La dimensione enciclopedica e unificante della cultura medioevale riassumeva in sé le aspirazioni intellettuali degli uomini di lettere e di studio dispersi nei conventi e nelle università d’Europa.
In più il soffio divino della trascendenza cristiana, fortificò lo sviluppo del pensiero nascente dopo la catastrofe del collasso dell’Impero romano d’occidente.
Dopo l’azzeramento delle conquiste della classicità e la necessità di una ripartenza da zero, iniziò un cammino di riscoperta e reinterpretazione del mondo antico che fu la premessa per la nascita di un nuovo umanesimo.
Riappropriarsi della cultura classica significò anche andare oltre, superarla. Impellente era la necessità di aprire nuove strade, inventarsi nuove chiavi di lettura della Realtà.
Dalle discipline del Trivio e del Quadrivio su cui si erano formati Dante e tutti gli altri di quella stagione della civiltà, il sapere cominciò a specializzarsi e a differenziarsi. E fu Galileo, e con lui fu l’inizio della scienza moderna, le successive e straordinarie conquiste della modernità.
Via via, il pensiero, particolarmente quello scientifico, si è andato frammentando in rivoli di parcellizzazioni e specializzazioni, non sempre comunicanti tra di loro.
Si è dato avvio alla costruzione di una torre di Babele, dove lo sforzo di non perdere l’unicità del pensiero è sempre più arduo. Reale è la possibilità di smarrirsi e perdere la visione d’insieme.
Per dirla con i sacri testi, accade che l’albero della sapienza che Dio aveva proibito ad Adamo è sempre lì, come tentazione insopprimibile per la rovina dell’umanità. Il processo di sostituzione di Dio con l’uomo, che pervade la modernità è, e sarà sempre di più la sua rovina.
La sfida del progresso, la ricerca di svelare l’inconoscibile, somma virtù della cultura occidentale, dal mito di Ulisse in poi, può portarci ad inabissarci davanti all’isola sconosciuta. La ragione che si esprime massimamente nella scienza non deve perdere di vista la certezza che il dispiegarsi della conoscenza è un processo infinito, senza un punto di arrivo. La pretesa di rispondere all’ultimo perché, trasforma la necessità etica della ricerca, in atto di superbia, nel compimento fallace della trasformazione dell’uomo in Dio. Abbiamo creato i mezzi per costruire una nuova torre di Babele. Confusi e in preda alle vertigini continuiamo a salire senza più capire le parole dell’altro, senza sapere dove stiamo andando. Occorre che qualcuno posto in cima alla torre riassuma una visione d’insieme, condensi in un’estrema sintesi i rivoli del pensiero, una sorta di ristretto e privilegiato hard disk che favorendo una visione olistica del pensiero, diventi una moderna riproposizione del Trivio e Quadrivio della Scolastica medioevale.
Edgar Morin con un approccio laico da intellettuale di sinistra riassume in queste parole l’argomento:
All’origine della laicità nata dal Rinascimento e consacrata dall’Illuminismo sta l’analisi razionale e scientifica del mondo, della natura, della vita, dell’uomo, di Dio………………..
Progressivamente la laicità ha creduto di poter risolvere con il progresso tutti questi interrogativi.
Ma oggi dobbiamo andare oltre quell’analisi iniziale e processare gli strumenti di quell’analisi: scienza, progresso, tecnica e ragione. Rilevare le ambivalenze della scienza, la chiusura asfittica della ragione, la disumanizzazione del progresso. Per questa via una laicità rigenerata potrebbe ricreare le condizioni di un nuovo Rinascimento.
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