruppamento divisioni “Di Dio”, il braccio destro della Resistenza di ispirazione democristiana, rappresentata allora nel “Comitato di liberazione nazionale alta Italia” da Enrico Mattei.
La ricostruzione degli avvenimenti di quegli anni avvenuta nel corso dell’ intervista racconta di un Cefis che conosce palmo a palmo il lago Maggiore, il Mottarone, le valli ossolane, la sponda lombarda ed Arolo da cui cerca asilo nella vicina Svizzera; che, fra le azioni di guerriglia partigiana, si sposa con Marcella Righi alle cinque del mattino nella chiesa di Lesa.
Ad Arolo, nel 1969, Eugenio Cefis costruisce la sua villa, secondo una fonte riportata da “Tripadvisor”, ma non verificata, “operando lo scasso del terreno che ospitava un deposito archeologico dell’età del rame e dell’antica età del Bronzo”.
La villa è difficilmente raggiungibile attraverso un angusto percorso transitabile a fatica con l’automobile. Anche Google Mapp si arrende prima di mostrare il n° 61 di via Lago Maggiore di Arolo. Come la villa, anche la verità non sembra accessibile rispetto ai sospetti che tuttora offuscano l’immagine del “grande vecchio”, una delle figure più controverse del mondo imprenditoriale. Fu ritenuto da molti l’uomo più potente d’Italia, un grande burattinaio della Repubblica, capace di nutrire per oltre mezzo secolo una inarrestabile leggenda nera: la politica al suo servizio, i rapporti con i servizi segreti, le accuse di progettare disegni eversivi, fondi neri, dossier e intercettazioni telefoniche; l’uccisione di Enrico Mattei e di Pierpaolo Pasolini.
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