L’INVERNO (LUNGO) DELLA DEMOGRAFIA

L’inverno della demografia in Italia è freddissimo nonostante il surriscaldamento del pianeta, e sarà ancora freddo a lungo.
Gli ultimi dati ISTAT certificano un nuovo record negativo per la natalità: nel 2022 le nascite scendono a 393mila, meno 1,7% rispetto all’anno precedente, e il 2023, secondo i primi dati semestrali, andrà anche peggio, visto che i nuovi nati sono circa 3.500 in meno rispetto allo stesso periodo del 2022. Il numero medio di figli per donna scende a 1,24, era l’1,25 nel 2021.

Aumentano invece le persone anziane. Il dato che colpisce è quello dei novantenni, che in Italia sono ornai 850mila, di questi 22mila sono ultracentenari.
Su una popolazione totale in Italia di 59,11 milioni gli ultra 80enni nel 2022 sono ormai 4,5 milioni.

Il paese è invecchiato, soprattutto negli ultimi 20 anni.
L’età media nel 2022 è di 46,4 anni contro i 41,9 del 2002. l’aspettativa di vita è di 82,6 anni, nel 2002 era 80,0.

La piramide della popolazione è tristemente sempre più sbilanciata verso l’alto. Il 12,5% ha meno di 14 anni, il 63,4% ha tra i 15 ed i 64 anni, il 24,1% ha 65 o più anni.
Il quoziente di natalità oggi è 6,7 per mille, nel 2002 era 9,4 per mille.
Il quoziente di mortalità è 12,1 per mille, nel 2002 era 9,8 per mille.

Nel futuro dell’economia italiana la Silver Economy potrebbe davvero essere uno dei volani più promettenti, anche in termini di lavoro.
Si pensi al bisogno di cura e di assistenza o al sistema delle residenze per gli anziani, o al settore degli esoscheletri e degli apparecchi elettro medicali per la prevenzione e la cura a distanza.

Se guardiamo le proiezioni che fornisce l’ISTAT allora davvero stiamo entrando in un’altra era.
Nel 2050 ci saranno 5 milioni di italiani in meno, il primo milione sarà perso già nel 2030, anno in cui gli ultra ottantenni saranno 7,4 milioni, quasi 3 milioni in più di oggi. I ragazzi tra i gli 0 ed i 14 saranno appena 6 milioni, contro i 7,5 attuali, 1,5 milioni di giovani in meno.

Avanti di questo passo nel 2080 la popolazione italiana potrebbe addirittura aver raggiunto una cifra inferiore ai 46M, poco più che nel 1945, anno in cui finita la guerra era ripartita la crescita demografica del paese.

Ci siamo infine divertiti a fare due conti in tasca al sistema di welfare pubblico: se oggi la cura agli anziani costa circa 13 miliardi di euro, di cui parte scaricati su famiglie e care giver, tra 7 anni questa cifra raddoppierà, così come raddoppierà il fabbisogno di infermieri e di medici, o il numero delle residenze sanitarie per gli anziani.

Non serve commentare oltre.
Lo scenario di lungo periodo è insostenibile quello di medio e breve periodo ancora di meno, considerando che all’inverno demografico si somma la crescita della povertà assoluta a causa dell’inflazione.

Nel 2022 sono in condizione di povertà assoluta circa 2,2 milioni di famiglie, l’8,3% del totale, dato in aumento rispetto all’anno precedente, e oltre 5,6 milioni di individui sono in condizione di povertà relativa, vale a dire il 9,7% della popolazione del paese.

Paradossalmente la questione demografica dovrebbe preoccuparci di più di quella della povertà, perché non ci sono strumenti che possano invertire la tendenza se non in tempi molto lunghi.
A meno di non favorire processi migratori sostanziosi.
Questa però è un’altra storia….


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