L’”ELEGIA AMERICANA” DI J.D VANCE (CAMALEONTE ROBOTIZZATO E ALFABETIZZATO)

CON TRUMP VERSO DOVE DOPO L’USCITA DI BIDEN E L’ENTRATA DI HARRIS?

Se Trump avesse saputo della Harris come candidata democratica “forte” forse avrebbe scelto un Vice President diverso da J.D.Vance magari con una credibile e affidabile Nikki Haley? Trump ha scelto la narrazione contenuta infatti in “Elegia Americana” con cui Vance “romanza” il populismo-nazionalista (Trumpiano) dandogli una cornice “culturale” interpretato dalle sue origini potenti di super-underdog che “bucano” TV e social, quale esatto opposto della storia del tycoon individuando con questo il suo complemento e soprattutto un fedelissimo (ma vedremo quanto?).

Dunque, cose note, a parte essere trasmutato – dopo un attraversamento di stato da “democratico e centrista” – dalla parte “dell’uomo bianco ….e della sua marginalità incendiaria”. Prendendo le difese di in “uomo bianco” (solo?) bastonato da quella globalizzazione che ha trasferito la manifattura, i suoi costi (inquinamento compreso) in Cina o in East Asia ( oltre che in Messico), lasciando i profitti in USA e li gonfiandoli per dirigerli verso finanza, high tech, cloud computing, deep learning e AI di cui lui stesso è una espressione dopo gli alti studi al college. Cioè di quella enorme “macchina di riciclaggio e ripulitura dei profitti globali” (secondo Thomas Piketty) per rigenerarne gli impieghi con investimenti a più alta remunerazione e che non si sono tuttavia rivelati “compensativi” di quel salto di stato geopolitico-economico accrescendo diseguaglianze con una globalizzazione asimmetrica nel tavolo triangolare tra sicurezza agli USA, energia alla Russia e Manifattura alla Cina.

Triangolo “inceppato” con la caduta del Muro di Berlino del 1989. Con tutto ciò che ha comportato negli USA in divisione tra white collar e blue collar, tra bianchi e neri (nella trasformazione imposta dalla servitization) e tra chi può e chi non può, tra chi ha voce e chi voce non ha da difendere (ma “stabilizzandola” in una protesta anti-sistema ben rappresentata dall’eversione del 6 gennaio) con una economia autarchica alzando salari e barriere doganali (oltre ai muri con il Messico per frenare l’onda migratoria) per provare a bloccare la “sostituzione etnica salariale”, o almeno annunciarla.

Come? Tagliando le tasse (alle Corporations) ovviamente e puntando su uno Stato “minimalista” con tutto ciò che comporta in taglio ai servizi sociali, all’istruzione e sanità pubbliche affidando la redistribuzione a semplice “sgocciolamento” senza risposte alla bomba demografica e dell’ invecchiamento. La “Grande Madre Populistica” per produrre aumento dei salari e consenso di breve con aumento della domanda interna nel tempo corto, ma lasciando le diseguaglianze dove stanno “in attesa di fiscalizzare” l’inflazione e certo nell’effetto annuncio anche di qualche manciata di borse di studio per i college della Heavy League (per alcuni young black e per pochissimi figli di operai e contadini).

“Un’aspirina (da spinta di domanda interna) ” contro la povertà delle classi medie e medio basse che il nazionalismo di Trump-Vance vorrebbe più che compensativo della crescita esterna. Perché non si dice come il sistema dovrebbe crescere se non ritornando allo stantio refrain dello “sgocciolamento” (trick and down wealth) e come questo dovrebbe aumentare la produttività che non è più fisica ma cognitiva e che necessita di “reti di reti” per conoscere, condividere e cooperare prima di competere (coopetition appunto) dinamizzando l’ascensione sociale. Dunque, una variante “avariata” (e mai dimostrata in concreto) della politica dell’offerta e della curva di Laffer che aveva alimentato la reaganomics e il thatcherismo che però componevano leva interna ed esterna della crescita dimagrendo lo Stato e credendo in un mercato (privato) “piglia tutto”.

Ma la “terapia” di Reagan e Thatcher che era vestita su “mondi chiusi” (Triade di Omhae – USA,UE,J) viene qui rivestita di un film nazional-populista attraverso politiche autarchiche e di chiusura migratoria per alzare i salari e per rimuovere il conflitto, silenziandolo, concentrando tutto il potere in un one man show da opporre (illusoriamente) alle lobby politico affaristiche di una società da regolare e integrare in senso corporatista. Dividendo le stesse “Big Corporation” in amiche e nemiche (armi, fumo, energie fossili, agricoltura, allevamenti, ecc.). Polarizzando e rimuovendo il conflitto dunque come chiave negoziale di tutte le democrazie e società aperte “risolto” in mediazioni tra corporatismi (amici e nemici) a favore degli “amici” si intende dove la politica viene spenta nelle sue funzioni tradizionalmente liberali e di equilibrio dei poteri.

Cioè per esempio quelli – come Elon Musk – che sembrano voler finanziare la campagna di Trump con 45 mil. dollari/mese negli ultimi tre mesi ovviamente per fermare l’invasione delle auto elettriche cinesi che fanno calare le quote di mercato di Tesla in USA e nel mondo (e le quotazioni in borsa pure). Dato che 1 auto su 4 (forse 1 su 3) nel 2030 saranno cinesi.

Dunque “La Grande Truffa” social-populista è servita. J.D. Vance ne è l’ideologo (di idee vecchie di almeno 80 anni) che usa Trump come “veicolo” fornendogli un “quadro culturale” che non ha per contenerne e canalizzarne il fare pulsionale e l’imprevedibilità, puntando alle elezioni del novembre 2028 e forse prima vista l’età del candidato Presidente. Dato che Trump non legge una riga dai tempi del liceo – come racconta lui stesso dovendosi occupare d’altro – e necessita di “dream pills” quotidiane per alimentare i social del suo Truth con il quale ingrassare le greggi con l’alimentazione iperglicemica di MAGA (Make America Great Again e le tante vuote varianti genetiche). Narrazione da commedies delle TV series che sembra funzionare nel sudovest e sudest degli USA (sulla sun belt di Georgia, Arizona, Nevada, North Carolina) ma molto meno sul firewall degli Stati centro settentrionali (dalla Pennsylvania al Michigan al Wisconsin – sulla blue wall) tra città e campagna.

La “battaglia di novembre” sarà tutta li a ridosso della faglia blue wall e sun belt e se gli esiti della spalmata di crema anti-allergica/anti-globalista/anti-sistema dell’”Elegia Americana” sulla pelle degli americani consentirà di attraversare indenni quel firewall della storia, società ed economia della più avanzata democrazia del pianeta che si vorrebbe “smontare” nella ridotta dei confini USA in un radicale isolazionismo “vuoto”. Esito che era quasi certo con Biden candidato, ma ora altamente incerto con Biden uscito dalla corsa e che rilancia i democratici con la Harris se sapranno dare ordine, regole e unità a questi 95 giorni mancanti e governando nella trasparenza la Convention di Chicago del 19 agosto con la campagna negli Stati chiave e aiutata da una buona scelta di Vice President.

Un rilancio che rovescia i temi di ieri del contendere tra i due vecchi candidati sulle spalle di Trump che ora deve difendersi (più vecchio e meno competente), mentre i Democratici possono attaccare intanto con una candidata-donna e se poi nera ancora piu “potente” visto l’endorsement a Harris di Biden nel post ad X, diverso dalla lettera istituzionale dove ha annunciato l’uscita e segnale di rispetto degli equilibri e delle scelte dei Delegati Democratici che dovranno scegliere la/il candidato Presidente. È Biden stesso nel discorso di pochi giorni fa a segnalare poi con coraggio la propria uscita come “ode” alla Democrazia Americana che è viva e vuole dimostrarlo con forza spostando lo scenario dal conflitto tra due ottuagenari (maschi e bianchi) per tornare a guardare al futuro con un salto inter-generazionale, inter-etnico e inter-culturale e inter-territoriale per un ticket più giovane e con una donna (afro-indio-americana) dunque con forte sensibilità ai diritti di genere e delle minoranze (e riproduttivi), negli USA e nel mondo.

In particolare mobilitando l’elettorato giovane e femminile, delle minoranze latine e asiatiche e tra gli over 65 istruiti ricostruendo una “speranza di futuro”. Con democratici che puntano dunque ad unire il partito, ri-energizzando l’elettorato democatico e mettendo in difficoltà il ticket Trump-Vance che deve reinventare il proprio palinsesto anche dopo l’attacco di Butler che lo ha incoronato a Milwaukee con toni pan-religiosi “santo subito”, che intanto attacca a testa bassa con qualche scivolone “messianico” che mette in dubbio la loro vittoria prima data per certa e ora molto meno.

Oggi l’America è anche pronta per un Presidente donna rispetto al 2016 (allora Hillary Clinton non capi il “pericolo populista”) soprattutto contro un candidato come Trump (noto misogino, sessista e pluri-condannato) e potrà vincere se saprà unire idee radicali e moderate anche con il suo sorriso contagioso, empatico ed autentico in opposizione al finto ciuffo artificiale del tycoon. Scegliendo dunque l’armonia tra le diverse anime democratiche seguendo le tracce dei Clinton e degli Obama lungo la Traiettoria Kennediana mai spenta. Perché in questo modo si governano le interdipendenze e si produce coesione ( come dalle lezioni pandemica e ambientale e dalle perma-crisi) con una nuova umanizzazione da opporre alla disumanizzazione di questa destra illiberale (che Trump cita come esempio da imitare da Putin a Xi Jin Pin a Orban) sia nei rapporti sociali che in quelli internazionali. Una candidatura – la Harris – che sarebbe peraltro di continuità europeista (certo su commercio e ambiente, sulle authority tecnologiche, su Ucraina e Gaza) ma accentuando peraltro “fratture” nel Governo italiano che ha votato contro Ursula von der Leyen (se escludiamo i popolari di Forza Italia invece favorevoli) indebolendosi in Europa e nel Mondo.

Dunque uno spostamento di equilibri che leggiamo nel recupero forte di “donors” rientrati in gioco con le risorse necessarie e utili per provare a fermare la destabilizzazione globale della coppia “elegiaca” Trump-Vance che con il Project 2025 vogliono ridurre i diritti e le libertà contro quella classe media che dichiarano di voler supportare, ma di fatto un ariete per minare le basi della democrazia (USA) e salvare se stessi, fermando il mondo in accordi post-globali con Putin e Xi Jin Pin, ma verso dove rimane del tutto oscuro e inquietante per un mondo che cerca coesione e pace in uno schema sempre più multilaterale e interdipendente, nonostante tutto.


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